La necessità
di
guardare
al
contesto internazionale
-
- di
Giuseppe
Savagnone*
La trionfale vittoria
della destra nelle recenti elezioni regionali dell’Umbria – una regione
tradizionalmente “rossa” – è stata ampiamente commentata e spiegata. Qui, però,
vorrei richiamare l’attenzione su due avvenimenti politici, uno verificatosi in
contemporanea in Germania, l’altro poco dopo in Spagna, che credo vadano tenuti
presenti nel valutare il significato di quella vittoria.
So bene che,
tradizionalmente, all’opinione pubblica italiana ciò che accade negli altri
Paesi interessa abbastanza poco. Sui nostri quotidiani le notizie di politica
estera occupano quasi sempre un posto di secondo piano. E anche su “Tuttavia”
ho potuto constatare che i post da me dedicati a situazioni o personaggi
stranieri ricevono minore attenzione di quelli riguardanti la politica
italiana. Eppure ci sono fasi della storia in cui solo uno sguardo d’insieme
consente di comprendere gli sviluppi di casa nostra. E credo proprio che quella
attuale sia una di queste.
Perciò sarebbe bene che –
a prescindere dalle valutazioni di parte, inevitabilmente divergenti, che
possono esserne date – gli italiani si rendessero conto di ciò che sta
accadendo in Europa in questo primo scorcio del XXI secolo.
Dove ciò che conta non è
tanto la registrazione dello stato di fatto, quanto il trend, la tendenza
– irresistibile, a quanto pare – , che sembra attraversare da un capo
all’altro il nostro continente.
La vittoria dell’Afd
in Germania…
Gli avvenimenti a cui
faccio riferimento sono, rispettivamente, la netta affermazione dell’estrema
destra «Alternative für Deutschland (AfD)» – «Alternativa per la Germania»
– alle elezioni svoltesi il 27 ottobre nello Stato della Turingia, nella
Germania centro-orientale, e quella, altrettanto trionfale, del partito «Vox»
nelle elezioni spagnole del 10 novembre. Nelle prime l’AfD si è imposto come
secondo partito dietro alla sinistra, davanti alla Cdu della cancelliera Angela
Merkel, prendendo il 23,4%, cioè più del doppio rispetto al risultato delle
precedenti consultazioni del 2014; nelle seconde «Vox» ha ottenuto il 15% dei
voti, anche in questo caso raddoppiando i propri consensi e imponendosi come la
terza forza politica in Spagna.
La vittoria in Turingia
segue di poco quella che l’AfD ha avuto recentemente in altri due Länder,
quelli di Sassonia, dove è arrivato secondo, dietro alla Cdu (il partito di
Angela Merkel), con una percentuale del 27,5%, e in Brandeburgo, dove è stato
di nuovo secondo, dietro alla Spd (i socialdemocratici), con il 23,5%.
Non stupisce che la
comunità ebraica tedesca, dopo la pubblicazione dei risultati elettorali della
Turingia, sia sotto shock. L’ex presidente del Consiglio centrale ebraico,
Charlotte Knobloch, ha dichiarato: «Che un partito come Alternative für
Deutschland abbia potuto ottenere un risultato di questa portata dimostra che
nel nostro sistema politico qualcosa di fondamentale è finito fuori controllo».
E quella di Vox in
Spagna
Quanto a «Vox», questo
partito è monarchico e nazionalista, fortemente euroscettico e decisamente
contrario all’immigrazione, all’Islam e al multiculturalismo, ritenendoli una
minaccia per l’identità spagnola. Sua la proposta di costruire un muro per
fermare l’immigrazione dal Marocco. Del suo leader, Santiago Abascal, viene
citata la dichiarazione, a 7TV Andalusia nel 2017: «Sono un sostenitore della
discriminazione». Queste posizioni si coniugano, peraltro, con la difesa della
vita dell’embrione, contro l’aborto.
A differenza di
«Alternativa per la Germania», «Vox» non era presente al grande raduno dei
sovranisti celebrato a Milano il 18 maggio scorso. Ma Salvini ne ha commentato
il successo elettorale con esultanza in un tweet; «Grande avanzata degli amici
Vox. Scommetto già pronti titoli di tg e giornali su “vittoria estrema destra,
razzisti, sovranisti, fascisti…”. Macché razzismo e fascismo, in Italia come in
Spagna vogliamo solo vivere tranquilli in casa nostra».
L’estrema destra
vittoriosa in Inghilterra, in Francia…
Lo stesso desiderio di
“vivere tranquilli in casa propria” oggi sembra condiviso da molti popoli
europei. A cominciare dagli inglesi, i quali, dopo il referendum in cui hanno
deciso l’uscita dall’Europa, alle ultime elezioni europee – malgrado gli
innumerevoli problemi che questa decisone ha determinato – hanno confermato la
loro piena fiducia nel Brexit Party di Nigel Farage, che ha avuto il 31,6% ,
decretando il declino dei due partiti fino a quel momento più forti, i
Conservatori e i Laburisti.
A quanto pare vogliono
vivere tranquilli anche i francesi, che – sempre alle ultime elezioni
europee – hanno fatto diventare il «Rassemblement National» di Marine
Le Pen il primo partito col 23,3%, risultando di misura, davanti alla
lista «Renaissance» appoggiata dal presidente Macron, che ha avuto il 22%.
Ma anche altrove
Ma anche in Belgio, in
Olanda, in Svezia, in Finlandia, in Lettonia, i partiti di destra sovranisti e
antieuropei, pur non avendo quel trionfo elettorale che si aspettavano, sono in
crescita. Per non parlare degli Stati dove i sovranisti sono già al potere,
come l’Ungheria di Viktor Orbán – quello che ha costruito il muro lungo 175 km
per fermare l’immigrazione dalla Serbia – e la Polonia di Jaroslaw
Kaczynski – fautore della famiglia, ma anche accusato di minacciare la libertà
di espressione. In entrambi i Paesi con grande sostegno popolare: in Ungheria
il partito di Orbán, «Fidesz», ha avuto il 52,3 per cento dei voti; in
Polonia il partito di Kaczynski «Diritto e giustizia (PiS», ha vinto
con il 45,4 per cento .
Il successo della
Lega non è un incidente
Avere presente questo
quadro è fondamentale per rendersi conto che quanto accade in Italia non è uno
spiacevole incidente, ma rientra in un grande spostamento della sensibilità e
dell’appoggio dell’opinione pubblica europea verso la destra. Dove con questo
termine si deve intendere una gamma variegata di posizioni, in cui è quasi
sempre presente l’ostilità nei confronti degli islamici, degli ebrei, dei rom,
in generale dei “diversi”, insieme alla tendenza a sostenere i valori della
famiglia tradizionale e della patria.
Non è difficile ritrovare
in questo scenario alcuni dei caratteri distintivi della Lega di Matteo
Salvini, non a caso considerato da molti di questi partiti un punto di
riferimento. C’è il “Prima noi” – naturalmente declinato in modi diversi da
nazione a nazione –, da cui discendono direttamente la diffidenza o addirittura
l’ostilità nei confronti dell’Europa e la chiusura all’immigrazione; c’è il
richiamo alla difesa della famiglia; c’è l’insistenza sulla minaccia che
verrebbe dall’islam e, più in generale, dagli stranieri; c’è un malcelato
antisemitismo, di cui gli insulti dei militanti nei confronti di Gad Lerner a
Pontida e il rifiuto di votare la mozione Segre in Senato sono solo alcuni
sintomi.
Il problema è
culturale
Il problema, prima di
essere politico, è culturale: queste forze politiche non possono – per la loro
stessa impostazione sovranista – dar luogo a un’alleanza internazionale. Non a
caso, dopo le elezioni europee, il sogno di Salvini di una grande unione
parlamentare è miseramente fallita. Non c’è spazio, in questa logica, per una
ricerca di fini comuni: ognuno mira a fare l’interesse del suo Paese.
Però il clima culturale
che si sta sempre più imponendo è invece univoco e tanto più inarrestabile
quanto più logore sono le posizioni di coloro che gli si oppongono. Ovunque –
non solo in Italia – la sinistra scopre di non avere più molto da dire ai
suoi elettori, se non degli slogan che appaiono datati.
È possibile una vera
“rivoluzione culturale”?
Per chi – come il
sottoscritto – guarda con grande preoccupazione la deriva in corso, il vero
problema è di elaborare una linea nuova, più capace di essere alternativa alle
logiche di questa destra rampante. Per questo, però, si dovrebbe avere il
coraggio di fare un esame di coscienza e riconoscere di non avere saputo
intercettare, con un’ ossessiva insistenza sui diritti individuali, alcune
istanze che oggi portano a votare i partiti della destra sovranista. La forza
dell’estrema destra oggi è di apparire “rivoluzionaria”. E se fossero coloro
che le si oppongono a proporre una prospettiva che rompa davvero col passato?
La chiave di volta di
questa nuova prospettiva dovrebbe essere una maggiore capacità di coniugare la
libertà con la dimensione comunitaria. Mentre la globalizzazione metteva in
crisi i valori tradizionali e al tempo stesso impoveriva i ceti più deboli, una
certa cultura “progressista” ha irriso la famiglia, la comunità nazionale, la
logica dei doveri come contrappeso a quella – pur necessaria – dei diritti. Si
tratta di recuperare questi frammenti di verità, oggi disseminati nei contesti
distorti dei programmi di estrema destra, evidenziando che il superamento dell’individualismo
e dell’anonimato della globalizzazione non comporta la chiusura in gruppi
autoreferenziali, ostili ai diversi, ma, al contrario, favorisce la
comunicazione e il rispetto reciproco.
Sono degli spunti che
andrebbero, ovviamente sviluppati. A qualcuno sembreranno astratti, rispetto al
problema concreto di vincere le elezioni in Emilia e Romagna. Ma solo se si
pensa in grande si può far fronte a quello che oggi sta accadendo. Illudersi
che il problema si riduca a fermare Salvini significa chiudere gli occhi sulla
realtà.
E noi, oggi come mai, abbiamo bisogno di tenerli bene aperti.
* Giuseppe Savagnone, Direttore Ufficio Pastorale della Cultura
dell'Arcidiocesi di Palermo. Scrittore ed Editorialista.
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