VEDE NEL SEGRETO
1In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 2Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente.
In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 5E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
6Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 16E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Il
“giusto” ebreo le pratica con convinzione, come azioni segnate da bontà, ma
resta vero che in qualsiasi comportamento religioso tutto può corrompersi: noi
umani sappiamo infatti pervertire le azioni buone in azioni animate da altre
intenzioni, oppure segnate da uno stile non adeguato a esse, e quindi finiamo
per compiere opere perverse.
La
verità delle nostre azioni apparirà solo nel giudizio, quando Dio manifesterà
anche i pensieri del nostro cuore. Praticare l’elemosina, cioè, condividere i
beni con sentimenti di misericordia e compassione per i bisognosi, è giustizia
secondo i sapienti di Israele (cf. Sir 3,30), vale quanto i sacrifici offerti a
Dio (cf. Sir 35,4), perché chiudere il cuore a chi è nel bisogno fa chiudere a
Dio il cuore verso chi non vede il fratello o la sorella nella sofferenza. Fare
l’elemosina – dicevano ancora i sapienti – significa ottenere da Dio la
remissione dei peccati (cf. Tb 12,9). Gesù conferma questa prassi ma mette in
guardia da ogni ostentazione: non c’è nessuna ragione per farsi vedere nel
compiere il bene! Occorre invece più che mai la fede in un Dio che è Padre, il
quale vede ciò che noi facciamo senza calcoli e nel nascondimento, e gradirà il
nostro operare.
Lo
stesso atteggiamento Gesù lo richiede nella preghiera. C’è una preghiera
pubblica per il popolo di Dio, l’assemblea liturgica, ma anche in essa c’è uno
stile proprio del discepolo di Gesù.
Innanzitutto,
deve essere una preghiera semplice, sobria, convinta, seria. Non occorrono
preghiere interminabili, lunghe, quasi che Dio richiedesse di essere adulato,
pregato, “affaticato” come pensano e fanno i pagani. Anche la religiosità dei
cristiani è giudicata dalla loro fede, che la norma e la purifica
costantemente. Non bisogna dunque ostentare una propria devozione in mezzo agli
altri, inginocchiandosi quando tutti stanno in piedi, o stando in piedi quando
gli altri stanno seduti, e neppure mettersi a pregare in luoghi pubblici
(crocicchi, angoli delle piazze), magari sgranando la corona del rosario. Così
facendo, si caricatura la preghiera cristiana! Ecco allora la necessità di
verificare la qualità della preghiera comune, fatta nell’assemblea liturgica,
con la preghiera personale, nella propria camera, nella propria cella, nel
segreto e nell’intimità del faccia a faccia con Dio. Sì, Dio vede, e questo
deve bastare.
Digiunare
Così
è anche per il digiuno, una pratica essenziale alla vita spirituale, per
imprimere in tutta la nostra persona, corpo e spirito, che “non di solo pane
vive l’uomo” (Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4), per imparare a sottomettere bisogni e
pulsioni, per esercitarsi a dire no alle tentazioni; ma se facciamo digiuno per
essere ammirati nella nostra virtù, anche il buon contenuto di questa azione si
corrompe.
Inizia
la quaresima, e i quaranta giorni che ci stanno davanti richiedono la pratica
di queste tre esigenze spirituali. Siamo però vigilanti: se, per esempio,
facciamo digiuno ma poi diventiamo nervosi, aggressivi, non più miti e gioviali
con quanti ci stanno vicino, meglio non digiunare. Tutto ciò che facciamo –
elemosina, preghiera, digiuno – o ci aiuta a essere più capaci di amore o,
altrimenti, non va praticato, perché l’amore, la carità è il télos, lo scopo di
ogni legge e disciplina. Siamo discepoli di Gesù, che praticano il comandamento
nuovo e definitivo dell’amore reciproco (cf. Gv 13,34; 15,12), non discepoli di
un maestro spirituale che ci ha insegnato solo discipline e metodi per una vita
morale!
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