Il
29 giugno è la festa dei due apostoli fratelli nel martirio. A Pietro, un
pescatore di Galilea, Gesù dice: "Tu sei Pietro e su questa pietra io
edificherò la mia Chiesa”. Paolo, un tempo nemico e persecutore dei cristiani,
diventa testimone di Cristo. Ripercorriamo, attraverso alcune riflessioni dei
Pontefici, il legame di questi due principi della fede con Roma
-
- di Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il
29 giugno, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Leone XIV presiederà,
nella Basilica di San Pietro, la celebrazione eucaristica, benedirà i Palli e
li imporrà ai nuovi arcivescovi metropoliti. In questa festa si riflette la
storia della Chiesa di Roma, fondata sul martirio di Pietro e Paolo. Nelle
riflessioni dei Pontefici su questi testimoni della fede, rigenerati
dall’incontro con Cristo, emerge innanzitutto un orizzonte: i due apostoli,
patroni di Roma, sono un esempio di unità nella diversità. Pietro, un semplice
pescatore, ha vissuto nella sequela del Signore. Paolo, un colto fariseo, ha
annunciato il Vangelo.
Pietro e Paolo, testimoni di
vita nuova
Due
uomini molto diversi ma uniti da un incontro
Pio
XII: fede di Roma sigillata con il sangue di Pietro e Paolo
Pietro
e Paolo, percorrendo strade diverse, hanno abbracciato e testimoniato la fede
in Gesù. A questa fratellanza sono dedicate le parole di Pio XII nel radiomessaggio del 29 giugno del 1941:
Pio
XII: la Roma dei Cesari fu battezzata Roma di Cristo
In
questa solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il vostro devoto pensiero e
affetto, diletti figli della Chiesa cattolica universa, si rivolge a Roma con
la strofa trionfale: O Roma felix quae duorum Principum es consecrata
glorioso sanguine! ‘O Roma felice, che sei stata consacrata dal sangue
glorioso di questi due Principi!’. Ma la felicità di Roma, che è felicità di
sangue e di fede, è pure la vostra; perché la fede di Roma, qui sigillata sulla
destra e sulla sinistra sponda del Tevere col sangue dei principi degli
apostoli, è la fede che fu annunziata a voi, che si annunzia e si annunzierà
nell’universo mondo. Voi esultate nel pensiero e nel saluto di Roma, perché
sentite in voi il balzo della universale romanità della vostra fede. Da
diciannove secoli nel sangue glorioso del primo Vicario di Cristo e del Dottore
delle genti la Roma dei Cesari fu battezzata Roma di Cristo, ad eterno segnale
del principato indefettibile della sacra autorità e dell’infallibile Magistero
della fede della Chiesa; e in quel sangue si scrissero le prime pagine di una
nuova magnifica storia delle sacre lotte e vittorie di Roma.
Giovanni
XXIII: Pietro e Paolo hanno fatto splendere il Vangelo
Roma,
Pietro e Paolo. È in questo trittico che si collocano le parole pronunciate
nell’omelia da Giovanni XXIII il 29 giugno del 1961. Con
la testimonianza dei due apostoli, sottolinea Papa Roncalli, l’Urbe è
“diventata discepola della verità”.
San
Pietro e San Paolo sono venerati dappertutto nel mondo per la più alta dignità
del loro compito quale si è manifestato nel disegno di Cristo. Di fatto, San
Leone Magno dice che i due Apostoli Pietro e Paolo, araldi precipui del
Vangelo, sono giustamente oggetto di culto straordinario in quest'Urbe
gloriosa, centro della cristianità, per aver consumato qui il loro sacrificio,
e segnato per ciò da Roma l'inizio della loro universale esaltazione. Che belle
parole per questa loro festa, in die martyrii laetitiae principatus.
‘Questi sono in verità i grandi personaggi che hanno fatto splendere innanzi a
te, o Roma, il Vangelo di Cristo; e da maestra che tu eri di errore, sei
divenuta discepola della verità‘.
Paolo
VI e la bellezza morale di Roma
“Roma,
se vuole essere beata, deve essere fedele a se stessa, per la sua formazione
religiosa, per la sua coscienza cattolica, cioè universale, per la sua dignità
morale”. Papa Paolo VI all’Angelus del 29 giugno 1972, intreccia come i suoi
predecessori le figure dei due apostoli con la storia di Roma.
Paolo
VI: Pietro e Paolo sono le prime colonne della cristianità
Pietro
e Paolo, che possiamo dire le prime colonne fondamentali della cristianità,
hanno dato a Roma la testimonianza del loro ministero apostolico e del loro
martirio; un impegno perenne ne deriva ai Romani d’ogni secolo, e più che mai a
quelli del nostro, di conservare all’Urbe il suo volto spirituale, nella fede e
nel costume specialmente, e di qualificare cristianamente la sua caratteristica
fisionomia, non profanata dalle bassezze, che oggi il decadente agnosticismo
etico rende pur troppo tanto facili e comuni. A chi tocca difendere la bellezza
morale di Roma? A noi Romani, a noi cristiani specialmente, facendo del culto
dei due grandi apostoli, oggi commemorati, lo scudo nobile di difesa e la
sorgente di autentica consapevolezza civile e religiosa del suo immortale
decoro.
Giovanni
Paolo II: la vita di Pietro e Paolo permane in Dio
La
vita degli apostoli Pietro e Paolo è al centro dell’Angelus, il 29 giugno del 1986, di Giovanni Paolo II. Una
vita straordinaria “per la potenza dello Spirito Santo”:
Giovanni
Paolo II: Pietro e Paolo nella memoria della Chiesa
Questa
vita - la vita di ognuno di loro - è stata tanto straordinaria per il rapporto
con Cristo, che li chiamò alla sua sequela. Chiamò Simone, figlio di Giona, che
fu pescatore in Galilea, e gli diede il nome di Pietro, cioè “pietra”. Chiamò
pure Saulo di Tarso, che fu persecutore dei cristiani, e fece di lui l’apostolo
delle genti, “strumento eletto” (At 9, 15). La vita di tutti e due è così
straordinaria per la potenza dello Spirito Santo, che ha permesso loro di dare
testimonianza a Cristo crocifisso e risorto: “Egli mi renderà testimonianza; e
anche voi mi renderete testimonianza” (Gv 15, 26-27). La morte che l’uno e
l’altro hanno subìto a Roma ai tempi di Nerone fu l’ultima parola di questa
testimonianza. Decise della sua definitiva pienezza. Proprio per questa morte
come martiri la loro vita permane in modo particolare nella memoria della
Chiesa. Essa permane soprattutto in Dio che “non è il Dio dei morti ma dei
viventi” (Mt 22, 32); in Dio in cui “tutto vive”.
Benedetto
XVI e l’atto di nascita della Chiesa di Roma
La
morte genera vita. È a questo fondamento dell’amore cristiano che Benedetto XVI
lega la propria riflessione dell’Angelus del 29 giugno 2006. Pietro e Paolo, apostoli di
Cristo, sono “colonne e fondamento della città di Dio".
Benedetto
XVI: sangue fuso quasi in un'unica testimonianza
Il
loro martirio viene considerato come il vero e proprio atto di nascita della
Chiesa di Roma. I due Apostoli resero la loro testimonianza suprema a poca
distanza di tempo e di spazio l'uno dall'altro: qui, a Roma, fu crocifisso san
Pietro e successivamente venne decapitato san Paolo. Il loro sangue si fuse
così quasi in un'unica testimonianza a Cristo, che spinse sant'Ireneo, Vescovo
di Lione, a metà del secondo secolo, a parlare della "Chiesa fondata e
costituita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo" (Contro
le eresie 3, 3, 2). Poco tempo dopo, dall'Africa settentrionale,
Tertulliano esclamava: "Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli
Apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta".
Testimoni di Gesù che
bussano ai nostri cuori
Le
riflessioni di Papa Francesco sulle figure di questi due apostoli
Francesco:
il Popolo di Dio è debitore verso Pietro e Paolo
Quella
del 29 giugno è dunque, in modo speciale, la festa della Chiesa di Roma,
fondata sul martirio dei Santi Pietro e Paolo. Ma è anche una grande festa per
la Chiesa universale, sottolinea Francesco all’Angelus il 29 giugno del 2013:
Francesco:
l’amore di Cristo genera la fede
Tutto
il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede. Pietro è
stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha
diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che
tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede. Per
questo la Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di
riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere
dell’Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo!
In fondo, è sempre e soltanto l’amore di Cristo che genera la fede e che manda
avanti la Chiesa.
È
l’amore la chiave di un autentico apostolato. La parola “Roma”, letta nel senso
inverso, forma il vocabolo “Amor”. Questa antica capitale del mondo, crudele
con molte generazioni di cristiani, ha fatto morire come martiri i primi
apostoli di Cristo. Ma nel suo nome si consolida la verità sull’amore di Dio,
sulla misericordia del Padre. Una verità più grande della morte.
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