è una sfortuna;
non saper amare
è una tragedia”-
- di Gianfranco
Ravasi
Non
è la prima volta che attingiamo a questo autore aspro ma profondo, ateo ma teso
verso una sua spiritualità (ha scritto cose sorprendenti anche sulla santità).
Albert Camus, scrittore francese nato in Algeria nel 1913 e morto in incidente
stradale nel 1960, è spesso inquietante, ma sa essere non di rado emozionante
come nella frase che oggi proponiamo.
Chi
non immagina quanto sia acre una giornata in cui non c'è nessuno che ti
ricordi, ti dica una parola, pensi alla tua solitudine? E ci sono persone che
per anni proseguono così, in questa «sfortuna», che dura fino in punto di
morte, tant'è vero che ci sono alcuni dimenticati persino in quell'istante
estremo. Ma Camus alla «sfortuna» del non essere amati oppone una «tragedia»,
quella del non saper amare.
In
questo caso, infatti, sei tu stesso che blindi la tua anima perché non accolga
nessuno, blocchi il cuore perché non abbia un fremito, paralizzi la mano perché
non faccia una carezza. Un altro grande autore, il tedesco Thomas Mann,
scriveva: «La felicità non sta nell'essere amati: può creare solo soddisfazione
e vanità. La felicità è nell'amare». E Camus continuava così la sua
riflessione: «Quando si è avuto una volta la fortuna di amare intensamente, si
spende la vita a cercare di nuovo quell'ardore e quella luce». Ecco, allora,
una verifica da fare: se ci si è ridotti a un ghiacciolo, senza più un palpito,
senza il desiderio di un incontro, senza la volontà di un dono, si deve essere
preoccupati più che per una malattia. Sarà, infatti, sempre meglio aver amato e
perduto o sbagliato che non aver mai amato.
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