Dov’è andata la
nozione di bene comune? Che fine ha fatto? Bene comune è un concetto essenziale
per la convivenza, per la qualità della vita nella polis. Questa espressione è
composta da due parole: “bene” e “comune”.
- - di ENZO BIANCHI
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“Bene”
significa ciò che noi vorremmo e ciò che noi auguriamo alle persone alle quali
siamo legati. Il bonum, il bene è ciò che gli uomini e le donne desiderano per
vivere bene e in pienezza. “Comune” deriva dal latino communis, che indica un
compito fatto insieme e anche un dono condiviso. Bene comune, dunque, non è
semplicemente un patrimonio comune, qualcosa di materiale o di immateriale
posseduto insieme, ma è l’insieme delle condizioni di vita che favoriscono il
benessere, l’umanizzazione di tutti: bene comune sono anche la democrazia, la
cultura, ecc.
“Bonum
commune” è un concetto formulato nel momento dell’emergenza dell’occidente,
nel XIII secolo. Sulla scia di Aristotele è stato Tommaso d’Aquino a osservare
che, come la società, la rete delle relazioni, è antecedente
all’individuo-persona, così l’unità del corpo è antecedente alle membra che lo
compongono. Sicché il bene di ciascuno abbisogna del bene comune che lo preceda
e nel quale possa definirsi. Nei secoli successivi, però, questo concetto di
bene comune è stato tralasciato in favore della concezione individualista e
utilitarista della società, e si è progressivamente imposta l’idea secondo la
quale l’organizzazione politica della società si giustifica per il fatto che
essa garantisce ai suoi membri i diritti individuali, di cui sarebbero dotati
anteriormente alla loro esistenza sociale.
In verità,
proprio nell’attuale crisi a livello mondiale sta tornando la ricerca sul bene
comune, anche perché le scienze umane sempre di più attestano che vivere è inter
homines esse. L’essere umani insieme è l’elemento vitale, indispensabile
alla nostra esistenza in quanto persone. Stare tra gli uomini, vivere le
relazioni non è solo ciò che ci ha umanizzato, ma è anche la prima forma del
bene che gli uomini conoscono, un bene comune. Senza ecosistema relazionale non
c’è cammino di umanizzazione. Ecco allora il bene comune al di sopra degli
interessi particolari e degli egoismi competitivi.
Certamente ci
sono beni comuni che appartengono alla collettività, utili all’intera società,
beni tangibili come l’acqua, l’aria, la terra, i monumenti, il paesaggio: sono
beni comuni essenziali per raggiungere “il bene comune” che ingloba libertà,
democrazia, salute, cultura, ecc. Nella Costituzione italiana, è vero, non si
parla di “bene comune”, ma espressione come “utilità sociale” (art. 41) e
“utilità generale” (art. 43) indicano che c’è un trascendere l’interesse
privato in nome della communitas, della società, della polis. La communitas,
la polis ha diritti proprietari, i quali creano beni comuni, beni sottratti
all’appannaggio dei singoli: questi beni instaurano un altro modo di possedere,
che aiuta il bonum commune. Si tratta di essere convinti che non è
possibile la polis, la communitas senza il concorso di beni comuni
materiali e immateriali; che non è vero che la vita buona di una società si
realizza grazie all’autoregolazione dei mercati; e che l’espressione “bene
comune” deve tornare a essere un “oriente” per tutti i membri della società.
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