All You Need is Orientation
Serve un Robin Hood
dell'educazione
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di Vito Mancuso
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«All
You Need is Love», «Tutto ciò di cui hai bisogno è l'amore», cantavano i
Beatles affermando il primato dell'amore nell'esistenza umana. Dicevano bene ma
non del tutto a mio avviso, perché in realtà ciò di cui tutti noi abbiamo
veramente bisogno è l'orientamento. «All You Need is
Orientation»: la vita è un viaggio in regioni sconosciute e richiede
costantemente una bussola.
L'amore
naturalmente lo è, è una forma di orientamento tra le più forti ed efficaci
perché concerne sia la mente sia il cuore, sia la ragione sia i sentimenti, ma
lo è veramente quando è "vero".
Altrimenti
può essere una trappola, persino una dannazione, come quotidianamente insegnano
i numerosi femminicidi e suicidi e tragedie di ogni tipo a esso connesse. Per
questo la più preziosa risorsa per un essere umano è l'orientamento, e una
società è tanto più forte quanto più ha e conferisce orientamento. Proprio
l'orientamento però è ciò che manca alla nostra società quale viene fotografata
dal nuovo rapporto del Censis.
L'assenza
di orientamento si palesa nel modo più clamoroso laddove la società esprime la
sua natura più sincera, cioè nei giovani. I giovani, infatti, sono la cartina
di tornasole di quell'esperimento chimico che si svolge in continuazione nella
storia e che chiamiamo società, in quanto manifestano nel modo più chiaro gli
effettivi valori della società degli adulti. Quando ero ragazzo tutto era
"politica", e tutto lo era perché tutto era "impegno", e
tutto era impegno perché la generazione dei miei genitori era
"impegnata" a ricostruire il Paese dopo la distruzione a cui il
fascismo l'aveva condotto. Si andava a scuola coi giornali sottobraccio, si
discuteva di politica e di economia, si voleva cambiare il mondo, ma si faceva
così precisamente per quella corrente di impegno che si respirava in famiglia e
nelle strade, ovviamente reinterpretata secondo la radicalità e l'esuberanza
che da sempre contrassegna la gioventù. Guccini cantava: «Ma penso che questa
mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata», e
tutti noi, ognuno a modo suo, eravamo abitati da quel sogno di un mondo
diverso, nutriti da una neonata speranza. E quindi avevamo orientamento.
Come
l'abbiamo utilizzato? Male, perché l'abbiamo finalizzato solo al divertimento e
alla "dolce vita", il cui vero profeta da noi non fu certo Federico
Fellini che ne fece un film, quanto piuttosto Silvio Berlusconi che sul
divertimento e sulla dolce vita ha costruito il suo lucroso impero. Ma è un
grande inganno far credere che la vita sia dolce, perché essa non lo è. Essa è
piuttosto ciò che scaturisce dal mischiare insieme in una tazza zucchero, sale,
aceto, peperoncino, assenzio e chissà che altro: il sapore indistinto che ne
scaturisce, dolce amaro salato acido e piccante al contempo, è la vita.
L'educazione consiste nel saper assaporare e sopportare e riconoscere tutto
questo.
L’educazione è orientamento.
Il
Censis descrive i nostri giovani come «esuli in fuga», affermando che a loro
appartiene «un dissenso senza più conflitti», che cioè essi dicono di no ma
senza più lottare. Hanno perso la speranza di poter cambiare qualche cosa, non
solo non credono più di poter avere il mondo nuovo che cantava Guccini, ma
neppure di migliorare un po' il mondo vecchio che stiamo lasciando loro.
Il
Censis continua parlando di «sonnambulismo» della nostra società, lamentando il
fatto che essa è «precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante». A
me pare, in realtà, che i calcoli siano l'unica cosa che nella nostra società
veramente viene esercitata: tutti li fanno, dalle famiglie per arrivare alla
fine del mese, alle aziende per raggiungere il budget. Numeri e ancora numeri,
solo numeri: non mancano per nulla i calcoli in quest'epoca nella quale tutto
mira a essere digitale, vocabolo che etimologicamente significa esattamente
questo, "numerico" (dall'inglese "digit",
"cifra", probabilmente perché per calcolare si contava sulle dita,
che in questo caso l'inglese deriva dal plurale latino "digita"). Oggi
non mancano i calcoli, mancano gli ideali. Ma sono solo gli ideali che motivano
e orientano.
Ciò
di cui un essere umano ha bisogno, soprattutto quando è giovane, è la
motivazione e l'orientamento. Ha scritto al proposito Dante: «Se tu segui tua
stella, non puoi fallire a glorioso porto» (Inferno, XV, 55-56). Per non
fallire occorre avere una stella e avvertire il desiderio di seguirla. Le società,
infatti, fioriscono quando gli individui hanno una stella comune da seguire e
seguendola diventano tra loro "soci" formando appunto una
"società". Al contrario, le società falliscono quando gli individui
non hanno più una stella in comune e camminano ognuno per sé indirizzati solo
verso ciò che Guicciardini chiamava "particulare".
Perché
oggi non si fanno più figli? Perché entro il 2040 solo una coppia su quattro
avrà figli? Viene spontaneo rispondere che è a causa delle difficoltà
economiche, ma nel passato si era molto più poveri e ciononostante si facevano
molti più figli, come avviene ancora oggi in non poche parti del mondo. Si può
rispondere solo affrontando quest'altra domanda: cosa significa fare figli? Un
tempo era chiaro, significava espletare il compito principale per il quale si
era venuti al mondo, oltre che avere braccia a disposizione per il benessere
economico (da qui il detto "auguri e figli maschi", perché i maschi
andavano da subito a lavorare contribuendo al benessere della famiglia, mio
padre iniziò ad andarci a sei anni nel pomeriggio dopo la scuola). La famiglia
era percepita come più importante del singolo, il cui compito era di servirla,
e servendo la famiglia si serviva la società, e da qui la nazione e lo Stato.
Giusto? Sbagliato? Un po' giusto e un po' sbagliato, come quasi tutto nella
vita. Di certo però, se quel modello è venuto meno, aveva dei limiti, il
principale dei quali era la strumentalizzazione dei singoli alla struttura
sociale. Ovvero i cosiddetti "sacrifici". Quanti sacrifici, quante
vite sacrificate! Elton John diede voce alla ribellione cantando "No
Sacrifice", giusto, chi gli dà torto? Oggi però siamo caduti nell'estremo
opposto con la vittoria di una filosofia di vita egoista e calcolante espressa
a suo tempo così da Max Stirner: «Non c'è nulla che mi importi più di me stesso».
Questa è la più immediata rappresentazione di ciò che in filosofia si chiama
"morte di Dio": il fatto che è rimasto solo l'Io. Prima si cantava il
"Te Deum", ora risuona solo il "Me Deum". E il nuovo
comandamento è: «Non avrai altro Dio all'infuori dell'Io». Come può una società
di questo tipo educare e offrire orientamento?
Si
ha educazione, infatti, quando si pone la coscienza al cospetto delle tre
domande che secondo Kant riassumono il compito dell'esistenza: «Che cosa posso
sapere? Che cosa devo fare? Che cosa mi è lecito sperare?» (Critica della
ragion pura, 833 B). Ovvero: dimensione intellettuale + dimensione etica +
dimensione spirituale. Un essere umano ben educato è chi ha attivato in sé
queste tre dimensioni, a prescindere poi da come singolarmente risponda.
Io
penso che ci possiamo salvare dalla triste decadenza verso cui stiamo
precipitando solo tornando a educare. Lo devono fare le famiglie, le associazioni e le istituzioni che frequentano, le aziende,
la scuola. Occorre che soprattutto la scuola torni a dare ai nostri giovani
orientamento. Non solo, cioè, istruzione (prima domanda kantiana), ma anche
motivazione e gioia di vivere (seconda e terza domanda kantiana). Togliamo un
po' di denaro a tutti i plurimilionari del mondo del divertimento e diamolo
agli insegnanti e a tutti gli educatori. C'è bisogno di un Robin Hood
dell'educazione. È intollerabile la sperequazione tra chi fa divertire e chi
lavora per educare, e uno Stato degno di questo nome non può assistere a questa
morte della speranza nei propri giovani, descritti dal Censis come «esuli in
fuga», senza fare nulla. In che modo attuare tutto questo non lo so, non sono
un politico né un economista, ma so che è urgente investire a piene mani
nell'impresa educativa, perché «All You Need is Orientation».
La
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