IL FUTURO
CI VIENE INCONTRO
-
di Francesco Cosentino
Riflessioni
sull’anno che si apre
Sotto
l’apparente superficialità del quotidiano che sembra scorrere sempre uguale, in
realtà scorre, in modo indefinito e spesso indefinibile, il fiume sotterraneo
di un tempo benedetto.
La
storia umana è meravigliosamente segnata da una tensione che ne impedisce
l’appiattimento: non è mai soltanto uno scorrere delle ore e dei giorni, perché
fin dentro le pieghe della più piccola e nascosta dimensione della vita, da
quando Gesù è venuto al mondo, abita la stessa presenza di Dio. Una storia
sacra scorre ininterrotta intersecando la nostra storia umana. Dio e l’umano
sono stati per sempre ricongiunti nella carne di Cristo e camminano verso
l’unica mèta.
Tra
il panorama di Dio e le strettoie umane non c’è più separazione irreparabile:
in Cristo Gesù, ciò che era lontano è diventato vicino (cf. Ef 2,13). Ed è
questa la visione che ogni primo giorno di ogni nuovo anno ci viene proposta:
quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio (cf. Gal 4,4).
L’apostolo Paolo è perentorio: il nostro tempo non è il monotono scorrere degli
attimi cronologici, ma è occasione propizia, momento favorevole, tempo «pieno»,
perché abitato da Dio e dalla sua benedizione.
Il
futuro che ci viene incontro
La
moderna ed euforica cornice entro cui viviamo l’ultimo giorno dell’anno e il
nuovo tempo che si apre non è sempre adatta a farci cogliere questa realtà; la
scaramanzia, l’incontinente pioggia di auguri, di spumante e fuochi d’artificio
può darci per un istante il brivido della festa, ma facilmente finisce per
distrarci e per stordirci, chiudendoci nell’illusione di tutti i buoni
propositi che, poi, nell’anno in corso, saranno puntualmente smentiti dalla
realtà e, spesso, dalla nostra insolente pigrizia.
Nutriamo
giustamente attese e aspettative, ma il «nuovo inizio» sarà già vecchio se
rimane incastonato soltanto nei nostri ideali, nelle formule scaramantiche per
augurarsi la fortuna o nella professionale e colossale bugia degli oroscopi.
È
nuovo inizio ogni anno che si apre perché il tempo, da quando Gesù è venuto
sulla terra, è pieno di Dio, è colmo di significati da rintracciare, è
attraversato da una speranza sommersa che sempre siamo chiamati a
disseppellire. Il Cristo è Colui che sta dietro di noi perché è venuto duemila
anni fa, è anche Colui che sta sempre con noi oggi ed è sempre Colui che deve
venire domani.
È
Lui che impedisce al tempo il dramma della ripetizione ciclica, è Lui dischiude
il futuro davanti a noi come tempo in cui nuovamente verrà, nuovamente e in
molti modi ci parlerà, nuovamente ci strapperà dalle tenebre e inquieterà i
nostri animi spenti per accenderli di passione per la vita, di amore i nostri
simili, di attenzione per i deboli, di cura per il creato e le creature tutte.
Quali
nuovi inizi?
Da
questa prospettiva, il nuovo anno non sarà più un semplice giro di calendario.
Sarà un anno migliore? Sarà davvero tempo favorevole per la mia vita, per la
Chiesa, per la società? Dipende molto da noi, dalla nostra attesa di Colui che
deve venire e verrà ancora, da come ci misureremo con Lui.
Nella
nostra vita
Un
nuovo inizio è urgente nel modo di pensare e interpretare la nostra vita. Ha
scritto di recente Tomáš Halík: «A volte penso che la nostra civiltà abbia
perso il senso della gioia, di una gioia profonda biblicamente intesa e che
questo deficit sia stato nascosto da una serie di surrogati a buon mercato» [1].
Si
fa un gran parlare – purtroppo anche nella predicazione religiosa e cristiana –
di situazioni, gesti e atti che sarebbero moralmente discutibili e perciò
pericolosi, ma l’attenzione rimane –come se nel frattempo non fosse mutato
l’orizzonte antropologico e culturale – su alcune dimensioni della vita
privata, della sfera intima e spesso di quella sessuale.
Nonostante
la ricchezza del Magistero, non ultimo quello di Francesco, non abbiamo ancora
messo al centro della nostra critica profetica il neopaganesimo che pervade la
nostra mentalità e che si è ormai insinuato nelle pieghe più nascoste delle
nostre metropoli: il principio della merce di scambio che regola le relazioni e
sovverte le priorità e i valori della vita, spingendoci all’adorazione del
consumismo, vero vitello d’oro innalzato nelle cattedrali del commercio e della
pubblicità.
Lo
stordimento che ne deriva restringe i nostri desideri profondi, ci proietta a
vivere all’esterno e perciò in superfice e, proprio così, ci toglie la gioia.
Come dice Meister Eckhart, l’uomo esteriore si perde fin quando dalla
distrazione in cui si trova non riesce a scendere nel santuario interiore della
propria vita.
Nella
Chiesa
Un
nuovo inizio è urgente anche nella nostra Chiesa. Si procede certamente a
piccoli passi, purché non facciamo della necessaria gradualità pastorale un
alibi per restare immobili, fissati nel passato, abili giocolieri del «non
smuovere nulla» per restare tranquilli.
Già
qualche tempo fa, il teologo tedesco Medard Kehl aveva offerto nel suo libro
Dove va la Chiesa [2] una disamina di alcune questioni ecclesiali non risolte e
di sfide importanti che la Chiesa dovrebbe affrontare per superare il proprio
conflitto con la modernità e cercare forme nuove per l’incarnazione e la
trasmissione della fede.
È
interessante che di recente anche Enzo Bianchi e un altro teologo tedesco,
Gisbert Greshake, abbiano dato alle rispettive riflessioni un titolo uguale o
simile[3]. Il fondatore della Comunità di Bose afferma che siamo in un’epoca
post-cristiana, di profonda indifferenza verso la ricerca di Dio; ma, al
contempo, mentre occorrerebbe guardare a Gesù di Nazaret, al suo stile, al suo
tratto umano, purtroppo le nostre comunità cristiane si sono assestate su
alcuni valori e alcune prassi etiche, col rischio di ridurre la fede a una
morale, a una dottrina, o a un semplice abito religioso.
Anche
i recenti dibattiti all’interno della cristianità su questioni delicate, molto
più complesse di quanto riesca a dire un articolo del catechismo e spesso non
prive di vissuti segnati dalla sofferenza, restano prigionieri di un approccio
legalistico, dove la prima domanda e preoccupazione è cosa sia giusto o
sbagliato, idoneo oppure no, invece che essere: come sono guardate da Dio
queste persone e cosa possiamo fare noi per loro?
Spiace
dirlo, ma il Vangelo, con la sconcertante lacerazione della Legge che Gesù
provoca incontrando personaggi improbabili come Matteo, Zaccheo o l’adultera,
sembra che debba ancora venire.
Nella
società
Un
nuovo inizio è urgente nella nostra società, e la cosa appare tristemente
scontata se consideriamo le drammatiche condizioni dell’Ucraina e del Medio
Oriente, senza dimenticarci di altre parti del mondo, dove sono scoppiati nuovi
conflitti e si moltiplicano le violenze.
Possediamo
molti mezzi e molte possibilità, eppure non riusciamo a evitare l’escalation di
rivalità e conflitti, di vecchi rancori e sentimenti di odio ancorati a
interessi economici e nazionalismi di ogni genere. Una società pacifica,
fondata sulla reciproca accoglienza e convivenza dei popoli nella cornice di un
contesto planetario finalmente emancipato dalla guerra, rimane un’utopia.
Sul
tema, anche da parte credente, non mancano i distinguo e le ambiguità, rispetto
ai quali si staglia la voce del Pontefice, che non si limita a sognare e
incoraggiare la nascita di un mondo in cui tutti si riscoprano fratelli, ma
nell’Urbi et Orbi di quest’anno ha anche tuonato contro il commercio delle
armi, affermando: «per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi…Oggi,
come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina,
si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate
avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non
vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti
soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure, dovrebbe saperlo! Se ne
parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono
i fili delle guerre» (Papa Francesco, Benedizione Urbi et Orbi, 25 dicembre
2023).
Cosa
rispondono i Governi e gli Stati? E come si impegnano i cattolici nelle sfide
politiche, culturali e sociali che incombono?
Un
nuovo parto della storia?
Un
nuovo inizio è l’augurio che ci facciamo. Un gran testimone della fede del
Novecento, come Carlo Carretto, già nel lontano 1971 scriveva che «siamo
entrati forse nell’epoca più drammatica della storia del mondo e della Chiesa.
[…] Direi che siamo invecchiati di secoli in pochi anni e il nostro passato
spirituale ce lo sentiamo lontano lontano, anche se è solo di ieri. Soprattutto
sentiamo lontana la nostra sicurezza, la nostra stabilità, il nostro
dogmatismo».
Poi
aggiungeva: «Ma tutto questo è solo male? Non c’è forse nel disagio di oggi,
nella crisi che ci travaglia, una radice buona? Un principio di vita? Posso
trarre qualcosa di positivo dallo sfacelo del mio passato? Del nostro passato?
Insomma, ciò che sta avvenendo è il principio della fine o è sintomo di un
nuovo parto della storia e della Chiesa? […] È difficile dare una risposta. Ciò
che possiamo però dire per intanto è che un po’ di insicurezza fa bene a noi,
così abituati al dogmatismo e alla violenza delle nostre affermazioni. Ci fa
bene soprattutto come cristiani perdere un tantino di prosopopea medievale che
ci rendeva incapaci al dialogo, dimenticare il pensiero che bastava trovarsi
sulla barca per essere al sicuro […] E, come Chiesa, ci fa bene diventare un
tantino più umili, più piccoli, più disarmati, […] Non possiamo più nasconderci
dietro i paraventi delle idee preconcette, delle leggi fatte, dell’ordine
costituito, delle tradizioni venerande. Tutto è rimesso in questione ripensato
e giudicato alla luce di una nuova presa di coscienza e di una fede più adulta
[…] Ma al di sopra di tutto c’è una scoperta da rifare, un incontro da
effettuare, una fede da rinsaldare: quella in un Dio personale» [4].
Entriamo
in questo nuovo anno. E che sia davvero un nuovo inizio.
[1]
T. Halík, Si destano gli angeli. Avvento e Natale di un’epoca inquieta, Vita e
Pensiero, Milano 2023, 40.
[2]
M. Kehl, Dove va la Chiesa? Una diagnosi del nostro tempo, Queriniana, Brescia
2021.
[3]
E. Bianchi, Dove va la Chiesa? San Paolo, Cinisello Balsamo 2023; G. Greshake,
Chiesa, dove vai? Guardare al futuro in prospettiva real-utopistica,
Queriniana, Brescia 2023.
[4]
C. Carretto, Il Dio che viene, Ave, Roma 2023, 18-20.
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