PANDEMIA, SCUOLA, DIDATTICA, IMPEGNO CIVILE ED ECCLESIALE, ASSOCIAZIONE ...
La pandemia da coronavirus che sta interessando l’intera popolazione mondiale sta portando a provvedimenti di emergenza che stanno profondamente modificando la quotidianità di ciascuno. Stiamo vivendo un “tempo sospeso” nell’attesa che il peggio possa passare ma nessuno di noi sa esattamente immaginare quale possa essere il “peggio” rispetto a quello che stiamo vedendo e ascoltando nei mezzi di informazione e nei social. È stato ripetuto più volte che siamo coinvolti in una guerra che nessuno ha voluto e che non ha precedenti per l’umanità. La memoria storica e letteraria va alle epidemie di peste, alla febbre spagnola, al secondo conflitto mondiale, ma la pandemia da coronavirus è unica e nessuno di noi ha vissuto niente di paragonabile. Le vie e le piazze delle città, dalle metropoli ai paesini, della nostra meravigliosa Italia danno un’inedita immagine di assenza. Assenza di auto, di persone, di “normalità”, di vita.
Un Paese con le serrande abbassate, un Paese chiuso, un’Europa chiusa, un mondo che giorno dopo
giorno si sta chiudendo in se stesso. Un mondo che stentiamo a riconoscere e in cui il rapporto con l’altro, l’andare verso l’altro, ricevere un abbraccio, darsi la mano è vietato, ma ancor prima ci fa paura. In questo tempo sospeso fra ciò che è stato, ciò che è e ciò che non sappiamo come sarà, a tutti noi italiani si chiede di essere ancor più parte della comunità nazionale,cittadini responsabili che compiono gesti responsabili offrendo il proprio personale contributo al bene comune nazionale e mondiale. Come in tutte le guerre c’è una prima linea e una retrovia: in prima linea ci sono i professionisti della sanità e le forze dell’ordine e di sicurezza. Non chiamiamoli oggi eroi perché lo sono da sempre, il loro sacrificio è da sempre per l’altro.
L’importante sarà ricordarcelo anche dopo e ringraziarli rispettandoli. C’è tutto il mondo del volontariato che da sempre è la colonna vertebrale etica di questo Paese, come le attività produttive che ne sono il cuore economico. Ci sono, poi, i singoli cittadini che devono fare la propria parte, in questo momento restando responsabilmente a casa e limitando all’indispensabile le occasioni di contatto esterno e, dopo, contribuendo, ciascuno per la propria funzione, alla ripartenza della nazione.
Nelle emergenze i principi democratici devono ancor di più ispirare l’azione di chi ha l’onere della decisionalità per il bene comune. I ruoli e le funzioni costituzionali vanno rispettati e garantiti ancor di più quando si ragiona in termini di limitazioni di alcuni diritti costituzionali per la salvaguardia della salute pubblica. Non è il tempo delle contrapposizioni partitiche, la responsabilità democratica chiama a corresponsabilità tutte le forze politiche a supporto delle difficili decisioni del Governo. Il giusto equilibrio fra libertà e diritti personali e interessi e bene della comunità ancor di più deve essere inderogabilmente rispettato.
Questo tempo è, per chi come noi è credente, quello di far risuonare delle nostre preghiere tutte le chiese, vuote ma sempre aperte, per affidarci all’abbraccio paterno e alla consolazione del Signore. Papa Francesco con l’esempio e la Parola ci invita ad essere gli uni vicino agli altri come fratelli, uniti nella comunità cristiana nell’affidarci spiritualmente al nostro Credo.
In questo tempo inimmaginabile i più deboli, i soggetti fragili sono quelli più a rischio. L’infanzia e la giovinezza devono avere la giusta, doverosa e necessaria attenzione. La presidenza nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) ritiene che “fare scuola” oggi come non mai significhi “essere scuola”. La scuola non è “solo” un luogo fisico, è un contesto di crescita formalizzato in cui si cresce quotidianamente educandosi e istruendosi in una continua sinergia educativa con le famiglie. Come detto, siamo in una situazione imprevista, inimmaginabile fino a meno di 20 giorni fa. Non ci sono regole già scritte o procedure da applicare, non ci sono esperienze consolidate da “riutilizzare”.
Una sospensione delle attività didattiche con l’attivazione di una didattica a distanza sostitutiva non
era prevista dal CCNL, dal testo Unico e da nessunanorma precedente all’emergenza sanitaria. Un intero Paese “sospeso” non si era avuto nemmeno negli anni drammatici della II Guerra mondiale quando le scuole restarono aperte. Non è, quindi, il tempo di richiamarsi solo alle norme ma al buon senso e alla deontologia e all’etica dei professionisti di scuola. Non è un caso che, responsabilmente, in tutt’Italia i docenti dalla scuola dell’infanzia alla secondaria superiore si sono attivati, fin dall’inizio, per mantenere i contatti con i propri alunni “improvvisandosi” gestori di learning objects e di classi virtuali. Va sottolineato, infatti, che non si deve confondere la competenza abbastanza diffusa che esiste nella scuola italiana nella didattica multimediale con quello che si sta facendo oggi che è e-learning, didattica a distanza con l’ausilio del digitale. Saper fare un power point o utilizzare al meglio la LIM non significa, infatti, essere in grado di progettare, realizzare e gestire percorsi curricolari con l’utilizzo di modalità e-learning. La diversità non è formale è sostanziale. Nonostante le difficoltà i docenti non si sono tirati indietro e la comunità professionale sta mostrando alto senso di responsabilità nonostante molto sia affidato alla limitatezza delle dotazioni personali.
Quello che però va salvaguardato, in questo periodo, è il senso del fare e essere scuola nel tempo dell’emergenza che stiamo vivendo ma che soprattutto stanno vivendo i nostri alunni/studenti. Sarebbe sbagliato non considerare il trauma che, seppur ancora non esplicitato, stanno subendo in modo diverso dagli adulti. La paura, la mancanza di socialità inpresenza, l’impossibilità di praticare sports, il confrontarsi con la morte, la convivenza familiare anomala per tempi e forma sono aspetti che incidono profondamente su tutti e ancor più sui soggetti in età evolutiva. I docenti devono essere vicini ai propri allievi, devono applicare il principio fondamentale dell’I care, devono prendersi cura professionalmente delle loro classi ponendo l’accento più sull’elemento educativo che su quello di istruzione della scuola. Soprattutto è importante che la didattica a distanza non aumenti la distanza fra la scuola e gli alunni dell’ultimo banco, quei bambini e bambine, ragazze e ragazzi che hanno normalmente bisogni educativi speciali e che ora, nel bisogno educativo speciale diffuso della collettività, gridano silenziosamente la loro presenza. Parlargli, essere vicini, ascoltarli, farsi presenti al loro bisogno anche non espresso: questo viene assolutamente prima dell’assegnare compiti, spiegare contenuti, procedere con il percorso curricolare.
La didattica a distanza sta chiamando a corresponsabilità le famiglie che forse mai come in questo periodo stanno vivendo la “quotidianità” della didattica, gli sforzi e l’attenzione dei docenti per i propri figli. Da questo dovremo ripartire quando tutto sarà finito.
Questo è un anno zero: l’anno della scuola che viaggia anche grazie ai tanti vituperati smartphone che adesso, finalmente, si riscoprono come device per la didattica; l’anno in cui il tempo scuola è senza tempo; l’anno in cui l‘alunno entra nella cucina del docente e il docente entra nel salotto dell’alunno. Va da sé che anche per la valutazione e per il concetto di validazione dell’anno scolastico e della legalità del titolo di studio non può che essere un anno zero.
La valutazione non potrà che essere intesa nella sua prioritaria valenza formativa e le votazioni tradizionali andranno ripensate se non sospese. Per gli esami, costituzionalmente obbligatori, si dovranno probabilmente utilizzare forme semplificate in videoconferenza così come le università hanno fatto per le sedute di laurea. In tempi “nuovi” vanno adottati parametri “nuovi” adattando l’esistente a contesti e esigenze mutati.
Quello di cui dobbiamo essere consapevoli è che, finita l’emergenza, perché con l’aiuto del Signore
questa emergenza finirà, niente potrà essere come prima. Sarà l’economia della post-pandemia, saranno la sanità e il welfare della post-pandemia, sarà la società della post-pandemia, sarà la cultura della postpandemia, saranno la politica e la democrazia della post-emergenza, dovranno essere l’educazione e la scuola nell’epoca della post-pandemia. Noi, come Associazione Italiana Maestri Cattolici ci saremo e come 75 anni fa abbiamo dato il nostro contribuito alla rinascita dell’Italia e della sua scuola post-fascista e postbellica così ci impegneremo, grazie all’impegno volontario di tutti i nostri soci e di tutte le nostre realtà territoriali, per riaprire ad un futuro diverso e migliore tutto il Paese.
#Insieme ai nostri alunni e alle loro famiglie ce la faremo !
24 marzo 2020
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