della dottrina sociale
della Chiesa?
A Subiaco, un incontro per definire le res novae della Dottrina Sociale della Chiesa, organizzato dalla rivista “La Società”.
Quali le sfide del futuro?
Dall’intelligenza artificiale ai nuovi paradigmi economici
Per
cercare di dare risopsta a questa domanda, la rivista La Società in
collaborazione con la Rivista “Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Le
cose nuove del XXI secolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e
la “Cattedra Rosmini” hanno organizzato un simposio dal 25 al 27
luglio, affrontando tutti i temi possibili in un grande spirito di dialogo.
Il
vescovo Mario Toso di Faenza – Modigliana, già segretario del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha sottolineato nel suo
intervento che “la Dottrina Sociale fornisce chiavi interpretative che pongono
in dialogo varie discipline per dare contributo alla conoscenza, alla pace, alla
realizzazione del Regno di Dio.
La dottrina sociale non è un sapere dedotto,
non è imposto dall’alto, non è una dottrina elaborata. La dottrina sociale è un
sapere aperto.
Si
tratta, insomma, di guardare con curiosità ai nuovi temi presenti nella
società, considerando anche le novità dei nostri tempi, dall’economia informale
all’intelligenza artificiale.
Va
soprattutto – ha detto – superata la visione secondo la quale “la Dottrina
Sociale è facoltativa e non fondamentale”, smantellando “il sospetto
dell’irrilevanza della Dottrina Sociale rispetto ai dogmi del capitalismo
woke”.
Il professor
Alberto Preziosi ha parlato del “ventennio” in cui i cattolici italiani non si
sono riuniti nelle settimane sociali. In quei tempi, ha detto, “è stato
snobbato il compendio, si riteneva che fosse una sintesi sistematica in fondo
superata dai tempi e non considerata dialettica”.
Ma
come si è evoluta la Dottrina Sociale? Preziosi spiega che al centro della
Dottrina Sociale c’è “l’annuncio del Vangelo”, e ha individuato diverse fasi
della dottrina sociale: da quella che parte con la Rerum Novarum agli
anni Venti e Trenta del secolo scorso; dagli anni Venti e Trenta in cui
il magistero sociale diventa appannaggio di una realtà più popolare, con
l’idea di fare formazione sociale, alla fase che nasce sul finire della Seconda
Guerra Mondiale, con una nuova forma di magistero sociale, che si scontra anche
con l’evoluzione del socialismo.
Quindi,
c’è la quarta fase, quella del Concilio Vaticano II, perché – racconta Preziosi
– “Giovanni XXIII e Paolo VI cambiano il metodo di elaborazione della
dottrina sociale. Dal metodo deduttivo ad un metodo induttivo”.
La
quinta fase segue il Concilio, ed è delicata, perché “il concilio apre lo
scenario nuovo, si rende conto del cambiamento di metodo”. Già durante
il dibattito conciliare si contesta l’uso del termine “dottrina”, si parla di
una interpretazione più libera.
Con
Benedetto XVI – è la sesta fase – “si esaurisce il confronto, perché la crisi
delle ideologie ha lasciato il campo in un pensiero unico”. Viene
sottolineato il nuovo umanesimo, già Giovanni Paolo II, con la Laborem
Exercens, la Sollicitudo Rei Socialis e la Centesimus
Annus, aveva rimesso in campo il tema dell’etica sociale,
per superare le ideologie presenti.
Infine,
la VII frase, con Papa Francesco, che è la fase dei grandi cambiamenti
sociali.
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