- di Antonio Longo
Viviamo tempi di cambiamento epocale, per dirla con Papa Francesco, che mettono in discussione concetti consolidati di appartenenza. Parole “forti” come identità e patria si confrontano con fatti che mettono in discussione antiche certezze.
Di
fronte alla pandemia molti si sono sentiti contemporaneamente “genere umano”
oltre che italiani, europei, americani o cinesi, Dipende da come è vissuta e
affrontata la minaccia esterna. Se la risposta è “siamo tutti nella stessa
barca” e vogliamo dare una risposta collettiva (ad esempio, con uno sforzo
comune per finanziare la ricerca per il vaccino, come propose Ursula Von
der Leyen) allora emerge l’idea che l’identità nazionale non è più esclusiva,
ma che accanto ad essa ci può essere anche una “identità europea”, l’unità
nella diversità.
Se
invece la risposta è “prima i nostri”, come sta succedendo in America, allora
si mettono in moto meccanismi politici e psicologici che tendono a delimitare
in modo netto ed esclusivo le diverse identità nazionali, etniche e culturali.
È
la risposta politica ai problemi che poi determina, nel lungo termine, i
sentimenti di appartenenza di ciascuno. Se noi ci definiamo italiani, francesi
o tedeschi è perché, dopo alterne vicende storiche, sono stati costruiti gli
stati dell’Italia, della Francia o della Germania, prima dei quali ci
definivamo semplicemente lombardi o siciliani, provenzali o alsaziani, bavaresi
o prussiani. Aggiungendo poi che ci si identificava nella comune religione
cristiana.
Abbiamo la fortuna di vivere il tempo in cui i concetti d’identità (e di patria) si vanno trasformando. L’integrazione sociale ed economica tra gli individui è sempre più in estensione, al di la degli stati-nazione. In Europa questa esperienza ha già creato una società europea de facto, con regole e istituzioni comuni in campo economico e politico.
Tante
identità, tutte diverse, ma tutte valide. Se non le mettiamo in
contrapposizione arricchiscono la nostra esperienza umana, anziché ridurla. E
ci consentono di affrontare i problemi del Mondo – quelli che ormai decidono
della nostra esistenza su questo pianeta – con una prospettiva diversa, quella
della ricerca dell’unità, nella molteplicità delle nostre differenze. Dunque,
ciascuno di noi possiede tante identità culturali, quante sono le esperienze di
vita che percorre.
Un tempo erano le guerre a creare gli Stati e le Patrie. Il processo di unificazione europea sta creando, con la pace e la democrazia, il senso di appartenenza a una comunità di popoli, diversi, ma che possono essere uniti attraverso ciò che il filosofo e sociologo tedesco Juergen Habermas chiama il “patriottismo costituzionale”.
È una costituzione materiale comune che crea,
nel tempo, l’idea di una patria sovrannazionale.
Pubblicato
da Il Lettore di VareseNews
Nessun commento:
Posta un commento