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venerdì 18 marzo 2022

OCCUPIAMO LA SCUOLA! E DOPO ?


 Anche quest’anno le occupazioni sono terminate senza lasciare traccia. Un fenomeno che dovrebbe almeno interrogare i dirigenti

 - di Leonardo Eva

Sembra che la stagione delle occupazioni scolastiche sia finita. Del resto, quando ci si avvicina al termine dell’anno diventa più difficile far dimenticare ai docenti in sede di scrutinio finale le proprie “contestazioni”. In autunno, siamo tutti leoni…

I giovani hanno chiesto qualsiasi cosa, dalla pace nel mondo alla riparazione dei termosifoni. Ma soprattutto dialogo, tanto dialogo. Gli adulti hanno sottolineato l’importanza del dialogo nella scuola democratica, inclusiva, resiliente e anche un po’ sostenibile (si spera) di oggi.

Dopo? “Tutto passato, finito”, cantava trent’anni fa (in un diverso contesto) l’immortale Bennato.

Com’è possibile che rivendicazioni che sembravano tanto stringenti tre mesi fa siano svanite nel nulla? Il dialogo ha risolto tutto? Non si direbbe proprio. La pace certamente non è arrivata. Magari qualche termosifone sarà stato riparato… Ma c’era bisogno di tanto trambusto?

Quei docenti che non hanno ancora perso del tutto la voglia di insegnare rimangono con le proprie domande.

La prima, naturalmente, riguarda la grande trovata dell’educazione civica, che nei mesi scorsi ha rivelato tutta la sua “utilità”. Ore e ore di parole svanite in un attimo, grazie all’azione violenta di una minoranza di persone che (maggioranza silenziosa permettendo) ha potuto lasciare letteralmente in strada quei lavoratori e quei ragazzi che avrebbero voluto entrare negli edifici scolastici non dico a svolgere il proprio compito, ma perlomeno a ripararsi dal freddo.

La seconda è una questione di logica. O gli “eventi occupazionali” sono qualcosa di eclatante, tale da pretendere l’attenzione generale e costringere a una presa di posizione globale, oppure equivalgono a una serie di picnic in ambiente (più o meno) riscaldato. Nel primo caso, è lecito attendersi, appunto, una risposta forte (inclusa la possibilità, almeno teorica, di una netta contrapposizione). Nel secondo caso, come si può pretendere di cambiare qualcosa?

La terza domanda riguarda i dirigenti scolastici.

Premettiamo che gli insegnanti non sono in grado di mettersi d’accordo su questioni importanti nemmeno all’interno di un collegio di cinquanta docenti e che di sindacati della scuola e di genitori è ormai meglio tacere.

In attesa di un intervento deciso da parte del ministero dell’Istruzione, che probabilmente avverrà tra un paio di secoli, perché i dirigenti scolastici non prendono in mano la situazione e non protestano con risolutezza? Non sono allibiti per il fatto di dover gestire l’“eterno ritorno” delle occupazioni autunnali?

Non si sta chiedendo qui di far incarcerare gli alunni “contestatori”. Ma tra mandare in prigione i responsabili e il niente, magari potrebbe esserci una via di mezzo…

O è solo una questione di numeri? Se fosse il sottoscritto a occupare un istituto e fare uno sciopero della fame per protestare contro l’assoluta mancanza di un serio dibattito pubblico sulla scuola italiana, dopo quanti minuti entrerebbero in azione le forze dell’ordine?

 Il Sussidiario

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