LA BEFFA DELL'ISOLA TIBERINA
TRE GIOVANI MEDICI "INVENTANO" IL MORBO DI K
Durante la seconda Guerra Mondiale a Roma ci fu
una terribile epidemia di una malattia sconosciuta e pericolosa.
Si chiamava morbo di K., aveva sintomi molto
gravi ed era estremamente contagiosa, ma grazie all’intuizione di tre medici
eccezionali (Giovanni Borromeo, Adriano Ossicini e Vittorio Sacerdoti) non ci
fu nessuna vittima. Tutti i malati, messi in isolamento in un padiglione
dell’Ospedale Fatebenefratelli, si salvarono miracolosamente e così anche i
medici e infermieri, nonostante il morbo di K. fosse molto contagioso.
Iniziò tutto il 16 ottobre 1943, il “sabato nero”
del ghetto di Roma, quando le SS fecero un orrendo rastrellamento costringendo
1024 persone, tra cui centinaia di bambini, a salire sui treni dell’orrore per
andare a morire ad Auschwitz.
Qualcuno però riuscì a evitare i nazisti e a
salvarsi, cercando rifugio proprio sull’isola Tiberina dove il coraggioso
dottor Borromeo, primario dell’ospedale, decise di ricoverarli tutti, quasi un
centinaio.
Ovviamente bisognava compilare una cartella
clinica per questi pazienti speciali. E così i tre medici, in particolare
Vittorio Sacerdoti (che in quanto ebreo era già stato vittima delle leggi
razziali e lavorava sotto falso nome all’ospedale, protetto dal primario
Borromeo), immaginarono una malattia orrenda, devastante e contagiosa, il Morbo
di K., dove la K. indicava in realtà Kesselring, lo spietato ufficiale nazista,
o secondo altre fonti, Kappler, il disumano persecutore di Roma.
I finti ricoverati furono messi tutti in un
reparto speciale, in isolamento.
La sera del 16 ottobre 1943, quando i nazisti
arrivarono a perlustrare l’ospedale, trovarono i tre medici, Borromeo, Ossicini
e Sacerdoti con delle mascherine sul volto, preoccupatissimi per lo scoppio di
questa improvvisa e pericolosa epidemia. I nazisti allora pretesero di vedere
tutte le cartelle cliniche, dato che c’era anche un medico tra loro, ma alla
richiesta del dott. Borromeo di andare a visitare personalmente i malati,
ebbero paura di questo terribile morbo di K. e preferirono andarsene.
E così tutti i finti malati ricoverati in
isolamento si salvarono dall’orrore nazista.
Ma la storia non finisce qui.
Borromeo, Ossicini e Sacerdoti continuarono
quotidianamente ad aiutare ebrei e partigiani. Installarono una radio
ricetrasmittente clandestina negli scantinati dell’ospedale per restare in
contatto con gli altri partigiani e con Radio Londra, dichiararono morti
proprio per il morbo di K. i finti pazienti e procurarono loro documenti falsi
per farli fuggire, esponendosi così a grandi rischi, in un triste momento
storico in cui le delazioni ai tedeschi erano all’ordine del giorno e
l’ospedale pullulava di spie.
Questi tre medici coraggiosi non arretrarono
davanti all’orrore e alla paura perché, come non smetteva di raccontare nelle
interviste dopo la guerra Adriano Ossicini: “Bisogna cercare di essere dalla
parte giusta, sempre”.
Olivella Foresta
(Pietro Borromeo,
figlio di Giovanni Borromeo ha raccontato questa storia nel libro: Il giusto che inventò il morbo di k..
Fermento Editori, 2007)
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