giovedì 24 marzo 2022

EDUCAZIONE FINANZIARIA A SCUOLA


PER COMBATTERE LE DISEGUAGLIANZE

 -         di PIETRO SACCÒ

 Quando era all’inizio della sua esperienza alla guida del Comitato Educazione Finanziaria, al ministero dell’Economia, Annamaria Lusardi registrò dei video su cinque consigli di educazione finanziaria di base. «Cose semplici, come “abbi cura dei tuoi soldi” o “informati bene”... Quando finimmo di girare, il cameraman che filmava mi disse: “Professoressa, lo sa che se mi avessero dato questi consigli anni fa avrei fatto scelte diverse”? È un episodio che mi ha colpito ed entusiasmato. Mi ha ricordato ancora una volta quanto sia importante parlare di soldi, perché in Italia non lo si fa mai» racconta oggi Lusardi, che oltre a guidare il Comitato Edufin dirige il Global Financial Literacy Excellence Center dell’Università di Washington.

 Con la Global Money Week iniziata lunedì l’Ocse punta a migliorare la preparazione finanziaria dei giovani. Che progressi possiamo aspettarci?

La GMW è una grande idea dell’Ocse, che ha cominciato a parlare di educazione finanziaria nel 2005, e una straordinaria occasione globale che si rivolge ai giovani e coinvolge quasi 200 Paesi. Il messaggio “Costruisci il tuo futuro. Gestisci bene i tuoi soldi” è semplice e profondo. I giovani sono il gruppo più indebolito dalla pandemia e ora si trovano davanti le scene di questa guerra orrenda. Il futuro è dei giovani e dobbiamo dare loro gli strumenti per costruirlo. Anche gli strumenti finanziari. In Italia siamo poco abituati a parlare di denaro ma l’interesse sta crescendo e abbiamo avuto una bella risposta dalle scuole: l’anno scorso erano stati organizzati 80 eventi per la GMW, quest’anno siamo a 200.

 A che punto è l’ingresso dell’educazione finanziaria nei programmi scolastici?

C’è una legge in discussione che propone di inserirla nel programma di educazione civica. Sarebbe importantissimo e quella è la collocazione ideale. L’educazione finanziaria a scuola è una questione di equità, di lotta alla povertà, di crescita inclusiva. Oggi in tutto il mondo i dati Ocse Pisa ci dicono che i giovani che hanno buone conoscenze finanziarie di base vengono da famiglie ricche e hanno ricevuto queste competenze dai genitori. Portare l’educazione finanziaria a scuola significa “democratizzarla”, offrire competenze sulla gestione del denaro a chi non le ha. Abbiamo già preparato linee guida per formare i docenti su che cosa insegnare, abbiamo avviato i primi progetti pilota nelle scuole.

 Spesso l’educazione finanziaria è considerata un tema “da ricchi” o da “consulenti finanziari”...

Questo è un pregiudizio sbagliato, figlio di questa situazione per cui in Italia parlare di denaro non è considerato qualcosa di normale. Conoscere le basi della finanza personale non rende ricchi, ma protegge dalle crisi e aiuta a fare scelte migliori per il proprio benessere. Abbiamo davanti tempi più difficili di quelli a cui eravamo abituati. La vita lavorativa dei giovani è più incerta, abbiamo una demografia problematica, Stati molto indebitati. Le crisi si susseguono e aumentano i rischi. Ogni crisi colpisce con più durezza chi non era preparato, chi non aveva messo nulla da parte, chi aveva fatto scelte finanziarie sbagliate. Il mondo si fa più complesso e occorre sapersi adeguare. Altrimenti ogni volta restano indietro i più fragili, spesso le donne.

E questi non sono temi da consulenti finanziari: non bisogna insegnare la pratica della finanza, che tra l’altro cambia molto rapidamente, ma i principi di base. Fin da piccoli i cittadini devono imparare a prendere le decisioni giuste per il loro futuro.

L’Italia è sempre un caso particolare: un Paese di risparmiatori con una scarsa conoscenza delle basi della finanza.

Sì, era una situazione che poteva andare bene quando il mondo era più semplice. Oggi le crisi aiutano a vedere il costo dell’ignoranza, che è altissimo. Pensiamo a quei risparmiatori che avevano messo tutti i risparmi nelle obbligazioni finanziarie delle banche liquidate qualche anno fa. Non dico che l’educazione finanziaria li avrebbe salvati, ma si sarebbero fatti qualche domanda in più.

 Con queste premesse non le fa un po’ paura vedere la promozione del trading sulle criptovalute nel calcio e nella F1?

Purtroppo, è sempre stato così. Nel 1928 negli Stati Uniti i tassisti chiacchieravano dell’andamento di Wall Street e poi abbiamo avuto il ‘29… Quando persone impreparate intervengono nei mercati è pericoloso. Dobbiamo stare attenti al concetto di inclusione finanziaria, perché gli strumenti finanziari sono pericolosi. Le criptovalute hanno una volatilità elevatissima, c’è chi si arricchisce e chi perde tutto. Io sarei per abolire l’espressione “giocare in Borsa”, perché la Borsa non è un gioco ed è pericoloso pensare di poterci giocare. Ma è pericoloso anche il conto corrente che oggi dà zero rendimenti con un’inflazione al 6%, perché in finanza il valore reale degli investimenti è più importante di quello nominale. Per imparare queste cose, però, occorre un po’ di educazione finanziaria.

 www.avvenire.it

 

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