“Giovane, dico a te,
alzati!” è il titolo del Messaggio per la 35.ma Giornata mondiale della gioventù che sarà celebrata a livello diocesano il 5 aprile prossimo, Domenica
delle Palme. Francesco sprona ragazze e ragazzi a non estraniarsi dalla vita,
ma a farne qualcosa di bello per il mondo e la Chiesa.
di Alessandro De Carolis –
Città del Vaticano
Lo schermo dello smartphone
per filmare magari anche un dramma rimanendo al di qua senza coinvolgersi, una
specie di sipario calato sul cuore. L’happy hour da godersi
“tenendosi a distanza”, la vita “distratta” presa dal lato di chi guarda senza
vedere. La ricetta della felicità per tanti giovani, che dentro però sanno di
“morte”, per noia e per depressione, per scelte che rendono apatici. E dalla
parte opposta il dinamismo del Vangelo, lo stile di Gesù che passa, guarda la
gente, si commuove, si coinvolge, tocca, ama e sana.
Lo sguardo attento
Francesco scrive ai giovani
per la Giornata mondiale della gioventù diocesana il primo di due messaggi che
separano dal prossimo incontro internazionale di Lisbona 2022. Scrive
ispirandosi alla Christus vivit, l’Esortazione pubblicata a
suggello del Sinodo del 2018. E com’è nel suo stile quando si rivolge ai
ragazzi, le parole passano con grande energia dall'individuare con schiettezza
gli angoli bui e le trappole dell’esistenza a indicare la luce di chi,
sentendosi amato da Cristo, cade e si rialza ma comunque non smette di amare. A
dimostrazione il Papa analizza nei singoli gesti il comportamento che Gesù
tiene nei riguardi della vedova di Nain, quando gli accade di incrociare la
piccola folla che sta portando alla sepoltura l’unico figlio della donna. “Gesù
– nota – ferma il corteo funebre. Si avvicina, si fa prossimo”. Ma prima
ancora, si ferma a osservare la scena “con sguardo attento e non distratto”,
scorge lo strazio della donna, ne ha pietà.
Mali di vivere
“E il mio sguardo, com’è?
Guardo con occhi attenti, oppure come quando sfoglio velocemente le migliaia di
foto nel mio cellulare o i profili social?”. Anche Francesco scruta
atteggiamenti e stili di vita dei giovani, rilevando una tendenza in tanti “a
lasciarsi vivere”, a stare da parte. “Intorno a noi, ma a volte anche dentro di
noi – scrive – incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva,
sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è
qualcosa che possiamo fare per riportare vita?”. Ci sono giovani, dice, “morti
perché hanno perso la speranza”, colpiti dalla depressione, “chi vivacchia
nella superficialità”, chi si mette in pericolo “con esperienze estreme”, chi
mendica qualche gratificazione spicciola, “chi pensa soltanto a fare soldi e a
sistemarsi”, chi soffre per un fallimento personale. “A lungo andare – afferma
– comparirà inevitabilmente un sordo malessere, un’apatia, una noia di vivere,
via via sempre più angosciante”.
Il valore di farsi prossimi
Davanti a questi percorsi di
morte interiore, Gesù indica strade di vita. Che passano, sostiene Francesco,
per l’apertura agli altri, specie se in difficoltà. La commozione che Gesù
prova nel vedere la vedova e suo figlio senza vita “lo rende partecipe della
realtà dell’altro. Prende su di sé la miseria dell’altro. Il dolore di quella
madre diventa il suo dolore. La morte di quel figlio diventa la sua morte”.
Ecco la verità-paradosso che il Vangelo insegna e il Papa ripete ai giovani:
“Se saprete piangere con chi piange, sarete davvero felici”. Se saprete farvi
prossimi come prossimo si fa Cristo con la donna e il ragazzo del Vangelo, “che
era morto per davvero” ed “è tornato in vita perché è stato guardato da
Qualcuno che voleva che vivesse. Questo – assicura il Papa – può avvenire
ancora oggi e ogni giorno”.
La parola che fa rinascere
La parola di Gesù supera le
frasi motivazionali – il Papa le definisce “magiche” – che oggi, sottolinea,
“vanno di moda e dovrebbero risolvere tutto: ‘Devi credere in te stesso’, ‘Devi
trovare le risorse dentro di te’ (…) Ma tutte queste sono semplici parole e per
chi è veramente ‘morto dentro’ non funzionano. La parola di Cristo è di un
altro spessore, è infinitamente superiore. È una parola divina e creatrice, che
sola - insiste - può riportare la vita dove questa si era spenta”. In un’epoca
in cui spesso “c’è ‘connessione’ ma non comunicazione”, in cui ci sono “giovani
isolati e ripiegati su mondi virtuali", Francesco ripete le parole di Gesù
al ragazzo sul feretro: “Alzati!”. “È un invito – spiega – ad aprirsi a una
realtà che va ben oltre il virtuale. Ciò non significa disprezzare la
tecnologia, ma utilizzarla come un mezzo e non come un fine. “Alzati” significa
anche “sogna”, “rischia”, “impegnati per cambiare il mondo”, riaccendi i tuoi
desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te”.
“Fatevi sentire”
“Se Gesù fosse stato uno che
si fa gli affari suoi, il figlio della vedova non sarebbe risuscitato”, ricorda
il Papa di aver sentito dire da un giovane. E conclude: “Quali sono le vostre
passioni e i vostri sogni? Fateli emergere, e attraverso di essi proponete al
mondo, alla Chiesa, ad altri giovani, qualcosa di bello nel campo spirituale,
artistico, sociale. Vi ripeto nella mia lingua materna: hagan lìo! Fatevi
sentire!”.
Leggi: MESSAGGIO PONTIFICIO
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