Pagine

sabato 6 dicembre 2025

LA PAROLA FA UGUALI


Il capitale semantico della società: dalla parola che fa eguali a Barbiana, alla comunicazione significativa

di Daniele Scarampi 

Ogni lingua stabilisce un sistema di significati sconfinato e assai eterogeneo se rapportato ad altri sistemi: ecco perché, sulla spinta delle teorie di A. von Humboldt e per tutta la successiva prima metà del Novecento, è nata e poi si è consolidata la teoria del relativismo linguistico, ovverosia l’idea che la lingua possa influenzare il pensiero, determinare le concezioni e veicolare ovvero modificare la percezione della realtà da parte di ogni singolo individuo (Sapir, Whorf 2017).

Le diversità linguistiche sono pertanto divenute il mezzo per spiegare almeno parzialmente le differenze cognitive o culturali delle varie società, atteso che idee e concetti possono subire l’influenza della lingua e quest’ultima, sovente, utilizza i suoi strumenti per plasmarli. La lingua è dunque un agente trasformativo della realtà, include in sé la visione del mondo e la modifica oppure ne cambia i presupposti, stabilendo successivamente le modalità del pensiero di coloro che la utilizzano (Prato 2019): tra linguaggio e pensiero – come già ammoniva L.S. Vygotsky – sussiste infatti una relazione dinamica e un rapporto di stretta reciprocità perché i parlanti e gli scriventi decodificano la realtà mediante la lingua; del resto la nota ipotesi di E. Sapir e B. Whorf, linguisti e antropologi, conosciuta anche come ipotesi della relatività linguistica, asserisce che ogni lingua determina la struttura cognitiva di chi la pratica. In altri termini, una data lingua, per mezzo del suo vocabolario e delle sue strutture grammaticali, tende a influenzare il sistema cognitivo e il modo di percepire il mondo: di conseguenza, chi parla e scrive lingue diverse avrà una differente concezione della realtà.

Ogni lingua è tutt’altro che un mero mezzo d’accesso al pensiero; è piuttosto uno strumento attraverso cui il pensiero prende forma ed esercita un’influenza diretta sulla cognizione.

Ne consegue che le differenze tra le lingue testimoniano sempre le diverse sfumature attraverso le quali i vissuti degli individui vengono percepiti, cosicché accettare la diversità etnolinguistica significa anzitutto accettare le diversità tanto sociali quanto culturali tra i popoli; è indubbio che, oggi, intervenire educativamente nei linguaggi parlati o scritti significa anche intervenire sulle condizioni sociali di parlanti e scriventi.

Compito dell’istruzione è intendere gli altri e farsi intendere, in modo da possedere gli strumenti necessari per poter affrontare la quotidianità, con tutte le sue difficoltà e i suoi fallimenti. La parola fa eguali, salva, emancipa e ben lo aveva intuito don Lorenzo Milani con la sua scrittura collaborativa e riflessiva, antesignana dell’attuale cooperative learning, della peer education, della didattica laboratoriale e di quella per competenze. Attualmente sui banchi di scuola non ci sono più gli ospiti di Barbiana, ma ci sono i figli degli immigrati, i bambini e i ragazzi che portano il fardello di situazioni familiari disastrose, i bisogni educativi speciali non certificati, i numerosissimi minori non accompagnati, gli apolidi, i dispersi, gli abbandonati o i figli delle guerre: insomma le nuove povertà educative.

L’ottavo sacramento

Il compito della scuola, che don Milani definiva l’ottavo sacramento, è inseguire un ideale di giustizia ed equità sociale e tradurlo in una serie di azioni pratiche e concrete, a supporto di ogni discente. Perché la scuola che sa accogliere è anche quella che sa prendersi cura di ogni esigenza e soprattutto che sa mettere lo studente al centro dell’apprendimento.

Del resto la scuola non deve essere soltanto un luogo di trasmissione dei saperi, ma deve farsi spazio di ricostruzione del senso; l’educazione non è più soltanto un processo di istruzione, ma è un atto di ricomposizione semantica del mondo: là dove i linguaggi si moltiplicano e si frammentano, la scuola deve diventare il luogo in cui si genera il capitale semantico della società, ovverosia l’insieme dei significati condivisi che permettono a una comunità di pensare, comunicare e progettare il proprio futuro (Fundarò 2025). Questa è la più intima eredità di Barbiana.

Il nostro tempo è attraversato da una profonda crisi del significato, dovuta all’infodemia che la rivoluzione digitale ha generato; per cui l’aumento della mole informativa non corrisponde a un aumento di conoscenza, semmai la disgrega e la parcellizza.

Educare, pertanto, significa anche e soprattutto costruire la competenza semantica, cioè la capacità di attribuire significati condivisi, costruire relazioni di senso e riconoscere le connessioni tra le informazioni. La scuola, in questa prospettiva, ha l’obbligo di custodire e implementare il capitale semantico, cosicché – nella selva dei linguaggi frammentati – si possa perseguire l’unità del senso, condurre verso la responsabilità della parola e dare forma al pensiero.

La sfida educativa dei nostri giorni – come ben hanno intuito L. Floridi (2024) e A. Fundarò (2025) – non è reperire dati e informazioni, ma piuttosto comprenderli, interpretarli e trasformarli in conoscenza, poiché la competenza semantica presuppone tre dimensioni fondamentali: la capacità di decodificare testi e messaggi, l’attitudine a valutare la verosimiglianza delle informazioni e, non in ultimo, la creatività cognitiva, ossia l’abilità nel generare nuovi significati a partire dai dati disponibili.

Capitale semantico

D’altronde il capitale semantico è quella sommatoria di contenuti che consente di dare un senso alle esperienze vissute, alimentando processi di interpretazione, comunicazione e comprensione reciproca: l’eredità invisibile fatta di parole condivise, esperienze sedimentate, simboli riconoscibili; in un mondo dove i devices sanno già comunicare e il web veicola la conoscenza, il vero traguardo è comprendere, selezionare, interpretare i messaggi orali e scritti in modo da restituire significati comprensibili a tutti e combattere la disinformazione. Oltretutto ragionare sulle parole, usate nelle più disparate situazioni, ci aiuta a capire un po’ meglio come funziona la lingua.

Ora, se il fine ultimo dell’istruzione è creare individui consapevoli, il traguardo che la scuola deve imporsi è quello di emancipare le persone dai gioghi culturali e sociali, per poi condurle verso lo sviluppo d’una coscienza critica utile a far valere sempre quei diritti fondamentali troppo spesso vilipesi e calpestati. Ecco dove nasce la pedagogia dell’aderenza assai cara al Priore di Barbiana: partendo dall’ambiente in cui vive, lo studente costruisce la propria conoscenza e il docente, nell’organizzare i significati, struttura con il discente un ambiente d’apprendimento efficace e operativo. Dal particolare all’universale allievo e maestro pattuiscono regole comuni.

Quindi, costruito un apprendimento significativo, la pedagogia dell’aderenza accompagna verso lo sviluppo di quella che C. Rinaldi (2024) definisce «intelligenza sensibile» – naturale evoluzione dell’intelligenza emotiva di M. Goleman – che, trascendendo l’empatia, raggiunge un livello assai profondo di comprensione sensoriale.

Non si tratta solamente di comprendere ciò che il nostro interlocutore prova sul piano emotivo, ma di ascoltare anche i suoi segnali più sottili e corporei che costituiscono un fondamentale feedback comunicativo. La comunicazione efficace non è fatta soltanto da un uso sapiente delle parole, ma anche dalla capacità di ascolto attivo, che consente di accogliere l’altro, di creare un clima di fiducia reciproca, di mettersi in frequenza comprendendone i messaggi e stabilendo quelle connessioni indispensabili al superamento di attriti e incomprensioni.

In conclusione vale la pena osservare che, da sempre, l’identità di un popolo o di una cultura è legata inscindibilmente alla lingua, in quanto scrigno di valori culturali e punti di vista differenti resi manifesti per il tramite degli strumenti lessicali e delle regole grammaticali. Tuttavia lingua e identità sono concetti mobili, in continua evoluzione, ed ecco che il capitale semantico fornisce gli strumenti concettuali per dare senso alla realtà e creare un senso di appartenenza.

 

Biblio-sitografia

Bramante, R.P., Ascolto attivo: una competenza silenziosa, , 24 ottobre 2025.

Fundarò, A., Il capitale semantico dell’educazione: costruire identità e senso nell’era digitale, , 31 ottobre 2025.

Genovese, G.A., , Erickson.it, 23 gennaio 2025.

Laudisa, E., , GoodJob.Vision, 4 febbraio 2024.

, Rivista.ai, 31 ottobre 2024

Prato, A., , IstitutoEuroArabo.it, 2019.

Rinaldi, C., , Milano, Egea, 2024.

Ronchi, M., , econopoli.ilsole24ore.com,16 ottobre 2025.

Sapir, E., Whorf, B., , Cassarai, M., Crucianelli, E. (ed.), Roma, Castelvecchi, 2017.

Scarampi, D., L’ottavo sacramento: una scuola che accoglie. La lezione di don Milani, Firenze, Giunti Scuola, 2021.

Scarampi, D., , Lingua italiana, Treccani.it., 2023.

Treccani 

Immagine


Nessun commento:

Posta un commento