-ACCENDIAMO
NEI NOSTRI RAGAZZI
IL FUOCO DEL DESIDERIO-
-
- di Massimo Recalcati
Piuttosto
vorrei interrogarmi sulla matrice più profonda di questo disagio, ovvero sul
rapporto tra le nuove e le vecchie generazioni. Secondo una opinione divenuta
comune la causa principale di tutta questa sofferenza, ben al di là del Covid,
si deve rintracciare nel carattere disossato dei nuovi genitori che si
rivelerebbero del tutto incapaci di assolvere il loro compito educativo.
Una
eccessiva preoccupazione di essere amati – che anche personalmente ho più volte
segnalato come un sintomo specifico della genitorialità ipermoderna – li rende
incapaci di sopportare il conflitto che anima inevitabilmente il rapporto tra
generazioni differenti. L’accusa si rafforza diventando una sentenza morale: è
il carattere smidollato dei genitori contemporanei, sempre troppo preoccupati a
risparmiare ai loro figli il duro impatto con una realtà sempre più precaria, a
determinare l’estrema fragilità di questi ultimi.
Ne
consegue che la sola possibilità di uscire da questa evidente condizione di
crisi sarebbe il ripristino dell’autorità educativa delle vecchie generazioni.
Ma in realtà si tratta di un ideale di restaurazione che appare tanto più
disperato quanto sempre più irrealizzabile e che, non a caso, ispira la
politica della famiglia e della Scuola del nostro attuale governo.
Condannare
le nuove famiglie e la Scuola di disertare il loro compito educativo è tanto
facile quanto inutile perché da questa crisi non se ne può uscire rievocando
nostalgicamente i valori perduti della tradizione. Innanzitutto perché questi
valori, prima della più che legittima contestazione del ’68, non offrivano
affatto un modello pedagogico positivo.
Tutt’altro:
il sequestro della parola, l’abuso di potere, la discriminazione sociale,
l’annullamento del pensiero critico, una concezione solo correttiva e punitiva
del processo educativo, non mi sembra che possa essere impugnati oggi come
punti di riferimenti ideali. Lo sguardo rivolto solo all’indietro non può mai
essere in grado di abitare generativamente l’avvenire.
Se
analizziamo in modo sintetico le forme prevalenti del disagio psichico delle
nuove generazioni colpisce il denominatore clinico che a mio giudizio le
accomuna. Si tratta della fatica diffusa ad accendere il proprio desiderio.
Strano vero? In un tempo come il nostro che ha sdoganato il piacere da ogni
forma di reticenza, di pudore e di morbosità morale, il desiderio non si
espande ma tende ad appassire.
E’
un paradosso epocale: l’acquisizione di una libertà di massa inedita non
favorisce la presenza del desiderio ma genera la sua tendenziale estinzione.
Com’è possibile? Perché le nuove generazioni fanno sempre più fatica a
desiderare?
Una
prima risposta riguarda il rapporto del desiderio con la Legge. Più la Legge
evapora più il desiderio perde il proprio slancio poiché, come ricordava Paolo
di Tarso, il desiderio trae la sua spinta trasgressiva proprio dall’esistenza
della Legge. Ma anche questa risposta resta ai miei occhi in superficie. In
realtà, ed è un problema che lo stesso Paolo si pone, una Legge che si
limitasse a contenere il desiderio verrebbe meno al proprio compito, il quale
non è tanto quello di interdire il desiderio, ma di renderlo umanamente
possibile!
Il
problema centrale delle nuove generazioni è, infatti, quello di non riuscire
più a cogliere nel desiderio il senso più profondo della Legge. Nella
tradizione biblica e in quella psicoanalitica questo senso si chiama
“vocazione”. In questa luce il desiderio non appare come antagonista della
Legge ma diviene esso stesso Legge. Sicché il desiderio non è più in una
contrapposizione morale al dovere, ma assume la forma più pura del “vero
dovere”. E non è forse questo ciò che salverebbe la vita dei nostri figli?
Essere animati da una vocazione che rende il loro desiderio la forma più alta
del loro “vero dovere”? Nondimeno, affinché questo sia possibile è necessario
che i nostri figli trovino testimonianze incarnate di questa possibilità – fare
del proprio desiderio un dovere - nelle vecchie generazioni.
La
cui responsabilità allora non sarebbe tanto quella di essere incapaci nel fare
valere l’autorità della Legge, quanto piuttosto nel non riuscire a dare
testimonianza credibile del loro stesso desiderio. Di cosa ha necessità un
figlio se non nel vedere che vi sia qualcuno che sa vivere su questa terra
facendo del desiderio il proprio dovere? Si tratta, allora, per i nuovi
educatori di non farsi tanto rappresentati della Legge che disciplina il
desiderio, ma nel portare con sé il fuoco del desiderio. E’ quello che accade
ne La strada di Cormac Mc Carthy: i “buoni”, di cui i nostri figli smarriti
hanno bisogno, sono coloro che sanno ancora portare il fuoco grazie al quale la
vita può essere accesa.
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