giovedì 13 ottobre 2011

LA GEOGRAFIA CERCA IL NUOVO VESPUCCI

Abbandonata la «cartografia di Stato», ma anche l’approccio quantitativo degli anni ’60, ora la ricerca torna all’uomo.

Da qualche anno, il dibattito geografico assomiglia un po’ all’accorto avanzamento di un esploratore su un traballante ponte tibetano. I picchi himalayani alle spalle sono i modi in cui la geografia è stata pensata e praticata in epoca moderna, a partire dalle lezioni pionieristiche dei tedeschi Alexander von Humboldt (1769-1859) e Carl Ritter (1779-1859), con tutte le implicazioni rispettivamente politiche e metafisiche dei loro celebri approcci alla 'conoscenza della Terra'. Ma alle spalle, c’è ormai soprattutto il massiccio particolarmente granitico della cosiddetta 'geografia di Stato', quella ufficiale che ha permesso la mappatura e poi la pianificazione dei territori innanzitutto europei. La stessa delle carte murali scolastiche di almeno quattro colori.

          Nei giorni scorsi, traspariva proprio un certo senso delle vertigini dai molti interventi o tavole rotonde del più frequentato (oltre cinquantamila visitatori l’anno) fra gli eventi europei di divulgazione dedicati alla disciplina: il Festival internazionale di Geografia ......

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