[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La
barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il
vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro
camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti
e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro
dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro
allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle
acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare
sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e,
cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la
mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena
saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono
davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Commento di p. Paolo Curtaz
Si respira aria di scoraggiamento.
Agosto sembra far dimenticare per qualche istante la cappa
lugubre che appesantisce le nostre vite. Il nostro futuro.
E le nostre comunità. La gente osa (timidamente) andare in
vacanza, con prudenza. Dalle mie parti, finalmente, si vede gente sui sentieri
e gli alberghi quasi pieni.
E la fede?
Liberi tutti, come accade ad ogni estate con le attività
parrocchiali messe in stand-by. Ma ora è diverso. Non sappiamo come torneremo a
lavorare, a imparare sui banchi di scuola (con o senza rotelle), come
raduneremo i ragazzi nella catechesi, come potremo ricucire gli strappi emotivi
e relazionali di questi lunghi mesi, quando verrà l’autunno.
E allora un po’ si molla il tiro. Ci si arrende. Come dopo
una lunga battaglia senza vincitori né vinti.
Stanchi dentro. Anche
i preti. Anche gli innamorati di Dio. Anche i profeti.
C’era già tutto questo, non scherziamo. Solo che fingevamo di
non vedere.
Forse il signor Covid lo ha fatto emergere in maniera
prepotente. Ci ha denudati.
Si può credere ed essere scoraggiati?
Sapersi amati dal Signore e, nonostante questo, avere dei
momenti di stanchezza interiore?
Sì, certo. E di questo parla la Parola, oggi.
Scoraggiamenti
Elia è scoraggiato. Pensava, uccidendo i sacerdoti del dio
Baal, portati in Israele dalla regina Gezabele, di riportare la folla al Dio di
Israele, di sollevare una rivoluzione. Non è così: non solo la gente lo
abbandona, ma la regina promette vendetta e il profeta deve scappare nel
deserto.
Vuole morire, ammette il suo sbaglio: Dio non si impone.
E lui, arrogante e violento, non è migliore dei suoi padri.
Gesù è scoraggiato: hanno arrestato e ucciso Giovanni
Battista, l’aria si fa pesante.
Ma la cosa peggiore è che, dopo la moltiplicazione dei pani,
Gesù si accorge che i suoi discepoli non hanno capito praticamente nulla del
suo messaggio, delle sue parole. Davanti alla folla affamata hanno suggerito al
Maestro di cacciarli, di rimandarli a casa.
Gli apostoli sono scoraggiati: non hanno capito la ragione
dell’improvvisa durezza del Signore che li ha costretti in malo modo a salire
sulla barca per raggiungere l’altra riva, quella dei pagani, quella evitata
accuratamente dagli ebrei. E si sta alzando un forte vento, ci mancava.
Fatica
La vita è così: inevitabilmente mischia luci ed ombre,
momenti esaltanti e momenti faticosi, grandi gioie e forti dubbi. E non può
essere diversamente.
Eppure proprio nel momento della fatica scopriamo chi siamo.
E se, invece di ripiegarci su noi stessi, osiamo metterci in
discussione, attendere, cambiare, sperare, pregare, agire, qualcosa accade.
Saliamo di livello, cambiamo frequenza, entriamo dentro noi
stessi, dentro la Storia, dentro gli eventi.
Ma, per farlo, dobbiamo necessariamente affrontare i nostri
fantasmi e le nostre paure.
La regina Gezabele, per Elia, il dubbio di avere scelto le
persone sbagliate, per Gesù, il mare in tempesta, per Pietro e gli altri.
Imparare il silenzio
Elia spaventato e consumato, desideroso di morire nel
deserto, ma non si chiude a piangere se stesso. Reagisce. Si mette in cammino.
Dio non è nella violenza, questo ora ha capito Elia che si
ritrova sul monte dell’alleanza.
(Questo vorrei capissero coloro che continuano usano Dio come
una clava, per rilasciare patenti di cattolicità, dando i voti ai papi e ai
credenti). E qui, sull’Oreb, Elia capisce e ci fa capire qualcosa di splendido.
Dio non è nella violenza, né nei grandi eventi naturali o nei
prodigi, ma nell’intimo di ciascuno di noi. Nella brezza del mattino anzi, come
più precisamente, nella voce del silenzio.
Abbiamo disimparato l’ascolto del silenzio.
Il luogo dove incontriamo Dio. Perché non osare? Perché non
tornare a tacere per ascoltare?
Noi stessi. Gli altri. Finanche Dio.
Imparare a scegliere
Come possono non avere capito? Come possono, davanti alla
prima vera prova, avere mostrato tanta indifferenza e tanto cinismo? Cosa serve
amare, seguire, accudire, istruire, vivere con loro se poi non hanno cambiato
il loro cuore?
La notte di Gesù sul monte a pregare è tormentata e greve.
Coloro che ha scelto con tanta cura e tanta passione, coloro
che ha voluto con sé, che ha istruito, hanno mostrato tutta la loro grettezza.
Prega, il Signore. Forse un po’ stordito e deluso. Non sa che fare. Intanto si
alza un forte vento sul lago. Gesù sceglie. Sceglie di non sceglierne altri.
Non migliori, non più coerenti, non eccezionali. Sceglie quei
dodici.
Sceglie noi, fragili e incoerenti. Sceglie questa Chiesa
composta di fango e santità.
Sceglie me. così come sono. Amandomi, mi conduce ad altri
pascoli.
Pietro
I discepoli, noi discepoli, sono spaventati. Dalla furia del
vento e delle onde. Da questa tempesta inattesa che, improvvisa, ha messo in
evidenza la nostra imperizia di marinai.
E lì, nel cuore della notte, sono raggiunti dal Signore, ma
lo vedono come un fantasma. Non lo hanno riconosciuto nel fratello affamato.
Come possono riconoscerlo qui, ora?
Solo Matteo ci parla dell’episodio di Pietro.
Di quella richiesta, ingenua oltre ogni limite, di
raggiungere Gesù camminando sulle acque.
E si getta, Pietro. Si fida. E affonda.
No, non è capace, come noi non siamo capaci, di camminare
davvero su ciò che ci spaventa, di passeggiare fischiettando sul ciglio del
baratro che costeggia la nostra vita. Vorremmo, ma non siamo così coraggiosi,
né così santi.
Solo il Maestro, solo il Signore può dominare le alte onde
del mare, da sempre, nella Bibbia, potente e oscuro simbolo del male e della
paura. Solo lui. Noi non siamo capaci, ma il Signore ci sfida, ci spinge ad
osare.
Sempre.
Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita,
il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso
mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la
preghiera, l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio,
per vedere il volto di Dio che si nasconde nel vento, che pare evanescente come
un fantasma.
Solo la fede ci permette di sfidare le onde e le nostre
paure.
Non per arroganza ma per infinito amore, per inossidabile
passione.
Solo così possiamo arrivare all’altra riva.
Coraggio.
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