in deficit emotivo
nuove risposte educative
sui valori
Centinaia di giovani sondati per
ascoltarne gli stati d’animo e cogliere i princìpi ai quali ispirano la vita.
Con alcune sorprese.
I quattro profili dallo studio
dell’Osservatorio legato all’Università Cattolica: ambiziosi bilanciati, leader
socialmente orientati, altruisti prudenti e indipendenti distaccati
Una generazione che fatica a governare i
suoi sentimenti mostra di essere felice solo quando unisce obiettivi personali
e apertura agli altri
La fotografia dell’Istituto Giuseppe
Toniolo
-
Nella
società dell’analfabetismo emotivo e dell’iperconnessione digitale si parla
spesso della necessità di educare ai sentimenti. Ma con quali strumenti? Una
nuova ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, pubblicata nel Rapporto
Giovani 2025 (ed. Il Mulino), suggerisce una strada concreta e
forse inaspettata: partire dai valori. Capire, cioè, quali princìpi guidino la
giovane generazione nelle sue scelte quotidiane e come questi orientamenti si
intreccino con il suo benessere emotivo. Il capitolo, firmato da
Iori, Ellena, Marzana, Martinez Damia e Marta, si basa su un’indagine condotta
su un campione rappresentativo per età, genere, area geografica e tipo di
scuola, composto da 800 adolescenti. La ricerca si è servita di un questionario
basato sulla teoria dei valori di Schwartz, che individua dieci domìni
valoriali (tra cui potere, successo, edonismo, stimolazione, autodirezione,
universalismo, benevolenza, tradizione, conformismo e sicurezza), che possiamo
considerare un po’ come “motori” dell’agire umano.
I
quattro gruppi
L’ analisi
ha permesso di identificare quattro gruppi di adolescenti, ognuno con un
proprio profilo valoriale differente.
-
Il gruppo di ambiziosi bilanciati: sono ragazzi e ragazze che
puntano al successo e all’indipendenza, ma senza trascurare la stabilità e il
rispetto per gli altri. Potremmo immaginarli come studenti determinati a
ottenere buoni risultati scolastici, ma attenti anche al clima di classe e al
proprio equilibrio personale.
-
Il gruppo di leader socialmente orientati: sono giovani molto
ambiziosi, che vogliono farcela nella vita, ma attribuendo valore alla
collaborazione, alle regole e alla giustizia sociale. Sono quelli che
partecipano con entusiasmo, guidano progetti scolastici e si mettono a
disposizione degli altri.
-
Il gruppo di altruisti prudenti che mostrano poco interesse
per la competizione o il potere. Cercano ambienti sicuri, relazioni
affidabili e agiscono per il bene comune. Magari non alzano la voce, ma sono
quelli su cui si può contare davvero.
-
Il gruppo di indipendenti distaccati, infine, appaiono più
disillusi: danno poco peso sia alle ambizioni personali sia ai valori sociali.
Tendenzialmente meno coinvolti, fanno più fatica a trovare un orientamento
valoriale chiaro, e anche emotivamente si mostrano più spenti. T ra
le variabili demografiche analizzate, solo la tipologia di scuola frequentata
ha mostrato una relazione significativa con i profili valoriali: gli
istituti tecnici tendono ad accogliere più “ambiziosi bilanciati”, i
professionali più “leader socialmente orientati”, mentre nei licei prevalgono
gli “altruisti prudenti”. Questo fornisce un dato empirico a un sentire comune:
anche i percorsi formativi hanno una relazione con i valori. Ma ciò
che colpisce maggiormente è il forte legame tra valori e stati
emotivi (disperazione, ottimismo, gioia, speranza, desiderio di
lottare). Il dato forse più sorprendente (ma neanche così tanto, a
pensarci bene)? I giovani e le giovani che provano
più ottimismo, gioia, speranza e desiderio di
lottare appartengono al gruppo di leader socialmente orientati;
non sono quindi le persone più egocentriche quelle che stanno
meglio, ma quelle che sanno coniugare i propri obiettivi
con l’apertura verso l’altro. Al contrario, chi è più distaccato
mostra meno positività. Una lezione preziosa, che va in
controtendenza rispetto ai miti dell’individualismo contemporaneo. La
speranza – sentimento oggi tanto fragile nella
giovane generazione – sembra germogliare proprio là dove si coltivano
valori di cura e rispetto.
Questo
porta a una riflessione operativa: di fronte al disagio emotivo degli
adolescenti non bastano risposte cliniche o individuali. Servono anche
prospettive educative, comunitarie, preventive. Parlare di emozioni, oggi,
significa anche interrogarsi su quali valori collettivi vogliamo trasmettere.
Valori che aiutino i ragazzi e le ragazze a sentirsi parte di qualcosa di
più grande, che diano senso alle difficoltà, che accendano fiducia. Possiamo
garantire interventi di questo tipo, insieme a quelli terapeutuci?
Educare
ai valori
Ecco
allora un messaggio potente: educare ai sentimenti significa anche educare ai
valori. Coltivare valori come la cura, la solidarietà, la giustizia e l’empatia
non è solo una questione etica, ma una via concreta per nutrire benessere
emotivo e speranza. In un tempo in cui molti e molte adolescenti si sentono
smarriti/ e o schiacciati/e da aspettative e solitudini, ripartire da una
riflessione sui valori del nostro tempo è forse il gesto educativo più urgente
e più necessario. P erché questa riflessione sia efficace e si
traduca concretamente in un cambiamento, come è stato evidenziato nel volume Adolescenti
e vita emotiva (ed. Vita e Pensiero, a cura di Iori, Ellena, Marta),
sono ormai non solo necessarie ma urgenti alcune azioni. In primo luogo, è
necessario mettere in atto un ascolto reale della voce dei giovani, progettare
e realizzare azioni con loro e non per loro.
Si tratta di favorire occasioni, luoghi, esperienze che facilitino la
costruzione di progetti di sé e di senso per la propria esistenza. Occorre poi
offrire spazi fisici e di senso, guidati da professionalità capaci e
riconosciute, in grado di ricevere le domande degli stessi adolescenti e di
offrire incontri e relazioni intergenerazionali. In secondo luogo, è importante
superare un concetto di genitorialità intesa in modo privato per accedere a una
genitorialità e generatività sociali. Occorre supportare i genitori nell’andare
oltre stili educativi incerti e contraddittori che producono comportamenti
soffocanti o eccessivamente tolleranti e comunque incapaci di negoziare i
divieti. È però anche importante attivare progetti non solo focalizzati su temi
strettamente “genitoriali” ma ricordarsi che i genitori sono uomini e donne,
con i loro bisogni, fatiche e desideri. È bene, quindi, offrire anche occasioni
e momenti di incontro spontaneo, “leggero” tra adulti che sono anche
genitori. I n terzo luogo, nella consapevolezza che la scuola è un
elemento fondamentale nella vita degli /delle adolescenti anche per la sua
capacità/ possibilità di sviluppo di comunità, è indispensabile aiutare questa
istituzione a compiere scelte coraggiose che la configurino non solo come
agente di trasmissione di conoscenze e saperi ma anche come agenzia educativa
in senso pieno, attenta alla formazione esistenziale ed emotiva.
Patti educativi
Infine,
è necessario ricostruire patti educativi e comunità educanti che coinvolgano
scuole, Pubbliche Amministrazioni, Regioni, Comuni, Asl, Terzo settore, il
Privato sociale (e non), Parrocchie, Oratori, Centri sportivi e altre realtà
aventi finalità educative, servizi socioeducativi per ri-fare comunità,
contrastare l’isolamento e l’indifferenza reciproca, recuperare il senso del
“noi”, costruire un “abitare insieme” il mondo, che promuova empatia,
solidarietà, fiducia e speranza.
*Docente
di Psicologia sociale e di comunità all’Università Cattolica Membro del
Comitato scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo
di Studi superiori
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