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mercoledì 29 novembre 2017

COPERCOM - MASSIMILIANO PADULA NUOVO PRESIDENTE

COMUNICATO STAMPA 
Copercom – Via Aurelia, 468 – 00165 Roma – Tel. 06/6634826 
E-mail: info@copercom.it 

ELETTO OGGI A ROMA DAL COMITATO DEI PRESIDENTI E DELEGATI 

Massimiliano Padula è il nuovo presidente del Copercom. Eletto oggi a Roma durante il Comitato dei presidenti e delegati dell’organismo che coordina le associazioni per la comunicazione. 
Subentra a Domenico Delle Foglie che ha guidato il coordinamento per due mandati triennali  Consecutivi. 
All’incontro erano presenti, tragli altri, monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno e presidente della Commissione “Cultura e comunicazioni sociali” della Cei, don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, il giornalista Gianni Borsa, eletto dai presenti vice presidente del Copercom. 
«In  un  contesto  sociale  e  comunicativo  complesso,  nel  quale  l’enorme  e  confusa  disponibilità  di  mezzi  e contenuti  rischia  di  deresponsabilizzarci  –  ha  spiegato  il  neo presidente  –  è  fondamentale  che  il  mondo associativo  si  impegni  per  la  costruzione  di  pratiche  centrate sull’ascolto,  sul  dialogo  e  sulla  capacità  di discernere tra cosa è bene e cosa è male. In particolare – ha aggiunto – bisogna entrare in una logica del “farsi carico”, prendendo esempio da quello che, per Papa Francesco, rappresenta il comunicatore perfetto: il Buon Samaritano che si fa carico del morente prendendolo con sé e curandone le ferite». 
Padula  ha  poi  ringraziato  i  presenti,  in  particolare  il  presidente  uscente  Delle  Foglie  per  l’importante  lavoro compiuto  in  questi  anni  dal  Copercom.  «Un  lavoro  –  ha  concluso Padula  –  che  proveremo  a  consolidare attraverso un’azione condivisa, inclusiva e partecipativa». 
Oltre  a  Padula  (presidente)  e  Borsa  (vice  presidente)  sono  stati  eletti  Tonino  Inchingoli  (tesoriere),  Teresa Braccio,  Stefano  Di  Battista,  Andrea  Melodia  e  Valeria  Sala  (consiglieri).  Infine,  Giuseppe  Ficini,  Matteo Ghibelli e Massimo Porfiri sono stati eletti revisori. 
Massimiliano  Padula  è  nato  a  Taranto  nel  1978  e  vive  a  Roma.  Insegna  “Comunicazione”  presso  l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della  Pontificia  Università  Lateranense.  Presso  lo  stesso  Ateneo,  coordina  il Centro Alti Studi. È stato presidente nazionale dell’Aiart – Associazione Cittadini mediali onlus. 
Il Coordinamento delle Associazioni per la Comunicazione (Copercom), costituito da ventinove associazioni, ha la  finalità  di  realizzare  iniziative  mirate  alla sensibilizzazione  e  alla  crescita  della  capacità  e  della  coscienza critica dei cittadini con particolare riferimento all’universo dei media e della comunicazione. 

L'AIMC fa parte del Copercom

DIGITALE. UNA RIVOLUZIONE DA CAPIRE E GOVERNARE

Ci manipolano, radicalizzano le idee, ma portano benefici e potenzialità enormi Bisogna essere attrezzati e tradurle in vantaggi per noi e le prossime generazioni Parla Floridi, filosofo dell’informazione a Oxford

di SILVIA CAMISASCA

          «Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, durante l’amministrazione Clinton, si fece l’errore, non facile da evitare, di trattare le tecnologie digitali alla stregua di utility, beni di servizio come gas o acqua, lasciandole sviluppare senza codici di regolamentazione, non considerando il fatto che mondo digitale e social media creano un ambiente in cui gli individui trascorrono il loro tempo».             Lo spiega Luciano Floridi, direttore di ricerca e docente di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, disciplina di cui è ritenuto fondatore. Nel mondo analogico di radio, tv o giornali, questo non avviene: non si vive 'in tv' o 'sulla radio', ma si naviga 'in rete', si chatta 'on line', a causa della formidabile capacità, propria del digitale, di aprire uno spazio in cui le persone si muovono liberamente. Spazio che nel testo La Quarta Rivoluzione (Cortina Editore, pp. 304, euro 24) Floridi definisce «infosfera».
         Un libro che ben chiarisce che la fase in corso non ci vede né connessi, né off line, ma, siamo in quella zona in cui, per dirla con Floridi, il fiume si getta nel mare e, dunque, «non ha senso chiedersi se l’acqua sia dolce o salata, siamo semplicemente in zone salmastre» conclude il filosofo.
      E di filosofia, di fronte alle sfide etiche, talvolta destabilizzanti, che vorticose innovazioni tecnologiche impongono, c’è un gran bisogno.
       Col paradigma di intelligenza artificiale la fantascienza è sempre di più forza sociale con eserciti di robot che svolgono alcune funzioni molto meglio dell’uomo: leggono le lastre con maggior dettaglio di un radiologo e intervengono con mano più ferma di un chirurgo, esattamente come sono sistemi artificiali a pilotare aerei e a raccogliere istantanee da Marte. La meccanizzazione dell’azione comporta il divorzio - non il matrimonio, come spesso si ritiene - tra intelligenza e azione. Certo da tali progressi tecnologici si trarranno enormi benefici, ma il rischio di rimanere travolti dall’oceano di dati prodotti dall’Ict e dalle infinite nuove opportunità è molto alto. Ancora una volta di fronte all’ondata digitale siamo a un bivio, in cui non è esclusa la possibilità di prendere la via sbagliata, cedendo alla tentazione di credersi al centro dell’universo e non mettendo a servizio dell’umanità questa nuova risorsa.
         Professore, in che senso il rapporto con i nuovi mezzi richiede una grande consapevolezza del cambiamento che portano con sé?
«Il concetto di comunicazione, dalla nascita della scrittura, è legato alle funzioni di registrazione e diffusione di informazioni, ma i sistemi digitali, assolvono anche una terza funzione, 'elaborano' cioè manipolano, automaticamente e autonomamente, gli oggetti che trattano. Inoltre, approcciando i media digitali, l’utente non è più passivo, ma interagisce con essi: si pensi banalmente ai movimenti che compiamo con un cursore. Rielaborazione e interazione, non presenti in epoca analogica e, invece, caratterizzanti l’infosfera digitale, comportano un terzo elemento di novità: il contatto (o contrasto) con agenti non necessariamente umani. In altre parole, molto spesso, la controparte della nostra interfaccia è rappresentata da un software che, altrettanto spesso, è più abile nell’esprimere preferenze e interessi nostri. È come se l’agente artificiale giocasse d’anticipo, selezionando e ordinando gli elementi nel momento in cui, ad esempio, ese- guiamo ricerche in rete».
         Qui si apre la spinosa questione di quanto e come le tecnologie digitali 'pilotino' e condizionino menti e utenti. In che misura è vero?
«È un passaggio delicato: sarebbe più semplice se i social media 'manipolassero' banalmente le persone, invece, l’operazione è più sottile, perché è tesa ad 'agevolare' il nostro lavoro riferendosi alle tracce lasciate nel virtuale dal nostro comportamento passato».
          Si può dire, dunque, che ci condizionano indirettamente, nel momento in cui assecondano i nostri gusti per condurci ancora a loro?
«È proprio così: per offrire un servizio migliore e, presumibilmente, gradito, 'alimentano' le nostre posizioni. Non sfugge, a questo punto, la potenza del digitale di 'radicalizzare' e polarizzare le coscienze, mostrando sempre più loro ciò che già rientra nei propri orizzonti. Nel mondo analogico, ciò avviene più difficilmente: ad esempio, un appassionato di calcio, su un quotidiano trova, oltre alle pagine di stretto interesse sportivo, anche servizi di economia, politica o scienza e, anche scegliendo di trascurarli, di fronte a una proposta che contempla l’eterogeneità, accetta e convive con la diversità, dà per scontato tollerare le passioni degli altri».
        L’individuo, quindi, nella rete finisce sempre più per arroccarsi sulle proprie posizioni, chiudendosi in una sfera personale e ponendo se stesso al centro dell’universo?
«Diciamo che lo sconfinato mondo digitale apre e chiude contemporaneamente le menti e, rispetto all’approccio analogico, richiede molta più consapevolezza e preparazione. Risorse e potenzialità sono enormi, ma bisogna essere ben 'attrezzati' per tradurle in vantaggi, per noi e le prossime generazioni ».
             In un tale mare magnum che ne è dell’etica?
«I principi normalmente chiamati in causa in relazione ai 'danni collaterali' del vivere virtuale sono quelli di privacy e tolleranza e, del resto, le motivazioni sono sotto gli occhi di tutti, come è chiaro che in merito a tali questioni si discute da secoli, ben prima dell’avvento di internet: basta pensare a Locke! Lo scossone etico, secondo me, avviene su un altro piano, perché in rete, non solo ci confrontiamo con agenti 'altri' rispetto all’umano, ma questi gettano una luce diversa su noi stessi: in altre parole, se un robot guida o disegna meglio di noi, siamo 'detronizzati' nel nostro primato, spodestati dalla nostra centralità».
             Anche questo, in verità, non è la prima volta che si verifica.
«Appunto. Già tre volte, con Copernico, Darwin e Freud, nella storia dell’umanità l’uomo ha perso la centralità dell’universo: sono state tre rivoluzioni dalle quali l’individuo è uscito ricollocato in una posizione marginale. Ora, è in corso la quarta rivoluzione, dalla quale emerge un uomo non più al centro della gestione dell’informazione e della comunicazione».
        È la 'Quarta Rivoluzione' che dà il titolo al libro, in cui tutti noi non siamo protagonisti dell’infosfera, pur vivendoci e 'vivendola'?
«Esattamente. È come se organizzassimo una cena, in cui, però, non siamo i festeggiati. Del resto, il soggetto nell’etica classica, è sempre l’Io, mentre l’ottica che andrebbe a ridefinire la posizione contemporanea è quella di un’etica di cura e servizio verso l’altro, in cui all’Io sostituisco, non tanto l’altro, ma la relazione che si salda tra me e ciò che è fuori di me. Questo è già avvenuto in altri campi, ad esempio, la scuola, l’ambiente o la medicina. Cosa significa medicina di servizio, se non che al centro dell’attenzione non è il medico o il chirurgo che opera, ma la cura e la salute del paziente?».
          L’imporsi di una nuova etica non potrebbe, in ultimo, aiutarci?
«Certo, soprattutto, perché ci siamo adagiati sul 'meccanismo' newtoniano di causa-effetto: il processo digitale, invece, procede secondo un rimando di 'link', prevede appunto uno schema reticolare, di nodi e intrecci».
          Di relazioni?
«Esatto: immaginiamo tante strade che si intersecano in una rotonda (l’uomo) dove si incontrano e saldano le relazioni e i rapporti tra gli individui. Come nel caso del matrimonio, al centro non è l’uno o l’altro, ma la relazione, così si estende a tutte le forme che si possano sperimentare nel vissuto. Al centro dell’agire politico non è lo Stato, il partito o il sindaco, ma il tessuto civico tra le varie componenti. E lo stesso nel business o nell’informazione. L’uomo, quindi, è il risultato (un incrocio) di tante relazioni e vari rapporti».
             Nell’ampia zona di acqua dolce-salata, in cui siamo contemporaneamente off e on line.
«Ha detto bene 'ampia zona', perché l’area dell’infosfera è sempre più grande: questo è bene ricordarlo a chi ritiene di poter fare a meno delle tecnologie digitali. Ovviamente è possibile, ma gli 'esclusi' subiranno così un doppio danno: non solo più deboli, perché sprovvisti degli strumenti necessari all’accesso digitale, ma, non godendone i vantaggi, la propria dimensione sarà sempre più determinata, 'decisa' da chi sperimenta e vive il virtuale, usufruendo già anche delle relative opportunità. Questo l’Italia lo dovrebbe tenere presente, considerando che è fanalino di coda, a livello europeo, per apertura alla 'mentalità' digitale: vale per i pagamenti on line come per gli acquisti in rete, per i big data come per i servizi bancari».
           «A cavallo delle rivoluzioni qualcuno paga sempre le spese delle trasformazioni. Occorrerebbe che tutta la società si facesse carico dei costi dell’Intelligenza artificiale?
«Giusto. La profondità e radicalità dei mutamenti impedisce all’attuale generazione di stare al passo degli eventi e a rimanere indietro saranno molti. Non è giusto che chi è escluso oggi, in termini di perdita di ruolo, lavoro e reddito, debba pagare tutte le conseguenze di un beneficio per tutta una civiltà: un beneficio che ha un costo, di cui tutta la società deve farsi carico.


ALLE ORIGINI DELL'AIMC - IL VALORE DI ESSERE ASSOCIAZIONE, SPAZIO DI RAPPRESENTANZA INTERMEDIA


LA POLITICA DEVE RISCOPRIRE IL DIALOGO CON I GRUPPI SOCIALI

Sarebbe utile riprendere il filo del rapporto con i migliori e più solidi soggetti di rappresentanza intermedia, anche se hanno perso peso negli ultimi anni.

 Le associazioni possono difendere gli interessi 
                     e valorizzare l’identità collettiva.                         
 Si è imposta invece nel corso degli anni una strategia di dura disintermediazione

Fa parte della storia sommersa di questo Paese un episodio del luglio ’44. Roma era stata liberata da poche settimane e papa Pacelli convocò due giovani militanti, Maria Badaloni e Carlo Carretto; diede loro del denaro liquido; li fornì di una Topolino («è parcheggiata giù in cortile»); e dette loro l’incarico di «battere» tutto il Mezzogiorno per costituire in ogni città o paese una associazione di maestri cattolici  (l'AIMC).
La motivazione veniva dalla sua consapevolezza che, della cultura organizzata, i meridionali avevano conosciuto solo un insegnante elementare; ma si può pensare anche ad una motivazione più politica, quella cioè di avviare una rete di associazionismo intermedio (subito dopo mise in campo i contadini della Coldiretti) che supportasse dall’esterno il nascente partito cattolico. Una strategia dal basso impensabile per un Pontefice da tutti considerato aristocratico e reazionario; ma decisiva per l’esplosione complessiva della Dc, operata su un collateralismo sociopro-fessionale, destinato nel tempo e tenere in piedi il consenso al partito, ben oltre la emozionale spinta d’opinione del primo periodo.
Ci si potrà domandare il perché di questo richiamo all’origine di quel collateralismo che, attraverso la valorizzazione delle categorie e lo sviluppo della rappresentanza intermedia, ha garantito la dinamica complessiva del sistema politico, visto che anche il Pci scelse di dotarsi di un robusto collateralismo. La risposta va ricercata nell’ipotesi che l’attuale crisi di consenso sia dovuta alla scelta di ricercare il consenso attraverso presenze e messaggi d’opinione e non di costante condivisione degli interessi dei vari gruppi sociali. Una scelta che ha finito per imporre nel tempo una strategia di dura disintermediazione, ostile alla mediazione e dove quindi il collateralismo sembrava non servire più.
Poi è arrivata una lunga stagione di tornate elettorali segnate dalla dispersione del voto ed addirittura da una massiccia astensione tanto che la parola d’ordine è diventata quella di recuperare il serbatoio degli «astenuti»; un mondo dove una volta arrivavano i rami territoriali del collateralismo, ma dove oggi la politica si arrocca in piccole isole di interessi specifici, prevalentemente localistici e quasi sempre clientelari. Così, mentre in passato ci turbava un consenso politico inquinato dal corporativismo collaterale, oggi ci turba un consenso inquinato dalle congreghe piccole o piccolissime che siano; ma navigando fra tante congreghe non si fa politica.
Per le prossime elezioni politiche è prevedibile che vinceranno o massicce campagne d’opinione o più ancora coalizioni di collegio centrate su microinteressi di congreghe locali.         Non sarebbe comunque male per la politica riprendere il filo del rapporto con i migliori e più solidi soggetti di rappresentanza intermedia. È vero che essi hanno perso peso negli ultimi anni, frammentati nei loro particolarismi interni ed insieme prigionieri della verticalizzazione e della politicizzazione della loro classe dirigente. Ma è anche vero che alcuni di essi (penso a Coldiretti o alle associazioni artigiane e commerciali operanti in Rete Imprese Italia) hanno conservato quell’impasto di difesa degli interessi, di valorizzazione dell’identità collettiva, di attaccamento al territorio che per decenni ha costituito la forza delle organizzazioni di rappresentanza. Dialogare con loro può essere difficile, nel troppo breve tempo a disposizione e in concomitanza delle trattative e degli emendamenti che accompagnano di solito la legge di Stabilità. Ma è cosa da tentare, se non si vuole restare prigionieri delle congreghe locali e dei loro capi-bastoni.


lunedì 27 novembre 2017

BANDO DI CONCORSO PER DIRIGENTI SCOLASTICI

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Pubblicato il nuovo bando di concorso da 2.425 posti per dirigenti scolastici, di cui 9 destinati al concorso Friuli Venezia Giulia. Il bando è oggi in Gazzetta Ufficiale. Le domande per accedere al concorso si potranno effettuare dalle 9.00 del 29 novembre alle 14.00 del 29 dicembre prossimi, tramite la piattaforma del MIUR Polis. Nei prossimi giorni il Ministero attiverà un’apposita pagina web con tutta la documentazione relativa al concorso.
Attualmente sono 6.792 i dirigenti scolastici in servizio, 1.189 i posti vacanti, 1.748 le reggenze, tenendo conto anche di scuole sottodimensionate e dei distacchi (comandi) presso altre amministrazioni o sindacali. Il 68,2% dei dirigenti in servizio è una donna, il 31,6% ha più di 60 anni (un dato comunque in calo rispetto al passato), l’età media è di 55,6 anni.
        I posti banditi corrispondono ai posti vacanti nell’anno scolastico in corso, più quelli che si renderanno liberi a seguito dei pensionamenti nel 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, detratti quelli che si possono coprire con le graduatorie esistenti nonché quelli delle scuole sottodimensionate (che non possono avere un dirigente titolare).
Il concorso consentirà quindi di abbattere il fenomeno delle reggenze sino al 2020/2021, anche perché si tratta di un bando nazionale e non regionale come l’ultimo del 2011. Si eviteranno così casi di graduatorie sguarnite e di altre troppo piene.
“I numeri del bando garantiscono una risposta importante e adeguata a scuole, ragazze e ragazzi e famiglie, garantendo l’abbattimento delle reggenze”, spiega la Ministra Valeria Fedeli. “Il ruolo della dirigenza - ricorda - è fondamentale nelle scuole: per il coordinamento del lavoro, per tenere insieme la comunità scolastica. Il dirigente è un punto di riferimento. Abbattere il fenomeno delle reggenze significa, dunque, lavorare per la qualità del sistema”. Il concorso sarà innovativo sotto il profilo della selezione.
“Sarà un corso-concorso, con una fase di tirocinio e accompagnamento successiva alle prove scritte, che è fondamentale per verificare sul campo le capacità gestionali e di organizzazione del lavoro delle candidate e dei candidati, chiamati anche a dimostrare la capacità di inserimento nella comunità scolastica ed educante, oltre che le loro conoscenze sulla normativa del settore. Si tratta, in sintesi, di un concorso che tiene conto dei cambiamenti che la professionalità del dirigente ha subito in questi anni per selezionare i migliori profili, valorizzando anche titoli ed esperienze fatte dalle e dagli aspiranti, compresi titoli di dottorato o attività di ricerca”, chiude Fedeli …. 


domenica 26 novembre 2017

IN PREPARAZIONE ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE. Il messaggio di Papa Francesco

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA 
LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2018

Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace

1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale,[1] è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».[2] Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico, per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]
2. Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”»,[5] che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il «desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da costruire».[6] Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare impraticabile, bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace. ...... (continua)


sabato 25 novembre 2017

DOMENICA 26 NOVEMBRE - CIO' CHE HAI FATTO AGLI ALTRI .........

Cristo Re dell’Universo 
Ez 34,11-17/ 1Cor 15,20-28/ Mt 25,31-46 

                 E così oggi concludiamo l’anno liturgico. Dalla prossima settimana inizieremo il cammino di avvento in preparazione al Natale. Ci prepariamo ad accogliere l’evangelista Marco e a salutare Matteo. Il quale, prima di congedarsi, ci lascia una pagina che è una frustata, un pugno nello stomaco, un zampata in pieno volto, così, tanto per scuotere le nostre coscienze intorpidite di innocui cattolici da poltrona. Prima, però chiariamo una cosa: la Chiesa non ha nostalgie monarchiche e non dobbiamo guardare ai (pochi e incoerenti) regnanti di questa terra per prendere esempio. Dire che Gesù è il Signore dell’Universo, è una destabilizzante testimonianza di fede: quell’ebreo marginale perso nelle pieghe della storia è colui che ha l’ultima Parola, colui che dà misura e senso ad ogni esperienza umana, che svela il mistero nascosto nei secoli. Meglio. Significa credere che le vicende umane non stanno precipitando in un baratro di violenza e di caos, ma nelle braccia di Dio. Ci vuole molta fede per fare una tale affermazione, ve ne dò atto, soprattutto dopo duemila anni di cristianesimo in cui le cose non sembrano cambiate in meglio. Dire che Cristo è “sovrano” della mia vita, significa riconoscere che solo in lui ha senso il nostro percorso di vita e di fede. Ed è bello, alla fine di quest’anno, ribadire con forza, insieme, questa nostra convinzione. Ma. Regalità Leggendo il vangelo conclusivo di Matteo restiamo sconcertati ed interdetti. Il clima è cupo, la visione di questo giudice implacabile come alcuni pittori ce l’hanno riportata, il possente Cristo di Michelangelo della cappella Sistina, ad esempio, fa paura. 
         Cosa ha che vedere questa pagina con il resto del vangelo? Matteo si è sbagliato? O ci siamo sbagliati noi quando continuiamo a professare il volto di un Dio compassionevole? I pastori, sul fare della sera, separavano le pecore dalle capre. Le capre, senza il “cappotto” fornito da madre natura, pativano il freddo proveniente dal deserto ed andavano ricoverate in un posto più caldo, come una stalla o sotto una roccia. Quest’immagine è lo sfondo del racconto di Gesù, una separazione che è una protezione, un’attenzione verso i soggetti deboli. Il pastore accoglie le pecore che lo hanno riconosciuto nel volto del povero, del debole, del perseguitato. Era prassi comune nel mondo ebraico, ma ne troviamo traccia anche in altre culture!, valorizzare i gesti di compassione verso i deboli. 
        Due sono le novità apportate dal vangelo di Matteo: Gesù lascia intendere che è lui che curiamo nel povero, identificandosi nell’uomo sconfitto. In secondo luogo questa identità è sconosciuta al discepolo che resta stupito nell’avere soccorso Dio senza saperlo. Il messaggio che Matteo ci rivolge è piuttosto chiaro: l’incontro con Dio cambia il tuo modo di vedere gli altri,.......

Leggi: CRISTO RE 

venerdì 24 novembre 2017

L'EDUCAZIONE, LE SFIDE EDUCATIVE, IL SERVICE LEARNING

Educare oggi e domani: 
una passione che si rinnova

di Italo Fiorin

ABSTRACT
I compiti perenni dell’educazione sono: trasmettere alle giovani generazioni il patrimonio culturale della comunità alla quale appartengono e fornire loro le competenze adeguate per inserirsi con successo nella realtà economica e sociale, una volta finito il percorso formativo. Oggi, però, tali compiti vanno ripensati, alla luce delle sfide che la società del XXI secolo pone all’educazione, e che possiamo sintetizzare nelle seguenti: la sfida dell’individualismo competitivo; la sfida della società multiculturale; la sfida della globalizzazione dell’indifferenza.
Se si vuole aiutare la persona umana a diventare più umana (J. Maritain) e a realizzare integralmente se stessa, bisogna cambiare logica, sostituendo il paradigma dell’utilitarismo individualistico con il paradigma del servizio. La proposta pedagogica del service Learning sembra particolarmente interessante a questo scopo.

Relazione tenuta al Convegno mondiale degli insegnanti cattolici (Oradea, Romania), 10-12 novembre 2017, dall'Unione Mondiale degli Insegnanti  Cattolici (UMEC-WUCT).
  
Che cosa significa educare? Che cosa significa oggi, nell'attuale scenario culturale e sociale?
Mi piace la definizione di un filosofo francese del Novecento, grande amico di Papa Paolo VI: <> (J. Maritain)
Educare, quindi, significa riconoscere questa profonda vocazione umana, alla quale nessuno può rispondere da solo, perché nessuno è autosufficiente, meno che mai lo è il piccolo bambino che ha bisogno di qualcuno che lo accompagni nel suo processo di crescita, e che lo aiuti a realizzare il proprio compito esistenziale. Accompagnare è un verbo molto importante, in educazione, delicato e forte al tempo stesso.
Questo è un compito che esige grande rispetto, grande attenzione, grande saggezza.
Qui sta la differenza fra chi si serve dell'autorità per dirigere la vita degli altri e chi se ne serve per aiutare gli altri a diventare, per quanto possibile, autonomi; la differenza tra chi è autoritario e chi è autorevole.
Chi è autoritario pretende un'obbedienza indiscussa, frutto della paura della sanzione; chi è autorevole fa appello alla libertà individuale e ottiene ascolto perché è credibile e perché sa parlare alla parte migliore del nostro cuore.
Del resto il significato della parola autorità ( ‘augere’, far crescere, ricolmare, donare con sovrabbondanza) ha a che fare con l'aiuto alla crescita dell'altro, non alla sua subordinazione.
Fanno crescere i figli i genitori che non impongono il loro progetto di vita, ma che li aiutano a scoprire i loro talenti e la loro vocazione.
Fanno crescere gli alunni gli insegnanti che non chiedono loro di ripetere quanto hanno loro detto, ma di pensare con la propria testa, e li aiutano a farlo.
Fanno crescere i bambini gli educatori che parlano con l'esempio, che incoraggiano a superare le difficoltà, che danno fiducia e responsabilità.
Ogni educatore è tale se è autorevole.
E nella sua azione di accompagnamento si trova a fare i conti con alcuni doveri educativi fondamentali, che hanno a che fare con le diverse dimensioni del tempo: il passato, il futuro, il presente.

Rispetto al passato il compito di ogni educatore è quello della consegna di un patrimonio. Anche in questo caso ci è di aiuto una parola latina: 'traditio', (tradizione, consegna, affidamento di qualcosa di prezioso).
Nessun uomo è un'isola, nessuno nasce al di fuori di una cultura, di un popolo, di una storia. La generazione adulta ha il compito di non disperdere il patrimonio culturale che nel tempo ha consentito ad una comunità di crescere, di svilupparsi.
Papa Francesco più volte ci ricorda l'importanza dell'essere popolo, comunità con legami di solidarietà, comunità con valori, spirituali, sociali, anche artistici. In maniera diversa, ma egualmente importante, scuola, famiglia, parrocchie, sono chiamate a questo compito di tradizione, di Radicamento identitario. Perché i bambini ...


lunedì 20 novembre 2017

LA PUZZOLA PUZZOLOSA

UNA FIABA PER EDUCARE ALL'ACCOGLIENZA


Una deliziosa fiaba (sia nella narrazione sia nelle immagini) scritta da Angela Raccuia (ora farmacista, ma insegnante per circa 20 anni nella scuola dell'infanzia, socia dell'AIMC di Falcone (Me), formatrice, autrice di varie pubblicazioni, coautrice di "Tessere di quotidianità interculturale", animatrice della Caritas, e illustrata da Salvine Miano, un'artista che cura varie inziative di educazione alla creatività.
La fiaba nasce da un progetto che ha favorito momenti di incontro tra insegnanti di scuola dell'infanzia e primaria, animatrici della Carita, catechisti, animatori sociali e bambini.
Racconta di una puzzola, naturalmente "puzzolosa", che ha difficoltà ad inserirsi nel mondo "normale" degli animali, ma che risulterà una preziosa risorsa per tutti.
La fiaba può essere richiesta alla Caritas Diocesana di Messina o all'editore: castaeditore@gmail.com 

Angela Raccuia, La puzzola puzzolosa, ed. Casta, Messina, 2017, pagg. 30, € 5,90
Parte del ricavato viene donato alla Caritas Diocesana di Messina



martedì 14 novembre 2017

NEWS DAL CONVEGNO DELL'UMEC IN ORADEA - Romania

IL CONVEGNO MONDIALE DEGLI INSEGNANTI CATTOLICI
UMEC-WUCT
Accoglienza, entusiasmo, qualità nella città di Oradea

              Entusiasmo, voglia di apprendere, di rinnovarsi, fame di sapere, di affacciarsi al mondo della conoscenza, di emergere nel panorama pedagogico e poi quella domanda a sorpresa durante la visita a una classe del liceo: " Che siete venuti a fare?" Intrinseco ed esplicito il divario tra due mondi, tra un paese alla ricerca della propria dimensione sociale, culturale ed economica e i paesi baciati dal progresso tecnologico e dalle innovazioni metodologiche.
L'Umec -Wuct organizza ogni anno convegni nei paesi europei e non, per offrire agli insegnanti cattolici di tutto il mondo le esperienze, le metodologie sperimentate nelle scuole del pianeta  e illustrate da relatori internazionali.
            Abbastanza interessante la tematica del Convegno: "L'INSEGNANTE DI FRONTE ALLE SFIDE EDUCATIVE DELL'OGGI"
Il convegno, al quale ha partecipèato un centinaio di docenti di varia provenienza, è stato preceduto dalla visita ad alcune scuole di ogni ordine e grado, dove si respirava un clima deamicisiano, anacronistico nelle classi italiane, ma fonte di riflessione e di autoanalisi del sistema scolastico. Simpara sempre da tutti, dai primi, dagli ultimi, dai ricchi, dai poveri, dai bambini, dai docenti di qualsiasi nazione con atteggiamento di umiltà e con lo spirito indicato con forza da Papa Francesco nellEvangelii Gaudium.
Il convegno è stato un'occasione dincontro e di crescita, nonostante alcuni problemi tecnici nella traduzione degli interventi.
Rilevanti e qualificati gli interventi del presidente Guy Bordeaud'hui (Belgio), dei professori John Lydon (St. Marys' University, Londra), Italo Fiorin (LUMSA, Italia),  Belen Tangco (St. Thomas Univesity, Filippine), Ionut Popescu (Facoltà di Teologia, Oradea),  Emmanuel  Banyvesize (Università Salesiana, Congo RD),  del segretario generale Giovanni Perrone (Italia),  dello scrittore Emanuele Verdura (Italia).
È doveroso ringraziare i vescovi Vincent Dollmann (Assistente Ecclesiastico dell'UMEC-WUCT), Virgilio Bercea (Eparca greco-cattolico) e Lazlo Boksei (Vescovo latino-cattolico),  dei padri Adrian Podar e  Paul Pope (delegati vescovili), della dirigente scolastica Antonia  Nica  e degli insegnanti, del rettore del Seminario e dei seminaristi per la magnifica l'accoglienza e lo sforzo organizzativo.
Significativi ed emblematici sono stati gli inviti rivolti, dai vescovi e dai docenti, al prof. Fiorin e allo scrittore Verdura a tornare in Romania per tenere incontri e corsi.
           Dello scrittore Verdura saranno tradotti in rumeno due libri: Con gli occhi di un bambino sordo, come narrativa per le scuole medie, e la guida di Educazione motoria per la scuola dell'infanzia. I libri saranno pubblicati e diffusi nelle scuole rumene.
           L'esperienza ha segnato positivamente tutti i partecipanti e ha permesso, nell'immediato, la costruzione di un ponte culturale e pedagogico tra Italia e Romania. Questo è lo spirito di universalità e di unione tra popoli che costituiscono la famiglia umana.
            Il dirigente dellUfficio della pastorale della Diocesi di Oradea e alcuni insegnanti hanno chiesto di poter partecipare al prossimo Congresso nazionale dellAIMC al fine di patere instaurare delle reazioni culturali con lAssociazione italiana.

Emanuele Verdura

Presidente  provinciale AIMC Milano- Monza

sabato 4 novembre 2017

L'INSEGNANTE E LE ODIERNE SFIDE EDUCATIVE - Convegno dell'UMEC-WUCT in Oradea (Romania)

WORLD  UNION  OF  CATHOLIC  TEACHERS - UNION MONDIALE  DES  ENSEIGNANTS  CATHOLIQUES
UNION MUNDIAL  DE  EDUCADORES  CATOLICOS -UNIONE MONDIALE INSEGNANTI CATTOLICI

                                                                                  EPISCOPIA GRECO-CATOLICĂ DE ORADEA
   

 PROGRAMME

                                                                   FRYDAY 10th NOVEMBER  - Grek-Catholic High School

10.00   Welcome - Bun venit - UMEC-WUCT Council of Presidents Meeting
Visit of the School/Vizita școlii - Visit City Fortress and Cathedral/Reception in Bishop’s Palace
17.30   Festive opening - Artistic moment - Speeches: Country School Inspectorate
Delegate/Delegat dinpartea Inspectoratului Școlar Județean Bihor - Local Authority Delegate/Delegat al autorității locale

   SATURDAY 11th NOVEMBER - Aula Magna Oradea’s Seminary 

09.00   Meeting: THE TEACHER AND THE CHALLENGES OF THE WORLD OF TODAY
WORK OPENING - DESCHIDEREA LUCRĂRILOR
S.E. Vincent Dollmann, Ecclesiastical Assistent UMEC-WUCT, A. Bishop, Strasbourg
Guy Bourdeaud’hui, President UMEC-WUCT
OPENING SPEECHES - DISCURSURI INAUGURALE
            S.E. Virgil Bercea, Greek-Catholic Bishop, Oradea/Episcopul Greco-Catolic de Oradea
            S.E. László Böcskei, Latin Bishop, Oradea/Episcopul Romano-Catolic de Oradea
            SPEAKERS - VORBITORI
            Emmanuel Banywesize, University “Gouvenance Economique et Politique », Congo RD
            Italo Fiorin, Director of the International Post-Graduate School EIS (Educare all'Incontro e alla Solidarietà) , Roma
            John Lydon, St.Marys’ University, London
            Ionuț Popescu, Head of Oradea’s Greek-Catholic Faculty of Theology
             Belen Tangco, St. Thomas’ University, Philippines
            MODERATOR
            Adrian Podar, Liceul Greco-Catolic, Oradea

            Holy Mass  Latin rite (12.30 h)

                                                                                                                     SUNDAY 20th - Oradea’s Seminary

09.00   Holy Mass, Oriental rite - Church of the Seminary -
10,30   UMEC-WUCT Council of Presidents Meeting
12.30   Conclusions