Si
è celebrata oggi la giornata, istituita in Italia nel 2004, per fare memoria
della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo
dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra,
causato dalle persecuzioni del regime comunista jugoslavo.
Ballarin
(Federesuli): Abbiamo pagato con i nostri beni il debito di guerra dell’Italia
fascista
Per
molte vittime l’unica colpa “era di essere italiani”
Mattarella
ha criticato chi, facendo leva sulla complessità delle vicende storiche di
quegli anni, le utilizza “per sminuire, negare o addirittura giustificare i
crimini” subiti dalla popolazione italiana. “Per molte vittime - ha ricordato -
giustiziate, infoibate o morte di stenti nei campi di prigionia comunisti,
l’unica colpa fu semplicemente quella di essere italiani”. Il capo dello Stato
ha ribadito così la condanna dei tentativi di negazionismo e di
giustificazionismo che ancora oggi si manifestano.
Il
ricordo del vescovo di Fiume Santin, uomo di pace
Il
presidente ha ricordato che la furia dei partigiani titini “si accanì, in modo
indiscriminato ma programmato, su tutti: su rappresentanti delle istituzioni,
su militari, su civili inermi, su sacerdoti, su intellettuali, su donne, su
partigiani ed esponenti antifascisti, che non assecondavano le mire espansionistiche
di Tito o non si sottomettevano al regime comunista”. E ha riportato alla
memoria anche la figura del vescovo di Fiume e poi di Trieste-Capodistria,
Antonio Santin, nato a Rovigno, in Istria, nel dicembre 1895 e morto a Trieste
il 17 marzo 1981, che non esitò, dopo aver difeso la popolazione slava
dall’oppressione nazifascista, a denunciare le violenze e le brutalità contro
gli italiani.
Ballarin:
la più grande tragedia italiana dall’Unità
Di
questo Giorno del Ricordo 2023 e delle tragedie di quegli anni di dopoguerra,
che proseguirono fino al 1955, Luca Collodi ha parlato su Radio Vaticana Italia
con Antonio Ballarin, la cui famiglia era di Lussingrande, sull’isola di
Lussino, nel Quarnero, già presidente, tra il 2014 e il 2020, della Federazione
delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati (FederEsuli).
La
legge che istituisce in Italia la Giornata del Ricordo è del marzo 2004. Bastò
questo perché la tragedia degli eccidi nelle foibe e dell’esodo degli italiani
di Istria, Quarnaro e Dalmazia uscisse finalmente dal silenzio?
L'introduzione
della legge ha fatto in maniera tale che se ne parlasse di più, in particolare
da parte delle istituzioni. Ma io mi ricordo bene quale é stato il punto di
svolta. Era il 10 febbraio del 2013, un Giorno del Ricordo, io tornavo da una
celebrazione alla Spezia, mi misi in treno a guardare tutti i giornali e mi
ricordo che si parlava di questa cosa in una foto notizia sul Corriere della
Sera, in una pagina interna, cioè, quindi praticamente non c'era assolutamente
visibilità. E allora ci mettemmo con molta umiltà a scrivere ai giornali, alle
televisioni, alla Rai ecc... chiedendo di darci spazio. E piano piano questa
cosa è passata, anche come memoria condivisa all'interno del nostro Paese.
Cosa
rispondere a chi chiede per quale motivo si dovrebbero ricordare queste
vicende?
Vanno
ricordate per lo meno per due buoni motivi. Il primo: dall'Unità d'Italia ad
oggi non c'è mai stata una tragedia simile per la popolazione italiana. E il
secondo motivo è che gli esuli giuliano-dalmati hanno pagato con i loro beni il
debito di guerra di tutta l'Italia nei confronti di una nazione aggredita
dall'Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, la Jugoslavia. Quindi lo Stato
italiano doveva pagare un debito di guerra e ha usato i beni degli esuli
giuliano-dalmati; quindi, mi sembra giusto che venga ricordato.
Le
foibe e l'esodo: vogliamo ricordare di cosa stiamo parlando?
Dal
1943 in poi, dopo l’armistizio dell’8 settembre, quelle terre restano non
difese: lo Stato italiano è in rotta. E fin dall’inizio succede che molte
persone di lingua italiana, che erano popolazioni autoctone residenti, vengono
perseguitate. Uomini, donne e bambini vengono scaraventati in questi buchi che
si chiamano foibe ma non solo. Vengono fucilati, annegati, deportati. E’ un
massacro, una tragedia che coinvolge una popolazione di circa 12 mila persone.
All'inizio del ‘43 sono per lo più vendette personali, ma dal ‘45 in poi
diventa azione quasi sistematica. Dobbiamo ricordare che la maggioranza di
questi eccidi avvengono in tempo di pace, cioè dopo il ‘45 e vanno avanti fino
alla prima metà degli anni ’50, via via scemando nel tempo. E’ una persecuzione
che ha due origini: una è il nazionalismo slavo e l'altra è il comunismo di
Tito. Entrambi vedono nella popolazione italiana una presenza che deve essere
cancellata, soprattutto il nuovo regime jugoslavo di Tito. E lo dice bene in
un'intervista negli anni ‘90 Milovan Gilas, che era ai vertici del Partito
comunista jugoslavo dell'epoca, ad un giornale italiano, che non è mai stata
smentita. Diceva che “dovevamo eliminare l'elemento italiano che era
maggioritario nei luoghi lungo la costa, in Istria, Dalmazia per far vedere
alle commissioni alleate che non vi erano italiani presenti in quelle zone”.
Quindi la vicenda che è molto complessa, ovviamente, vede lo spopolamento del
90% della popolazione, non solo italiana, ma del 90% della popolazione nelle
province di Pola, Fiume e Zara e in parte quella di Trieste che viene annessa
al territorio libero e in parte di Gorizia che perde un pezzo del suo
territorio.
Così
come per la Shoah, anche per le foibe, c’è qualcuno che cerca di negare questa
realtà?
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