mercoledì 22 marzo 2023

COLLOQUI FIORENTINI

SCUOLA

Chi ha ucciso la normalità che vorremmo?”

La 22esima edizione è stata l’ennesima conferma: i Colloqui Fiorentini svelano un altro modo di fare scuola. Basato sull’interesse per la realtà scuola.

- di GianlucaZappa

“È stata una bella esperienza, una bellissima e breve parentesi. Ma tanto da lunedì si ricomincia con la scuola normale”. È con una certa mestizia che Francesco, studente di quarta liceo linguistico, fa questa considerazione. Sta tornando a casa in treno, dalla 22esima edizione dei Colloqui Fiorentini.

Con i suoi compagni d’avventura è in preda ad un mix di stupore, stanchezza, esaltazione, dopo aver vissuto quattro giorni alla grande insieme a quasi 2.500 studenti di tutta Italia convenuti a Firenze per parlare del loro incontro con Italo Calvino. Qualcosa di veramente grande è accaduto e con l’amico Gabriele (quarta liceo classico) sta tentando di dare un senso a quella miscela di sensazioni varie che di certo si chiariranno sempre di più nei prossimi giorni.

Intanto negli occhi c’è ancora quella platea di palazzo Wanny gremita di ragazzi intenti ad ascoltare, a prendere appunti, a spellarsi le mani per un applauso rivolto ad un docente che sottolinea una parola o un passaggio di un romanzo o di un racconto particolarmente significativi per tutti. E poi i momenti dei seminari, con le domande e le risposte e un dibattito che prende il largo mentre centinaia di cuori e di teste sono lì ad ascoltare e riflettere.

E poi ancora l’adrenalina del rito della premiazione finale, con la proclamazione dei vincitori dei quattro diversi concorsi. E poi la corsa a visitare le bellezze di Firenze e gli incontri fuori programma, a cantare sotto le stelle in piazza Santa Maria Novella in cori improvvisati e geograficamente misti, con docenti e studenti del Nord, del Centro, del Sud, delle isole…

Chi assiste per la prima volta ai Colloqui Fiorentini rimane travolto, sbalordito, anche stordito. Com’è possibile che tanta vita si sprigioni da un concorso scolastico dedicato ad un classico della nostra letteratura? Com’è possibile che nelle aule ci siano ragazzi che decidono di approfondire un autore, leggerne i testi, interrogarsi su quello che leggono, condividere i loro pensieri, avere tutta questa voglia di essere consapevoli e protagonisti del loro studio? Sono questi gli stessi studenti che indolenti compagni di viaggio affrontano per cinque o sei giorni la settimana il tran-tran della scuola “normale”?

Li ascolti e ti stupisci. Carlotta: “Non ho mai studiato un autore in questo modo”; Edoardo: “Io ero uno che fino allo scorso settembre non aveva mai letto un libro. Ora non riesco a smettere”; Angelica: “I Colloqui Fiorentini mi hanno reso una persona migliore”; Viola: “Io non riesco mai a leggere a comando, sai, quei libri che ti danno da leggere i prof per compito. Ma con i Colloqui è diverso, faccio un’esperienza di libertà”; Chiara: “Quest’esperienza mi ha fatto riflettere su me stessa e mi sono resa conto di quanto sia bello rivedere se stessi negli altri”; Benedetta: “Avete riportato a galla in me qualcosa che avevo perso e sarò sempre in debito per questo” …

Stop! Fermi tutti! Che succede? Cos’è successo? Bisogna andare a vedere! Bisogna andare ad imparare! Ne hanno bisogno soprattutto i docenti, per se stessi e per gli studenti che incontrano ogni giorno. Il rinnovamento della scuola passa per esperienze di questo tipo, non per sempre fallimentari e spesso astrusi progetti verticistici.

Il professor Giovanni Fighera, uno dei docenti intervenuti a parlare di Calvino, ha citato quella frase geniale che Antoine de Saint-Exupéry ha lasciato scritta nella sua ultima opera incompiuta, Cittadella: “Se vuoi costruire una barca non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti ed impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto ed infinito”. Il fatto è che proprio questo accade grazie al metodo proposto dal comitato didattico dei Colloqui Fiorentini: nei ragazzi si ridesta l’umano, che è appunto nostalgia del mare vasto e infinito. E allora tutto poi va da sé verso un esito felice. Così questo convegno, con tutto il lavoro di preparazione che comporta, diventa quel qualcosa che nell’inferno quotidiano della vita non è inferno, o quella città ideale intravista nella città dell’imperfezione di cui parla proprio Calvino.

“Un’esperienza umana”, conferma Gabriele che s’intromette nel discorso. Umana… cosa vorrà dire? Forse una cosa molto semplice: se studio ma io non ci sono, io sono inesistente, non vale la pena studiare. Se non ci metto passione, non amo quello che faccio, la mia volontà resta bloccata. È questo? Sì, lo conferma Francesco. Partecipare ai Colloqui Fiorentini, lavorare in questo modo su un autore, significa coinvolgersi mani e piedi, proprio come hanno fatto loro due, così presi che per giorni non parlavano d’altro che della ricerca che stavano facendo insieme, e di quella famosa notte dello scorso Capodanno passata a discutere di Calvino, di quello che la lettura dell’autore aveva prodotto in loro.

Tu, professore, ascolti e rimani colpito, stordito. Quanto possono dare questi ragazzi? Fino a dove riescono ad arrivare? Che profondità hanno e che profondità gli viene negata da una scuola divenuta un carro mostruoso e deforme che li ottunde con verifiche, interrogazioni, crediti, progetti, orientamenti che disorientano, che li affoga e li soffoca?

Hai ragione, Francesco, si ritorna alla scuola “normale”. Ma, mi chiedo e ti chiedo, è normale questa scuola? O non sarebbe forse più bello navigare respirando la vastità del mare, e parlare con i docenti in un dialogo fecondo, come è accaduto in questi mesi e in questi quattro giorni? Ed esprimersi ed essere ascoltati con interesse? E leggere insieme in quei libri dove gli scrittori, da uomini che hanno vissuto con intensità la vita, hanno lasciato tracce di un destino comune, di un comune sentire, di un comune desiderio, di una comune inquietudine? Sarebbe bello vero? Ma non dovrebbe essere questa appunto la normalità? “Quando sono tornata a scuola – confessa Sofia – ero disorientata… Ma perché la scuola deve essere così? Perché non può essere come quella che abbiamo vissuto con l’esperienza dei Colloqui Fiorentini?”

Mi viene da dire: non vi rassegnate ragazzi! Se avete intravisto chi e cosa nell’inferno non è inferno, fatelo durare e dategli spazio! Quello che avete imparato continuate a viverlo, portatelo con voi nella vita di tutti i giorni e poi… possiamo subito ricominciare a lavorare insieme. Magari sulle poesie di Giovanni Pascoli, l’autore scelto per l’edizione 2024 dei Colloqui Fiorentini.

Il Sussidiario

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