Un’alleanza
creativa
o
una minaccia
all’originalità?
L’adozione
di strumenti di AI come supporto alla scrittura è in crescita, e la domanda di
fondo rimane: in che modo questi strumenti influenzano il processo creativo e,
soprattutto, qual è il loro ruolo nell’ambito dell’istruzione e della
produzione accademica?
Inizialmente,
molti osservatori hanno visto in ChatGPT e altri strumenti simili una
scorciatoia per il plagio. L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di
generare testo su comando, sembrava il perfetto strumento per chi desiderava
evitare il duro lavoro della scrittura. Ethan Mollick nel suo libro
Co-Intelligence ha avvertito che l’AI potrebbe dare il via a una “apocalisse
dei compiti a casa“, preannunciando un’epoca in cui studenti e professionisti
avrebbero potuto delegare interamente la produzione di testi all’algoritmo.
Eppure,
questa visione riduttiva della tecnologia come mera scorciatoia non cattura la
complessità del fenomeno. Studi recenti suggeriscono che gli scrittori che
usano strumenti di AI non cercano di delegare interamente il proprio lavoro, ma
piuttosto di coinvolgere l’algoritmo come una sorta di “cassa di risonanza”, un
assistente per esplorare idee, affinare la prosa e offrire bozze su cui
riflettere. Non si tratta quindi solo di velocizzare il processo di scrittura,
ma di cercare un supporto che possa facilitare il flusso di pensieri,
migliorare l’organizzazione delle idee e, talvolta, fornire stimoli creativi.
Il
rapporto tra scrittore e intelligenza artificiale è spesso più complesso di
quanto si immagini. ChatGPT e modelli simili non sono strumenti perfetti per
creare testi completi, ma piuttosto catalizzatori per il pensiero critico e la
creatività. Molti scrittori, infatti, utilizzano questi strumenti per
interagire con le loro idee, testare argomentazioni e ottenere feedback
immediati.
L’utilizzo
dell’intelligenza artificiale nel processo di scrittura solleva interrogativi
significativi sulla natura dell’originalità e della proprietà intellettuale. È
plagio se uno scrittore usa ChatGPT per generare un paragrafo del proprio
testo? E quanto “l’aiuto” dell’AI modifica il ruolo dell’autore? In realtà,
queste domande sono più complesse di una semplice risposta si/no. La natura
dell’interazione tra l’AI e gli scrittori varia enormemente, così come
l’intensità e la finalità del loro utilizzo. Stacey Pigg, professoressa di
comunicazione alla North Carolina State University, ha studiato
sistematicamente casi in cui le persone utilizzavano l’intelligenza artificiale
generativa per scrivere articoli di ricerca e ha scoperto che questi strumenti
venivano usati in modi frammentati e variabili. In alcuni casi, l’AI veniva
utilizzata per riformulare un testo per un pubblico più ampio, in altri,
serviva a crearne uno da zero. Ma raramente si trattava di una delega completa
del processo creativo.
Uno
degli aspetti più interessanti è che l’uso dell’intelligenza artificiale per
scrivere non è un fenomeno coerente o stabile. Ogni scrittore ha il proprio
modo di relazionarsi con lo strumento, rendendo difficile una categorizzazione
precisa di cosa sia accettabile o meno. Per molti, l’intelligenza artificiale
non è un mezzo per esternalizzare il proprio lavoro, ma piuttosto un alleato
per rendere meno faticoso il processo di scrittura. Potrebbe essere vista come
una versione moderna degli strumenti e dei rituali che gli scrittori hanno
sempre utilizzato per facilitare il proprio processo creativo.
Scrivere
è un processo complesso che coinvolge più parti del cervello. Le regioni
neurali deputate alla memoria, alla pianificazione e al linguaggio devono
lavorare insieme in un’improbabile sinfonia cognitiva. Il nostro ippocampo
evoca fatti rilevanti, mentre la corteccia prefrontale organizza le idee e
l’area di Broca ci aiuta a dare voce ai nostri pensieri. È un lavoro faticoso,
che richiede concentrazione, memoria e una capacità di organizzare la
narrazione in modo coerente.
Non
sorprende quindi che molti scrittori abbiano sviluppato abitudini e rituali per
rendere più sopportabile questo carico cognitivo. Autori celebri come Maya
Angelou e Haruki Murakami hanno i loro trucchi per entrare nella giusta
“modalità” mentale. Angelou, ad esempio, scriveva solo in camere d’albergo
spoglie, mentre Murakami associa le sue sessioni di scrittura a una rigorosa
routine di esercizio fisico. Altri autori sono noti per la loro ossessione con
gli strumenti di scrittura: George R.R. Martin, ad esempio, usa ancora un il
vecchio programma WordStar 4.0 per scrivere i suoi romanzi; lo esegue su
Microsoft DOS e salva i suoi manoscritti su floppy disk. Quentin Tarantino, al
contrario, preferisce scrivere a mano le sue prime bozze.
Da
questo punto di vista, ChatGPT non è molto diverso da una penna stilografica o
da una casa in montagna come rifugio per l’ispirazione. Per alcuni,
l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un modo per facilitare i
processi mentali necessari alla produzione del testo, specialmente in momenti
di difficoltà creativa o blocco dello scrittore.
L’AI,
come strumento per la scrittura, non è priva di limiti. Nonostante la sua
abilità nel generare testo, spesso manca di profondità e coerenza. Alcuni
critici hanno osservato che i modelli di intelligenza artificiale tendono a
produrre scritture generiche, prive di originalità e caratterizzate da metafore
forzate. Quando si chiede all’AI di riscrivere un paragrafo complesso, il
risultato può essere una prosa troppo elaborata o eccessivamente semplificata.
L’algoritmo, per quanto potente, non ha la capacità di creare significato in
modo intenzionale o di cogliere le sfumature emotive che caratterizzano la
scrittura umana. Questo ci porta a una domanda più ampia: se la scrittura
assistita dall’intelligenza artificiale non può sostituire l’ingegno umano, quale
ruolo dovremmo assegnare a questi strumenti? Forse, invece di vederli come
sostituti della creatività, dovremmo considerarli come suoi amplificatori, in
grado di potenziare l’efficacia del pensiero umano senza rimpiazzarlo.
Dopotutto, la creatività, per definizione, è un processo dinamico, che implica
un’interazione continua tra idee e ispirazione, tra pensiero critico e
immaginazione.
In
questo contesto, l’intelligenza artificiale potrebbe essere uno strumento che,
se utilizzato con consapevolezza, contribuisce alla creazione di testi più
strutturati e coerenti, senza però cancellare l’autorialità umana. È possibile
che, con il tempo, impareremo a considerare l’AI come parte integrante del
nostro toolkit creativo, allo stesso modo in cui oggi accettiamo l’uso di
software di videoscrittura o dizionari digitali.
ZETA
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