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martedì 8 ottobre 2024

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E SCRITTURA

 

Un’alleanza creativa 

una minaccia

 all’originalità?

 

L’adozione di strumenti di AI come supporto alla scrittura è in crescita, e la domanda di fondo rimane: in che modo questi strumenti influenzano il processo creativo e, soprattutto, qual è il loro ruolo nell’ambito dell’istruzione e della produzione accademica?

 Inizialmente, molti osservatori hanno visto in ChatGPT e altri strumenti simili una scorciatoia per il plagio. L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di generare testo su comando, sembrava il perfetto strumento per chi desiderava evitare il duro lavoro della scrittura. Ethan Mollick nel suo libro Co-Intelligence ha avvertito che l’AI potrebbe dare il via a una “apocalisse dei compiti a casa“, preannunciando un’epoca in cui studenti e professionisti avrebbero potuto delegare interamente la produzione di testi all’algoritmo.

 Eppure, questa visione riduttiva della tecnologia come mera scorciatoia non cattura la complessità del fenomeno. Studi recenti suggeriscono che gli scrittori che usano strumenti di AI non cercano di delegare interamente il proprio lavoro, ma piuttosto di coinvolgere l’algoritmo come una sorta di “cassa di risonanza”, un assistente per esplorare idee, affinare la prosa e offrire bozze su cui riflettere. Non si tratta quindi solo di velocizzare il processo di scrittura, ma di cercare un supporto che possa facilitare il flusso di pensieri, migliorare l’organizzazione delle idee e, talvolta, fornire stimoli creativi.

 Il rapporto tra scrittore e intelligenza artificiale è spesso più complesso di quanto si immagini. ChatGPT e modelli simili non sono strumenti perfetti per creare testi completi, ma piuttosto catalizzatori per il pensiero critico e la creatività. Molti scrittori, infatti, utilizzano questi strumenti per interagire con le loro idee, testare argomentazioni e ottenere feedback immediati.

 L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel processo di scrittura solleva interrogativi significativi sulla natura dell’originalità e della proprietà intellettuale. È plagio se uno scrittore usa ChatGPT per generare un paragrafo del proprio testo? E quanto “l’aiuto” dell’AI modifica il ruolo dell’autore? In realtà, queste domande sono più complesse di una semplice risposta si/no. La natura dell’interazione tra l’AI e gli scrittori varia enormemente, così come l’intensità e la finalità del loro utilizzo. Stacey Pigg, professoressa di comunicazione alla North Carolina State University, ha studiato sistematicamente casi in cui le persone utilizzavano l’intelligenza artificiale generativa per scrivere articoli di ricerca e ha scoperto che questi strumenti venivano usati in modi frammentati e variabili. In alcuni casi, l’AI veniva utilizzata per riformulare un testo per un pubblico più ampio, in altri, serviva a crearne uno da zero. Ma raramente si trattava di una delega completa del processo creativo.

 Uno degli aspetti più interessanti è che l’uso dell’intelligenza artificiale per scrivere non è un fenomeno coerente o stabile. Ogni scrittore ha il proprio modo di relazionarsi con lo strumento, rendendo difficile una categorizzazione precisa di cosa sia accettabile o meno. Per molti, l’intelligenza artificiale non è un mezzo per esternalizzare il proprio lavoro, ma piuttosto un alleato per rendere meno faticoso il processo di scrittura. Potrebbe essere vista come una versione moderna degli strumenti e dei rituali che gli scrittori hanno sempre utilizzato per facilitare il proprio processo creativo.

 Scrivere è un processo complesso che coinvolge più parti del cervello. Le regioni neurali deputate alla memoria, alla pianificazione e al linguaggio devono lavorare insieme in un’improbabile sinfonia cognitiva. Il nostro ippocampo evoca fatti rilevanti, mentre la corteccia prefrontale organizza le idee e l’area di Broca ci aiuta a dare voce ai nostri pensieri. È un lavoro faticoso, che richiede concentrazione, memoria e una capacità di organizzare la narrazione in modo coerente.

 Non sorprende quindi che molti scrittori abbiano sviluppato abitudini e rituali per rendere più sopportabile questo carico cognitivo. Autori celebri come Maya Angelou e Haruki Murakami hanno i loro trucchi per entrare nella giusta “modalità” mentale. Angelou, ad esempio, scriveva solo in camere d’albergo spoglie, mentre Murakami associa le sue sessioni di scrittura a una rigorosa routine di esercizio fisico. Altri autori sono noti per la loro ossessione con gli strumenti di scrittura: George R.R. Martin, ad esempio, usa ancora un il vecchio programma WordStar 4.0 per scrivere i suoi romanzi; lo esegue su Microsoft DOS e salva i suoi manoscritti su floppy disk. Quentin Tarantino, al contrario, preferisce scrivere a mano le sue prime bozze.

 Da questo punto di vista, ChatGPT non è molto diverso da una penna stilografica o da una casa in montagna come rifugio per l’ispirazione. Per alcuni, l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un modo per facilitare i processi mentali necessari alla produzione del testo, specialmente in momenti di difficoltà creativa o blocco dello scrittore.

 L’AI, come strumento per la scrittura, non è priva di limiti. Nonostante la sua abilità nel generare testo, spesso manca di profondità e coerenza. Alcuni critici hanno osservato che i modelli di intelligenza artificiale tendono a produrre scritture generiche, prive di originalità e caratterizzate da metafore forzate. Quando si chiede all’AI di riscrivere un paragrafo complesso, il risultato può essere una prosa troppo elaborata o eccessivamente semplificata. L’algoritmo, per quanto potente, non ha la capacità di creare significato in modo intenzionale o di cogliere le sfumature emotive che caratterizzano la scrittura umana. Questo ci porta a una domanda più ampia: se la scrittura assistita dall’intelligenza artificiale non può sostituire l’ingegno umano, quale ruolo dovremmo assegnare a questi strumenti? Forse, invece di vederli come sostituti della creatività, dovremmo considerarli come suoi amplificatori, in grado di potenziare l’efficacia del pensiero umano senza rimpiazzarlo. Dopotutto, la creatività, per definizione, è un processo dinamico, che implica un’interazione continua tra idee e ispirazione, tra pensiero critico e immaginazione.

 In questo contesto, l’intelligenza artificiale potrebbe essere uno strumento che, se utilizzato con consapevolezza, contribuisce alla creazione di testi più strutturati e coerenti, senza però cancellare l’autorialità umana. È possibile che, con il tempo, impareremo a considerare l’AI come parte integrante del nostro toolkit creativo, allo stesso modo in cui oggi accettiamo l’uso di software di videoscrittura o dizionari digitali.

 ZETA

 

 

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