mercoledì 10 agosto 2022

OGNI BAMBINO E' UN CITTADINO

Ius scholae, 

la nuova sfida

 

- di BRUNO FORTE*

 A pochi anni di distanza dalla Convenzione internazionale dell’Onu sui diritti dell’infanzia (1989), Alfredo Carlo Moro, insigne giurista minorile, ha dato alle stampe il volume 'Il bambino è un cittadino' (1991) che per la Federazione delle scuole dell’infanzia (Fism), costituisce un riferimento di particolare significato. In realtà sviluppa e articola il motto 'Prima i bambini' che sintetizza il programma della Federazione. Questo 'primato' considera il bambino portatore di una dignità innata riferita a tutti i bambini membri della famiglia umana, che, tra i diritti umani fondamentali configura il diritto all’educazione, ossia all’accompagnamento, alla cura e alla promozione della crescita nel cammino di maturazione dell’identità.

Lo ius scholae si iscrive all’interno del processo di cittadinanza che, purtroppo ha segnato una distanza tra mondi vitali della società civile e volontà e capacità di sintesi da parte della classe politica. I primi numerosi, espressione del volontariato, dell’associazionismo e del Terzo Settore, hanno sostenuto la proposta interpretata come un salto qualitativo nella coscienza sociale e civile del Paese; il mondo politico ha tergiversato dimostrando il prevalere della tentazione della paura nei confronti delle diversità non omologabili.

Con la crisi di governo e la fine anticipata della legislatura, il tema è tornato ai nastri di partenza. Ci auguriamo che riemerga nei programmi elettorali, liberati dai mantra delle formule e delle candidature, per vederlo posizionato nella interpretazione di una volontà nel segno di una visione che è già una realtà nelle scuole e nei contesti delle comunità.

In tal modo si verrebbe a colmare la distanza tra Popolo e Palazzo, tra società civile e volontà di sintesi politica.

Ci stiamo progressivamente liberando da un linguaggio, spia del pensiero, segnato dall’esclusione: li chiamavamo bambini 'extra-comunitari', sapendo riconoscerli come 'fuori' dalla comunità europea, oppure, e non era certo espressione migliore, li etichettavamo come 'stranieri', forse dimenticando il rimando all’estraneità, altra declinazione dello 'stare fuori'.

Oggi questi bambini condividono sin dall’esperienza del nido e della scuola dell’infanzia, all’interno del sistema 0/6, la vita con i loro compagni, riconoscendosi nella fratellanza e nella comune umanità, di fatto partecipi della medesima cittadinanza. La scuola ha saputo, sin dai primi anni, esprimere una sapienza pedagogica essendo costruttrice attiva di quel 'rinascimento umano e umanizzante' del Paese, promuovendo contesti nei quali i bambini condividessero i processi dell’imparare facendo, dello sperimentare, della relazione e dello scambio prosociale, del 'divertimento educativo' (edutainment, neologismo coniato negli anni ’90 da Bob Heyman documentarista del National Geographic per indicare la possibilità

 di insegnare e di imparare divertendosi). L’espressione risulta dall’unione delle parole education-educazione ed entertainment-intrattenimento), di interazione con sfondi culturali e antropologici, di condivisione per immersione di un plurilinguismo partecipe, 'in azione' e di 'meticciamento' delle diversità. L’Italia ha bisogno dei bambini immigrati, figli di due culture che sono nati in molti casi da matrimoni misti, ne ha bisogno la demografia italiana di un Paese che invecchia con uno dei tassi più bassi di natalità. La paura di intaccare la retorica dell’italianità coltivata per ragioni storiche nel Risorgimento e per quelle di potere nella dittatura fascista viene ben delineata nell’alternatività da Mario Impagliazzo della Comunità di Sant’Egidio, nel volume 'Porte aperte. Viaggio nell’Italia che non ha paura' (2022). Lo ius scholae ben esprime i significati plurimi di una scuola palestra di cittadinanza sin dalle prime età. La scuola è elemento della civiltà organizzata e per mezzo di essa nasci e diventi progressivamente cittadino, mediante un’immersione in un contesto vitale. La scuola apre a una dimensione universalistica (Pinocchio cercava i valori di vita e avventura, tranne che a scuola) e appartiene alla categoria della generatività: entri in una famiglia culturale e sei 'tirato su', 'portato avanti' da chi è venuto prima di te. La scuola è un luogo tecnico nel quale impari tante cose per metterle in circolo dialogico tra i diversi vissuti. Non può essere sostituita nell’accompagnamento, nel trovare adulti a disposizione con i quali puoi parlare perché si mettono in ascolto. Attraverso l’esperienza di scolaro e di allievo, diventerai cittadino anzitutto nei confronti di te stesso, dei tuoi sentimenti e dei tuoi progetti: parteciperai al sogno dell’educazione come funzione della vita e della narrazione delle conquiste, delle fatiche della avventura delle culture e il costo dell’essere cittadino recuperando le dimensioni della tua identità plurale.

 

*Responsabile Area pedagogica FISM

 

www.avvenire.it

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