domenica 17 ottobre 2010

EDUCAZIONE, basta con la finta neutralità

Dalla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani -
D’Agostino: il relativismo non detti legge a scuola


Il presidente dell’Unione cattolica dei giuristi italiani: c’è una tendenza che minaccia la scuola, sempre più in bilico tra tecnicismo e arbitrio dei singoli docenti


  di PAOLO VIANA

L’ emergenza educativa viene da lontano ma investe la scuola e le impone un cam­biamento di rotta. Ne è convinto Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Cattolica dei Giuristi Ita­liani, docente e presidente onorario del comitato nazionale di bioetica, che definisce la Settimana Sociale «un’occasione preziosa», ma sottoli­nea al contempo la latitanza del mon­do laico, ancora condizionato da bat­taglie laiciste che gli impediscono di cogliere l’opportunità di un dibattito serio con i cattolici sul tema educati­vo. Sullo sfondo la sfida educativa si intreccia con la questione antropo­logica e con l’avanzare del relativi­smo.
L’emergenza educativa entra prepo­tentemente nell’agenda di Reggio Calabria, come 'il tema pubblico per eccellenza'. Ci sono le risorse per su­perarla?
Esiste indubbiamente un’emergenza di carattere empirico della scuola i­taliana, che deriva da difficoltà di or­dine economico e istituzionale, ma c’è un altro tipo di emergenza che ha ben poco a che vedere con le risorse che sono destinate alla scuola e con la capacità dell’istituzione scolastica di organizzarsi in modo moderno e adeguato. È il problema della crisi va­loriale che attraversa anche la scuola e che raccorderei al relativismo su cui da tempo il Papa porta l’attenzione. Un aspetto che in ambienti non cattolici conti­nua a suscitare imbarazzo quan­do non addirittu­ra disinteresse.
Qual è l’impatto del relativismo sulla scuola ita­liana?
La cultura relati­vista continua a porre il tema del­la libertà - tema malposto - come se la formazione della libertà do­vesse passare at­traverso una for­mazione al rela­tivismo e il risul­tato di quest’o­perazione non può che essere rovinoso perché o la scuola si appiattisce sul tecnici­smo oppure cade in mano all’arbitrio dei singoli docenti che portano a­vanti, ciascuno, la propria visione del mondo, disconoscendo anche la pos­sibilità di portare i propri valori su un piano di universalità, in quanto il re­lativismo resta chiuso nel suo oriz­zonte particolare. Questo è un tema immenso su cui una grande discus­sione pubblica ancora non si è a­perta. Ad ecce­zione dei cattoli­ci, che si impe­gnano molto su questo terreno, ci sono state solo innumerevoli ge­remiadi, poco consapevoli del retroscena cultu­rale della crisi della scuola.
La sfida educati­va, però, va ben oltre i banchi di scuola...
Ma si radica pri­ma di tutto nel­l’esperienza sco­lastica perché quando nella scuola manca un orientamento ai valori - e non parlo di valori confessionali, ma di va­lori umani fondamentali - e si pensa che la 'neutralità' debba essere la stella polare dell’istruzione pubblica, i giovani, nel momento in cui esco­no dal contesto scolastico per im­mettersi in qualsiasi ambito profes­sionale, portano con sé questo tarlo. La vicenda del crocifisso nelle scuo­le, ancora aperta a livello europeo, è emblematica. Le ripetute pressioni a togliere il crocifisso - e non per evita­re favoritismi confessionali, ma ne­gando quei valori umani profondi di cui il crocifisso è simbolo - devono preoccupare tutti.
Perché, allora, un evento come le Set­timane Sociali non innesca quel di­battito nazionale di cui c’è tanto bi­sogno?
Le Settimane sono preziosissime per­ché inducono i cristiani a prendere consapevolezza dell’essenzialità di questi temi, cioè fanno parte di un continuo processo di evangelizzazio­ne che non è solo catechesi ma as­sunzione di responsabilità: il cristia­no non può tirarsi fuori dal mondo in quanto crede che il messaggio di Dio debba sempre esservi incarnato. Ma le Settimane sono anche una provo­cazione per la cultura non cristiana. Peccato che quest’ultima cerchi ogni occasione per non lasciarsi provoca­re e tirarsi fuori dal confronto con le istanze sociali dei cristiani. Questo non ci induca tuttavia alla rassegna­zione. Sant’Antonio da Padova quan­do non trovò i fedeli in chiesa andò sulla riva del mare e fece la predica ai pesci: salirono tutti a sentirla. I semi che lanciamo saranno raccolti.

da Avvenire, 17.10.2010  pag.5

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