venerdì 20 maggio 2022

ATTIVITA' MOTORIA A SCUOLA

Per un’attività motoria più significativa nella scuola:
 innalzare le competenze degli insegnanti

 -         di Pasquale Moliterni*

  Nel numero di novembre scorso abbiamo evidenziato come l’attività motoria rivesta un importante ruolo nel processo formativo degli alunni. Sin dalla nascita è attraverso i movimenti (sguardi, sorrisi, gesticolii, …) che i bambini interagiscono, sviluppando le prime modalità espressive. Ma, secondo alcuni studi, ciò avrebbe inizio già nel grembo materno, attraverso i movimenti percettibili degli arti e il cambiamento delle posizioni fetali.

È grazie all’azione motoria che, progressivamente, si va prendendo coscienza del proprio essere nel mondo e si producono, dunque, cognizioni, ovvero la capacità di produrre e controllare processi cognitivi, cioè di organizzare il pensiero in tutte le sue manifestazioni senso-motorie, coordinative, rappresentative, formali e mnestiche. La conoscenza è, dunque, frutto di movimenti e atteggiamenti guidati da schemi d’azione consapevoli, anche comunicativi e linguistici, che innervano e sviluppano i processi di pensiero.

Sin da bambino la persona esprime il suo essere-divenire umano attraverso la corporeità e il movimento, struttura comportamenti, elabora metacognizioni in ordine al proprio interagire con gli altri e con il mondo e manifesta atteggiamenti valoriali e simbolico-culturali che sono alla base dei processi di inclusione sociale e delle competenze di cittadinanza attiva. L’azione e l’intelligenza motoria sono connaturate all’essere umano, sono primitive, originarie, preesistenti e persistenti rispetto alla strutturazione progressiva delle altre forme di intelligenza, compresa quella linguistica che ha i suoi prodromi nei gorgheggi e nelle lallazioni.

La corporeità, il movimento, il gioco, l’attività motoria - e poi quella sportiva - rivestono pertanto una straordinaria importanza educativa e formativa per ogni essere umano, dalla nascita fino alla esalazione dell’ultimo respiro. La vita è tale perché c’è movimento.

 

Se è nelle azioni e attraverso le azioni che l’essere umano si evolve, è evidente che dovremmo promuovere e offrire a ogni bambino le più ampie opportunità di espressione motoria. La scuola dovrebbe mettere al centro l’azione e non la ricezione (Moliterni, 2009), il gioco e l’esplorazione per la scoperta e la comprensione della realtà; più che luogo di esercizio addestrativo dovrebbe essere contesto attivo e dinamico, capace di far fluire pensieri e azioni finalizzate alla produzione di conoscenze e di impegno trasformativo, migliorativo e di valorizzazione del mondo. Una scuola che voglia promuovere il successo formativo di ogni alunno, nessuno escluso, dovrebbe porre nell’azione e nella “form-azione” (formare all’azione) - più che nella sola ricezione e nel solo addestramento - la base per lo sviluppo dei processi cognitivo-affettivi, relazionali e socio-civici.

Era quanto richiesto già dai Programmi della scuola elementare del 1985 che, all’interno del curricolo, assegnavano una grande rilevanza all’educazione motoria per lo sviluppo di apprendimenti fisico-motori, fondamentali anche per altri ambiti disciplinari.  

Tale rilevanza permane nelle Indicazioni Nazionali del 2007 e in quelle del 2012 (che reintroducono l’antica denominazione riduzionistica di “educazione fisica”) attraverso l’indicazione di una serie di ipotesi e proposte che espandono la natura poliedrica dell’attività motoria in direzione formativo-educativa, allontanandola da quella tecnico-addestrativa dei programmi del 1870 e del 1911.

Se è così, è evidente che:

1.     - l’attività motoria deve permeare l’attività scolastica - al di là di uno specifico ed esiguo orario settimanale ad essa assegnato (a tal proposito va ricordato che i decreti attuativi della legge 148 del 1990, assegnavano ad essa almeno due ore settimanali per ogni classe) -  per far sì che tutte le attività curricolari valorizzino l’azione motoria, la corporeità e il movimento  quali fonti e modalità di sviluppo di processi di apprendimento esperienziali e significativi per ogni alunno, in particolare per chi si trova in difficoltà nello strutturare forme di astrazione e simbolizzazione e necessita di un tirocinio guidato e di forme di apprendistato cognitivo (learning by doing e mediazioni attive);

2.    -  sono necessarie competenze professionali adeguate, soprattutto didattico-pedagogiche, per tutti gli insegnanti.


Per il primo punto, come già detto, si trovano significativi suggerimenti già nei Programmi del 1985 per la scuola elementare/primaria (e nelle successive Indicazioni Nazionali), ove è riscontrabile l’attenzione alla specificità disciplinare ma, soprattutto, ai forti aspetti di trasversalità con gli altri saperi curricolari, sia sul piano educativo (obiettivi-principi-valori accomunanti), sia su quello didattico (interconnessioni tra i saperi), da valorizzare attraverso opportune scelte didattiche e organizzative.

Per quanto riguarda il secondo punto, relativo alle competenze degli insegnanti, la situazione è molto meno semplice in ragione della notevole differenziazione del percorso formativo degli insegnanti nel nostro Paese.

Proprio per ovviare a ciò, la legge 341 del 1990 sancisce finalmente l’obbligo di una formazione universitaria per tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado.

A fine anni ’90 vedono pertanto la luce i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria, per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, con l’acquisizione della laurea a ciclo unico, comprensivo di tirocinio da avviare dal II anno, con 78 crediti formativi universitari (cfu) di scienze dell’educazione, 135 cfu relativi alle varie discipline (matematica, fisica, chimica, biologia, letteratura italiana, linguistica italiana, lingua inglese, storia, geografia, arte, musica, letteratura per l’infanzia e 9 cfu per le attività motorie e sportive), 31 cfu per l’accoglienza degli studenti in situazione di disabilità, 56 cfu per altre attività, tra cui il tirocinio con 24 cfu.

Per gli insegnanti delle scuole secondarie di I e II grado negli stessi anni vengono attivate le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento nella Secondaria (SSIS), con un percorso formativo di due anni, aggiuntivo alle lauree ordinarie a ciclo unico, che prevede insegnamenti teorici, antropo-psico-pedagogico-didattici, laboratori e tirocini, per lo sviluppo delle competenze specifiche della professione docente.

Come si vede, per gli insegnanti della scuola primaria si mira a sviluppare una competenza diffusa in tutte le discipline: il modello di insegnante cui si continua a fare riferimento è quello del tuttologo, seppure universitarizzato (Moliterni, 2012); ma è proprio tale modello che rischia di giustificare le posizioni di coloro che sostengono la necessità di sostituire o quantomeno far affiancare all’insegnante di classe personale specialistico in alcuni settori di insegnamento (attività motorie e sportive, musica…).

In questa prospettiva si inserisce l’offerta del CONI al Ministero dell’Istruzione di Progetti per attività ad hoc (Alfabetizzazione motoria, Scuola Attiva Kids) con l’inserimento nella primaria di esperti (studenti magistrali o laureati nelle scienze motorie) che intervengono in coprogettazione/gestione con l’insegnante di classe.

Il rischio è quello di una frammentazione del curricolo della scuola primaria, e di una sua secondarizzazione, con inevitabile perdita di quella significatività che deriva dallo sviluppo di percorsi integrati tra i saperi.

In sostanza, quella motoria dovrebbe essere una competenza professionale degli stessi insegnanti di classe (formati in maniera più approfondita per ambiti/aree disciplinari, anziché sul tutto) da sviluppare in forma integrata nel curricolo, considerato che essa concorre allo sviluppo psico-fisico dell’alunno, influendo sui processi cognitivi, affettivi, relazionali e sociali, oltre ad essere propedeutica ad altre attività didattiche e allo stesso sport. Non va dimenticato, infatti, che lo sport è un’attività motoria molto formalizzata e strutturata su regole condivise a livello internazionale e che esso sta all’attività motoria così come la lingua (con il suo codice e il suo sistema simbolico universale) sta al linguaggio, nelle sue molteplici modalità espressive. In fondo lo sport è costituito da codici e regole ben determinate, così come la lingua ha una sua grammatica e una sua sintassi, da scoprire progressivamente nell’uso!

Lo stesso Decreto MIUR n. 249 del 10.9.2010 ha ribadito l’unitarietà dell’azione docente, ancorché costituita da conoscenze e competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali (oltre che linguistiche, digitali e didattiche per l’integrazione degli alunni con disabilità), rimarcando la necessità per tutti i docenti di una formazione universitaria quinquennale.

Per la secondaria ciò deve essere assicurato nei successivi TFA annuali, che hanno preso il posto delle SSIS, e nel successivo percorso di Formazione Iniziale e Tirocinio (FIT) di durata triennale, con la previsione del riconoscimento di 24 cfu (DM n. 616 del 2017) relativi ad insegnamenti di antropologia, psicologia, pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione, presenti nei vari percorsi di laurea disciplinari, ma anche, in via transitoria, ad insegnamenti di metodologie e tecnologie didattiche generali.  Quest’ultimo dispositivo porterà gran parte delle università aventi corsi di laurea in scienze motorie a riconoscere, tra i 24 cfu, insegnamenti che caratterizzano la proposta formativa più sul piano tecnico-performativo che su quello formativo-educativo (ad esempio, Metodologie dell’allenamento e Metodologie e didattica di singole discipline sportive).

Nonostante tali limiti, per i laureati magistrali in scienze motorie il possesso dei 24 cfu diventa condizione imprescindibile per accedere al concorso di educazione motoria per la scuola primaria come figura specialistica.

A tal proposito è di notevole rilevanza il parere n. 6353 del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) del 15.03.2022 che, tra l’altro, evidenzia la mancata previsione nella prova scritta dello stesso concorso dell’accertamento proprio di quelle conoscenze pedagogico-didattiche che caratterizzano il profilo dell’insegnante di scuola primaria.  Tale organo rileva, inoltre, che, all’art. 4, comma 3, lett. a) del decreto concorsuale, l’impostazione delle prove è più vicina ai concorsi già banditi per la scuola secondaria di I e II grado, che nella prova scritta tendono ad accertare le competenze disciplinari più che quelle didattiche; a ciò si aggiunga l’assenza di riferimenti ai temi connessi all’inclusione scolastica. Pertanto, prosegue il CSPI, i titoli per l’accesso ai ruoli del personale docente relativi all'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria risultano essere poco adeguati; il conseguimento dei 24 CFU nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche risulta insufficiente e comunque in tutta evidenza non comparabile rispetto all’approfondimento riservato a tali tematiche nel percorso universitario quinquennale di formazione dei docenti curriculari in scienze della formazione primaria. I 24 cfu avrebbero avuto senso, infatti, in un percorso formativo più ampio, come quello triennale di Formazione Iniziale e Tirocinio (FIT), tuttora sospeso. Le discipline presenti nei corsi di laurea in Scienze Motorie e Sportive, che consentono di accedere alle procedure concorsuali abilitanti, non sono pertanto orientate all’acquisizione di conoscenze e competenze metodologiche e didattiche generali (come esplicitato dal DM 616) per l’insegnamento nella scuola primaria. Nel predetto parere si evidenzia, ancora, che i laureati con i 24 cfu dovrebbero (ma vi sono serie probabilità che non lo siano perché il DM 616 riguarda esclusivamente il riconoscimento di cfu per l’accesso nella secondaria): essere in grado di articolare i contenuti della disciplina in funzione dei diversi livelli scolastici e dell’età dei bambini e dell’assolvimento dell’obbligo d’istruzione; possedere capacità pedagogico-didattiche per gestire la progressione degli apprendimenti, adeguando i tempi e le modalità al livello dei diversi alunni; possedere capacità relazionali e gestionali in modo da rendere il lavoro di classe fruttuoso per ciascun bambino, facilitando la convivenza di culture e religioni diverse, sapendo costruire regole di vita comuni riguardanti il senso di responsabilità, la solidarietà e il senso di giustizia. Pertanto, continua il CSPI, le previsioni di cui all’art. 1, commi 329 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, rischiano di indebolire l’impianto formativo della scuola primaria, che richiede invece una visione globale del bambino e dei suoi processi di sviluppo, da attuare attraverso una didattica interdisciplinare. Perdipiù, l’inserimento di altri docenti dedicati specificamente all’insegnamento dell’educazione motoria nelle classi produce inevitabilmente una frammentazione del curricolo e dell’orario. D’altra parte, le Indicazioni Nazionali esprimono chiaramente la necessità di evitare la deriva disciplinaristica ed è la ragione per cui i Progetti MPI/CONI hanno sempre posto la responsabilità delle attività svolte dagli esperti a carico degli insegnanti curricolari titolari, al fine di garantire, nella pratica didattica, le necessarie interconnessioni con le altre discipline, evitando una precoce secondarizzazione della scuola primaria ed una frammentazione del suo curricolo formativo.

Alla luce di ciò, considerato che il concorso per l’insegnamento di educazione motoria nella scuola primaria sta andando avanti, sarà comunque opportuno che i componenti delle commissioni concorsuali verifichino che gli aspiranti docenti posseggano adeguate competenze formativo-educative e non solo tecnico-performative. Ne hanno bisogno i bambini e ne ha bisogno il nostro Paese per veder innalzata in forma generalizzata la qualità della didattica e della formazione nella scuola.

In prospettiva, però, bisognerà irrobustire il numero dei cfu di Scienze Motorie, Musica e Arte nel curricolo di Scienze della Formazione Primaria, vista la rilevanza che tali insegnamenti hanno in forma anche pre-proto-disciplinare, eliminando quelle criticità che alimentano proposte e richieste che aumentano i rischi di secondarizzazione della scuola primaria.

Per il superamento dei limiti insiti nei 24 cfu si è, invece, sulla buona strada: la Proposta di legge di aprile 2022 (Riforma della formazione iniziale e continua e reclutamento degli insegnanti- Novella al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59), in applicazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), prevede per gli insegnanti di scuola secondaria un percorso di formazione di 60 cfu nelle discipline pedagogiche, dopo il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico.

Ma questa è materia su cui si dovrà tornare.  

 *Prof. Ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale, Università Roma Foro Italico

 Riferimenti bibliografici:

Moliterni P., (2009), Azione, non ricezione: un compito urgente. In Scuola Italiana Moderna, Brescia, La Scuola, 15/2009, pp. 37-40;

Moliterni P. (2012), Le scienze motorie tra trasversalità e specificità. In: Antonietti A., Triani P. (a cura di), Pensare e innovare l’educazione, Milano, Vita e pensiero, pp. 229-236.

 

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