mercoledì 18 settembre 2019

CELLULARI E RAGAZZI . ATTENTI AL PERICOLO .... anche per gli adulti !!!

Cellulari,

 il pedagogista: “Mai regalarli prima dei 13 anni. Anche i genitori hanno le loro responsabilità"


Daniele Novara, del Centro psico-pedagogico: "Gli smartphone non vanno demonizzati, ma bisogna conoscerne i rischi". L'importanza delle regole quando cominciano a usarli: "Poche ore al giorno e spenti ben prima di andare a letto"
Il telefonino è una droga. Le parole del Papa ai liceali rimbalzano al convegno di Piacenza dove mille esperti d’infanzia ieri hanno discusso, al Centro psico-pedagogico fondato da Daniele Novara, di genitori sempre più fragili, dell’urgenza di educarli nel crescere i figli. Novara, 62 anni, pedagogista di frontiera, non si stupisce.
Giusto considerare il telefonino come una droga?
"Ma certo, si parla di dipendenza come per le altre droghe nel senso che le sostanze o l’uso smodato dello smartphone disattivano le aree cerebrali del controllo e si “agganciano” a quelle dopaminiche, ovvero del piacere. È tipico di questi strumenti, che non sono da demonizzare. Ma i cui rischi sono noti".
Per quale motivo lo smartphone si trasforma in uno strumento che dà dipendenza?
"Perché viene usato dai ragazzi, soprattutto tra i 12 e i 14 anni, per fare i videogiochi che sono la forma più pericolosa di dipendenza: devi partecipare nella logica del raggiungimento di un obiettivo. E il cervello si attiva in senso compensatorio: non stacchi sino a che non arrivi al risultato che cambia sempre e non è mai definitivo. Per questo non c’è nessun ragazzo che riesce a smettere da solo. Occorre una limitazione esterna".
Qui entrano in gioco i genitori: cosa devono fare?
"Mettere dei limiti. Una mamma con un ragazzino di 11 anni è venuta in studio raccontandomi che gli aveva regalato lo smartphone per farlo contento. Le ho chiesto: ha messo delle regole? Perché mai, mi fido di mio figlio: la sua risposta. La fiducia non può sostituire la necessarie regole educative".
Ma quando sono adolescenti passano da un video a un gioco, da una chat a Instagram: è difficile intervenire per staccarli, il cellulare è il loro mondo.
"Il marketing crea molte bufale come questa: ci sono tanti ragazzi che praticano sport, che fanno altro. Il problema è che una volta creata l’abitudine si fa più fatica a tornare indietro. E arriviamo a vedere diciottenni che passano sette-otto ore al giorno davanti a quel piccolo schermo. E che stanno male, si ritirano da una vera vita sociale".
Quindi cosa si dovrebbe fare: vietare il telefonino?
"Intanto bisogna aspettare un’età ragionevole per darlo in mano ai ragazzi. Per agevolare l’autonomia basta un telefono in prima media, solo dalla terza media si può pensare allo smartphone ma con delle regole: non più di un’ora al giorno. Progressivamente si può aumentare, ma senza superare le due ore. In più va regolato l’uso alla sera per evitare i disturbi del sonno. Togliere il cellulare prima di andare a letto fa parte della convivenza familiare. Ed è il padre che deve intervenire".
Le sgridate della mamma non servono?
"Il “te lo ripeto dieci volte”, ti sgrido, ti ricatto, ti premio se mi ascolti sono cose che sul bambino hanno influenza. Ma un adolescente è in grado di aggirare gli sbarramenti materni. Ha bisogno invece di una regolazione paterna".
Un no detto da un papà invece funziona?
"La madre tende ad essere affettiva ed emotiva. Normalmente il padre ha una capacità maggiore di negoziazione. Ecco come funziona per l’uso dello smartphone: di notte non lo puoi usare, a che ora me lo consegni? Ovvero ti metto un paletto, poi negoziamo".
Il Papa parla anche di una comunicazione che non può essere fatta di semplici contatti.
"Il problema dal mio punto di vista non è morale, sta nella quantità e nell’età nell’uso dello smartphone. Nei ragazzi il cervello è in formazione, il danno è maggiore. Da pedagogista mi rivolgo per questo ai genitori sempre più fragili nel mettere delle regole: per aiutarli".




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