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lunedì 27 maggio 2024

INTRAPRENDENZA, UNA "VIRTU'" CHE FA CRESCERE

             Educare

ed 

educarsi all’intraprendenza 


-di Adriano Fabris

 

Voler fare tutto nuovo, è certamente una virtù. Ma lo è solo se non si coltiva l’illusione che sia possibile svincolarsi del tutto da quei limiti che definiscono la propria vita. È questo che dobbiamo insegnare ai nostri giovani.

 Per noi esseri umani, tuttavia, cominciare da zero non è possibile. Infatti, il passato ci vincola ben più di quanto pensiamo. E, in parallelo, il futuro ci sfugge, ben al di là delle nostre intenzioni. Così l’intraprendenza, come volontà di rompere con una situazione di fatto, si scopre, da una parte, pur sempre condizionata da ciò che siamo stati e dal contesto in cui viviamo e, dall’altra parte, inserita nell’orizzonte ben preciso di ciò che concretamente possiamo fare. In una parola: l’intraprendenza, il voler fare tutto nuovo, è certamente una virtù. Ma lo è solo se non coltiviamo l’illusione che sia possibile svincolarci del tutto da quei limiti che definiscono la nostra vita.

 La consapevolezza di tali limiti rende prudente chi vuol esercitare l’intraprendenza. Ma mentre la capacità d’intraprendere qualcosa di nuovo è una predisposizione naturale, a cui solo in parte si può educare, così non è per quella prudenza che può accompagnarla. Intraprendenti, infatti, sono coloro in grado di sopportare, e magari di amare, il rischio della novità: condottieri, esploratori, creativi. Essi vogliono andare oltre i limiti imposti da una certa situazione. La prudenza, invece, permette di contenere l’attitudine al rischio, e perciò di renderla feconda. Chi, dunque, coniuga intraprendenza e prudenza lo fa per rendere stabile la novità che intende conseguire. Il condottiero coraggioso, se vuole vincere, non può essere temerario. E dunque superare i limiti non vuol dire dimenticarli. Significa sapere che si ripresenteranno e che, rispetto a ciò, sarà necessario trovare un punto di equilibrio.

 Questo, appunto, si può insegnare. Si può insegnare la prudenza. Si può insegnare che esistono limiti e che con essi, per realizzare qualcosa che sia non solamente nuovo, ma guadagnato stabilmente, bisogna pur sempre fare i conti.

 Certo: insegnare ai nostri ragazzi, intraprendenti per natura, il senso del limite non è affatto facile. A loro piace il rischio, piace l’avventura. Perché, nella pienezza di vita che li caratterizza, è facile che si sentano quasi onnipotenti. Cominciare da zero è la loro intenzione, più o meno consapevole; sfidare chiunque voglia sottometterli a regole è una costante tentazione. L’avventura diventa un’abitudine: magari per sfuggire alla noia di un’esistenza fin troppo garantita e coccolata.

 Come educare dunque la loro intraprendenza? Come far loro capire che l’intraprendenza diventa feconda, produttiva, solo se tiene conto fin dall’inizio dei limiti ai quali andranno incontro? Ricette universali non ne esistono. Vale, anche in questo caso, l’esperienza che ognuno, genitore o amico, ha fatto: purché sia capace di ascoltare, non solamente d’imporre regole che rischiano di essere immediatamente disattese o infrante.

 Come comportarsi, allora? Per chi fa dell’intraprendenza la sua bandiera ciò che risulta semplicemente imposto – ben lo sappiamo – è un incitamento alla trasgressione. Invece, se delle regole facciamo comprendere il senso, forse allora riusciamo insieme a far capire che anche la volontà di rendere tutto nuovo è qualcosa che si realizza solo in un contesto relazionale: in una relazione con gli altri, con il mondo in cui si vive, con le speranze e i progetti da realizzare. E che in questo contesto emergono non solo i limiti che il nostro agire è destinato a sperimentare, ma anche la possibilità di oltrepassarli.

 Ben lo sanno gli audaci. Sanno, cioè, che la fortuna aiuta la loro intraprendenza. Ma sanno anche che la fortuna va conquistata e tenuta saldamente in mano. E che ciò avviene solo grazie a un esercizio di prudenza. Ai nostri ragazzi questo va detto. Affinché torni loro in mente quando, magari, vogliono compiere un sorpasso azzardato.          

  

Parole da meditare. Intraprendenza

 

-           di Enzo Bianchi

 

Nei vangeli la virtù dell’intraprendenza assume molti volti: è l’audacia profetica di Gesù che scaccia i venditori dal tempio (cf. Mc 11,15-19 e par.; Gv 2,14-22); è il coraggio risoluto con cui egli persegue il suo cammino verso Gerusalemme, raccogliendo tutte le sue forze per affrontare le difficoltà che lo attendono (cf. Lc 9,51); è la franchezza di fronte alla quale anche i suoi avversari sono costretti ad ammettere che egli «non ha soggezione di alcuno, perché non guarda in faccia a nessuno, ma insegna la via di Dio secondo verità» (cf. Mc 12,14 e par.). Ma tutti questi elementi sono approfonditi e riassunti dal «bel rischio» della fede di cui parla Clemente di Alessandria (Protrettico X,93), riprendendo un’espressione di Platone.

La bellezza di questo rischio trova la sua attestazione degna di fiducia nel rischio che Gesù stesso ha vissuto, spendendo la sua esistenza nella dedizione a Dio e agli uomini, cioè «amando fino alla fine» (cf. Gv 13,1), anche a costo di subire una morte ingiusta e vergognosa. È solo con l’autorevolezza propria di chi ha vissuto in questo modo che egli ha potuto chiedere: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34 e par.). Sono parole che, nella loro paradossalità, hanno un significato semplice e netto: chi vuole essere realmente discepolo di Gesù deve smettere di considerare se stesso come misura di ogni cosa; deve rinunciare a difendersi e accettare di portare lo strumento della propria condanna a morte; deve uscire dai meccanismi di autogiustificazione e abbandonarsi totalmente al Signore. Solo chi accetta di fare questo può conoscere Gesù Cristo e cogliere se stesso in lui, intraprendendo così un cammino di vita piena e felice.

 La miglior interpretazione di queste esigenze la fornisce lo stesso Gesù, commentandole con l’affermazione che costituisce il vero fulcro della «differenza cristiana»: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35 e par.).

 Ma noi cristiani siamo ancora convinti che vale la pena perdere la vita per Gesù Cristo? Ovvero: crediamo che il suo amore vale più della vita (cf. Sal 63,4), che solo a motivo di questo amore trovano senso anche le fatiche e le contraddizioni della vita? Ecco l’intima verità del Vangelo, ecco in cosa consiste la vera audacia, la vera intraprendenza: perdere la nostra vita per amore di Gesù Cristo è ciò che può giustificare ogni nostra rinuncia, è la vera beatitudine possibile già qui e ora, nella nostra vita umanissima. Ma se non comprendiamo questo, possiamo ancora dirci cristiani?


  SPIRITO DI INIZIATIVA E INTRAPRENDENZA

PERCORSI EDUCATIVI

Lo Spirito di iniziativa e intraprendenza è la competenza su cui si fonda la capacità di intervenire e modificare consapevolmente la realtà.

Ne fanno parte abilità come il sapere individuare e risolvere problemi, valutare opzioni diverse, rischi e opportunità, prendere decisioni, agire in modo flessibile e creativo, pianificare e progettare.

Anche in questo caso, l’approccio per discipline scelto dalle Indicazioni non consente di declinarla con le stesse modalità con cui si possono declinare le competenze chiave nelle quali trovano riferimento le discipline formalizzate.

Anche questa competenza si persegue in tutte le discipline, proponendo agli alunni lavori in cui vi siano situazioni da gestire e problemi da risolvere, scelte da operare e azioni da pianificare.

E’ una delle competenze maggiormente coinvolte nelle attività di orientamento.

E’ anch’essa fondamentale per lo sviluppo dell’autoefficacia e della capacità di agire in modo consapevole e autonomo.

 Educare all’intraprendenza – Percorsi di crescita



 

 

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