venerdì 9 dicembre 2022

VIGILARE L'ISTANTE


* L’attesa della venuta del Signore Gesù *

- di p. Giuseppe Oddone *

Tutto il periodo iniziale dell’anno liturgico con le celebrazioni dell’Avvento e del Natale è caratterizzato dall’attesa e dalla gioia dell’incontro con il Signore Gesù.

Se le prime parola della Bibbia sono “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gen.1, 1), le ultime parole, prima del saluto conclusivo, sono “Sì, verrò presto! Amen. Vieni Signore Gesù!” (Ap. 22,20).  Per la nostra fede tra l’inizio della creazione ed il ritorno di Gesù Crocifisso e Risorto è racchiusa la storia dell’universo, dell’umanità, della Chiesa, di ogni persona credente o non credente.

Siamo davvero cristiani se attendiamo Qualcuno, aspettiamo un incontro e viviamo nell’attesa per cogliere il Suo passaggio e la Sua presenza nelle vicende della vita quotidiana. La vigilanza è la virtù tipica di chi vive di fede, di chi ha il presentimento e la certezza che il Signore davvero incrocia le strade della vita; essa si fonde con l’attesa, con la leggerezza e la giusta valutazione delle cose, con l’audacia ed il coraggio, con la preghiera ed una positiva tensione interiore.

Nell’Avvento riviviamo in particolare l’attesa della venuta storica di Gesù. Modello di questa attesa è sopra tutti la Vergine Maria: in Lei rivive tutta la storia di Israele che aspetta il suo Salvatore, rivivono la speranza di Abramo e dei Patriarchi, il cammino di Mosè che guida il popolo alla terra promessa, l’ardore e la certezza dei profeti, la pietà dei poveri fiduciosi nel Signore. E’ Lei il fiore più bello di Israele, il giglio delle nostre vallate, l’aurora che annuncia il giorno di Dio, la stella del mare che indica una meta ed un porto a quanti sono smarriti nella tempesta.

Oltre alla venuta storica di Cristo, nato a Betlemme nell’umiltà della nostra carne, morto e risorto a Gerusalemme quando era governatore della Giudea Ponzio Pilato, vi è una venuta intermedia del Signore nella ordinarietà della vita quotidiana: “Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap. 3, 20).  Cristo viene a noi nell’oggi della salvezza attraverso i sacramenti, in particolare l’Eucaristia, preludio del banchetto messianico della fine dei tempi, viene a noi nella Sacra Scrittura e nell’ascolto della sua Parola, ci raggiunge e ci scuote anche negli imprevisti delle nostre vicende terrene. Ogni giorno attendiamo il Signore, come si attende il ritorno di un figlio o il passaggio ospitale di una persona amica.

Gesù, il figlio di Dio verrà anche alla fine dei tempi: prima di tutto alla fine del nostro tempo terreno, chiamati ad un incontro con Lui, quando valuteremo alla luce della Sua misericordia e del Suo perdono tutta la nostra personale vicenda terrena; verrà poi con la sua Parusia, con il suo avvento glorioso alla fine di questo mondo terreno, per instaurare definitivamente il Suo regno, perché è Lui l’alfa e l’omega, il principio, il centro e la fine di tutta la storia.

Vorrei illustrare questa attesa di Gesù che è venuto nella storia, che viene con la sua grazia nella vita quotidiana per prepararci alla sua definitiva venuta alla fine del nostro tempo, con una vibrante poesia di Clemente Rebora (1885-1957), posta al termine della sua raccolta poetica “Canti anonimi”, pubblicata nel 1922, anni prima della sua conversione per così dire ufficiale alla fede cristiana nel 1929, e del suo ingresso nella congregazione fondata da Antonio Rosmini (1930) e della sua ordinazione sacerdotale (1936).

La poesia è ritenuta uno dei più alti canti religiosi della letteratura del Novecento. L’autore è chiuso in una stanza pressoché buia, ma tutto il suo corpo è in tensione interiore (teso è un aggettivo particolarmente caro a Rebora) per un evento, per l’arrivo misterioso di Qualcuno. Egli pertanto, come le vergini sagge del Vangelo che attendono lo sposo, “vigila l’istante”. Nel buio della stanza, simbolo della sua inquietudine interiore, balena una luce (“nell’ombra accesa”); gli pare che il campanello della porta emetta un suono impercettibile, ma profumato e fecondo come il polline, creatore di vita (“un polline di suono”); lo spazio della sua stanza si dilata con stupore come un deserto senza confini. Eppure – e lo ripete tre volte – non aspetta nessuno di questo mondo, ma ha il presentimento che Qualcuno verrà davvero nella sua vita.

L’Ospite verrà (lo ripete sei volte nella seconda parte della poesia), se egli sarà capace di resistere nell’attesa e sboccerà come un fiore nella sua anima: era dunque Lui che spandeva un polline di suono. Sarà un incontro misterioso ed improvviso, che porterà il perdono e la vittoria sul peccato e sulla morte, il tesoro della grazia e dello Spirito, il ristoro umanamente impensabile della sua sofferenza e di quella di Cristo stesso crocifisso.

Verrà dunque, ma forse è già lì con il suo “bisbiglio”, con il suo invito a captare la sua leggerissima voce con il raccoglimento ed il silenzio interiore.

Dall’immagine tesa

vigilo l’istante

con imminenza di attesa –

e non aspetto nessuno:

nell’ombra accesa

spio il campanello

che impercettibile spande

un polline di suono –

e non aspetto nessuno:

fra quattro mura

stupefatte di spazio

più che un deserto

non aspetto nessuno.

Ma deve venire,

verrà, se resisto

a sbocciare non visto,

verrà d’improvviso,

quando meno l’avverto.

Verrà quasi perdono

di quanto fa morire,

verrà a farmi certo

del suo e mio tesoro,

verrà come ristoro

delle mie e sue pene,

verrà, forse già viene

il suo bisbiglio.

E’ davvero una bella poesia che stimola a “vigilare l’istante”, ossia ad una intensa vita interiore, perché il Signore viene realmente.

Ma senza questo atteggiamento spirituale la venuta storica di Gesù nel Natale, la sua venuta nella Grazia e nell’imprevisto lieto o triste della vita quotidiana, la sua venuta gloriosa alla fine del nostro tempo e della storia non vengono avvertite e rimangono solo un avvenimento esterno che non commuove e non interessa. Non avvenga per noi che la porta del nostro cuore rimanga chiusa per l’Ospite che tocca il campanello della nostra anima e spande un “polline di suono” invitandoci ad accoglierLo!


*Assistente Ecclesiastico Nazionale AIMC



 

 




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