Caritas-Migrantes
Sono
oltre 5 milioni e 300 mila i cittadini stranieri residenti in Italia (+3,2%
rispetto allo scorso anno), oltre 200 mila di loro hanno conseguito la
cittadinanza lo scorso anno e in media rappresentano il 9% della popolazione
residente in Italia. Questi alcuni dei macro-dati che emergono dalla XXXIII
edizione del Rapporto Immigrazione realizzato da Caritas Italiana e Fondazione
Migrantes presentata il 16 ottobre a Roma, e che analizza e rielabora i dati
disponibili sul fenomeno migratorio. Un’edizione che è stata integrata da 4
ricerche inedite, frutto delle reti territoriali dei due organismi pastorali
della Conferenza episcopale italiana su lavoro, scuola e appartenenza
religiosa.
Cittadinanza:
aumentano tra i nuovi italiani i neomaggiorenni nati in Italia
Tra
coloro che hanno conseguito la cittadinanza lo scorso anno, un dato in linea
con gli anni precedenti, prevale la modalità di acquisizione “altro” (46,1%)
rispetto alla residenza continuativa (45,1%) e al matrimonio con un/a
cittadino/a italiano/a (8,8%). Si tratta prevalentemente dei neomaggiorenni
nati in Italia.
Lavoro:
cresce occupazione, accanto però ad abbandono scolastico e “working poor”
Lo
scorso anno il tasso di occupazione dei lavoratori non-Ue si è avvicinato
maggiormente (60,7%) a quello della totalità dei lavoratori (61,5%). Tra il
2019 e il 2023, la domanda di lavoratori immigrati è aumentata
significativamente e la quota di lavoratori stranieri sulle assunzioni totali è
salita dal 13,6% del 2019 al 19,2% del 2023. I servizi sono l’ambito che ne
assorbe di più, e in cui l’aumento delle assunzioni è stato nell’ordine del
58,9%, in particolare, nel settore della cura alle persone e del lavoro
domestico (10,6% delle attivazioni). In generale, però, le attivazioni che
hanno riguardato i cittadini stranieri sono state come “personale non
qualificato”, inoltre, le donne presentano tassi occupazionali inferiori a
quello delle italiane e degli stessi lavoratori stranieri e un tasso di
disoccupazione più elevato.
Il tasso di occupazione più alto è tra i giovani non comunitari (42%), seguito
dai comunitari (38,6%) e dagli italiani (34%). Ma non si tratta necessariamente
di un dato incoraggiante: si ricollega, almeno in parte, all’alto tasso di
abbandono scolastico (quasi un terzo di loro, lascia prematuramente la scuola,
tre volte di più rispetto ai giovani italiani).
A proposito della fragilità di chi un lavoro lo possiede, i dati raccolti
attraverso i Centri d’ascolto e i servizi Caritas, ci dicono che quasi uno
straniero su quattro che chiede assistenza è un lavoratore povero (working
poor, 28,1%) e che in presenza di difficoltà ad accedere alle misure
governative di contrasto alla povertà il supporto familistico e informale è
ancora la strategia di resilienza alle situazioni di difficoltà economica più
resistente e probabilmente ritenuto più affidabile dai migranti in Italia.
Secondo i dati dei Centri d’ascolto e dei servizi Caritas è risultato
percettore di RdC (Reddito di Cittadinanza, poi sostituito dall’AdI – Assegno
di Inclusione) il 27,2% delle famiglie italiane, a fronte del solo 7,2% di
quelle immigrate, soprattutto per l’imposizione del requisito normativo dei 10
anni di residenza.
Scuola
e cultura hip-hop: contraddittori spazi di integrazione
Il
totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico
2023/2023 è di quasi 915 mila, e la percentuale dei nati in Italia cresce
sempre più fino ad arrivare al 65,4%. Tra le principali difficoltà si segnalano
la ridotta frequenza della scuola dell’infanzia; il ritardo scolastico; la
difficoltà nel completamento e proseguimento degli studi; l’abbandono
scolastico, in particolare dopo la scuola secondaria di primo grado.
Il fenomeno migratorio è mal rappresentato nei libri di testo scolastici.
Secondo una delle ricerche inedite del Rapporto, nei libri di scuola mancano
riferimenti al ruolo che delle ong o delle associazioni laiche o religiose nei
processi di integrazione dei migranti sul territorio; e alle difficoltà, degli
ostacoli burocratici, normativi che i migranti devono affrontare per
soggiornare regolarmente in Italia, acquisire diritti e obblighi formali.
L’impatto dei doposcuola diocesani nel supporto alla didattica dei minori
stranieri, già strutturato in particolare nel periodo della pandemia, è stato
pressoché mantenuto e nel 36% dei casi anche ampliato sia nella tipologia dei
destinatari (giovani con un’età media più elevata e maggiore partecipazione
delle ragazze), sia per il tipo di supporto offerto.
La relazione del mondo hip-hop con il tema della cittadinanza e dei “nuovi
italiani” è un indicatore. Musica e stili di vita legati a questa cultura molto
diffusa tra i giovani sembrano cogliere meglio di altri settori l’evoluzione
della società, con una reciproca contaminazione sul piano multiculturale e
multilinguistico che, pur fra molte contraddizioni, si rivela uno strumento
educativo.
Appartenenza
religiosa: il ruolo dei cattolici immigrati in Italia
All’inizio del 2024 i cristiani tornano ad incidere sul totale della
popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei comuni italiani per il 53,0%
sul totale, mantenendo il proprio ruolo di maggioranza assoluta; quello di
maggioranza relativa passa per molto poco ai musulmani, col 29,8% d’incidenza
(1 milione 582 mila). Nella pratica religiosa comunitaria il ruolo dei
cattolici immigrati – consacrati e laici, provenienti da Paesi extra-europei e
in massima parte più giovani rispetto agli autoctoni – appare fondamentale,
sebbene ancora oggi non pienamente espresso, anche a causa del perdurare di
alcuni stereotipi sull’immigrazione.
“Spesso
assistiamo al perdurare di un approccio orientato soltanto all’emergenza –
scrive in apertura del volume il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e
Presidente della CEI – che trascura promozione e integrazione: dimentichiamo
che l’immigrazione, se ben gestita, può essere una risorsa per la società”. Per
il Card. Zuppi, “l’eccessiva politicizzazione del fenomeno migratorio, fondata
sulla ricerca del consenso e sulle paure, impedisce la creazione di un sistema
di accoglienza autentico e non opportunistico. Ed è invece di questo che
abbiamo bisogno, per la sicurezza reciproca, di chi parte e di chi accoglie”.
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