Lo stesso dovrebbero fare (con coraggio e costanza) i genitori a casa: niente cellulari mentre si studia o (peggio ancora) mentre si dorme.
Una
settimana dopo l’inaugurazione dei cassetti dove studenti e insegnanti
depositano gli smarphone all’arrivo a scuola e li ritirano quando suona
l’ultima campanella della giornata, la rettrice degli istituti paritari
“Malpighi” di Bologna, Elena Ugolini, traccia un bilancio positivo
dell’iniziativa. E si stupisce del clamore mediatico che ha suscitato, visto
che, come ricorda un sondaggio di Studenti.it, l’iniziativa è in atto in almeno
il 26% delle scuole superiori italiane.
Come
sono andati questi primi giorni “senza connessione”?
Bene.
La differenza più rilevante, rispetto a prima, è stata vedere i ragazzi, ma
anche i professori, parlarsi e guardarsi negli occhi durante l’intervallo.
Tempo che, prima, tutti, giovani e adulti, passavano con lo sguardo fisso sullo
schermo dello smartphone.
Perché
avete voluto coinvolgere anche gli insegnanti?
Perché
i primi a prendere consapevolezza che il cellulare inibisce le relazioni
dobbiamo essere noi adulti. Io per prima, visto che, per lavoro, passo gran parte
della giornata col telefono in mano e, per questo, sono a volte ripresa dai
miei figli.
Non
basterebbe tenerlo spento?
C’è
poco da fare: una classe con i telefonini negli zaini o sulla cattedra è una
classe che scivola inesorabilmente verso la distrazione. E i docenti sono
educatori, non guardiani. Con questa iniziativa, per altro già sperimentata,
con buoni risultati, l’anno scorso in una classe con problemi di bullismo,
vogliamo aiutarci tutti a non essere distratti e ad avere uno spazio di lavoro in
cui la presenza, il rapporto e la concentrazione siano facilitati. Aiutandoci
tutti insieme a creare un rapporto fatto anche di silenzio e di presenza, per
riempire di contenuto le mille ore che passiamo, ogni anno, a scuola con i
nostri studenti.
I
ragazzi come l’hanno presa?
Ci
hanno dato fiducia perché hanno capito che in gioco non c’è il rispetto di una
regola o di una circolare ministeriale, ma un aiuto reciproco, giovani e adulti
insieme, per rendere più belle e intense le ore di lezione.
E
come fate senza l’aiuto della tecnologia?
Chiudere
gli smartphone in un cassetto non significa affatto rinunciare ad usare la
tecnologia e Internet per la didattica. Le Lim funzionano ancora e la Rete è
quotidianamente consultata durante le lezioni. Vogliamo che la tecnologia resti
uno strumento per potenziare la nostra capacità di apprendimento e non una
distrazione. E i primi a farcelo capire sono stati proprio gli studenti,
quando, a precisa domanda, hanno risposto che lo smartphone non aiuta la
concentrazione in classe. Se, come confermano tante ricerche, davvero il
telefonino distrae e toglie energia al rapporto e alla relazione, togliamolo di
mezzo.
E
quali altre “scoperte” avete fatto questa settimana?
La
principale è che si può vivere bene anche senza tenere costantemente lo sguardo
fisso sullo schermo. L’altro giorno, al termine delle lezioni, ho incrociato
una studentessa che aveva in mano lo smartphone spento. Mi ha stupito e le ho
chiesto il motivo. Mi ha risposto che non se n’era nemmeno accorta. E mi ha
sorriso, aggiungendo che, anche senza cellulare, a scuola non si annoia. Ecco,
forse dovremmo chiederci perché, invece, tanti studenti a scuola si annoiano.
Questa è la sfida vera: farli sentire coinvolti e protagonisti. E, invece, ci
sono esperti psicologi, come Daniela Lucangeli, che ci dicono, dati alla mano,
che il cellulare crea dipendenza e la sua sola presenza, anche se spento,
riduce le capacità cognitive.
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