ha smarrito il cuore.
Gesù ci dona il suo».
- -di Mimmo Muolo
Il Sacro Cuore di Gesù
Forse
non è sbagliato cominciare a leggere la nuova enciclica di papa
Francesco, Dilexit nos (ci ha amati) dalla fine. E
precisamente dalla preghiera del Pontefice che troviamo nelle ultime righe del
testo dedicato al culto del Sacro Cuore di Gesù. Perché nella preghiera che
papa Bergoglio scrive c'è il nucleo essenziale del suo messaggio. “Prego il
Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva
per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di
amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo
giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti
il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà
tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore
aperto. Che sia sempre benedetto!”.
Dilexit
nos,
infatti non è solo un testo magisteriale, ma anche una grande e appassionata
dichiarazione d'amore per Colui che ci ha amato fino alla fine e che come disse
a santa Margherita Maria Alacoque, nel corso delle sue apparizioni tra la fine
di dicembre 1673 e il giugno 1675. rappresenta "quel Cuore che tanto ha
amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi
per testimoniare loro il suo Amore” (citazione tratta dal paragrafo
121 dell'enciclica). Francesco infatti, con questa sua quarta enciclica ha un
intento dichiarato. Quello di offrire a un mondo che ha smarrito il cuore, la
visione del Cuore di Gesù, come centro unificante dell'amore sempre nuovo di
Dio per gli uomini e per le donne di ogni tempo e come fonte da cui sgorga
quella che san Giovanni Paolo II, citato espressamente, chiamava civiltà
dell'amore. Contro le guerre che devastano il mondo, contro ogni inimicizia,
contro le ferite inflitte al creato, scrive infatti il Pontefice, ritornare al
Cuore di Gesù è l'unica strada. E a tal proposito il Papa definisce questa
encilica anche come l'ideale prosecuzione del discorso iniziato con Laudato
si' e Fratelli tutti.
Il
documento, di agile lettura (>>qui
il link al testo integrale), è aperto da una breve introduzione e si
articola in cinque capitoli e una conclusione, raccogliendo, come preannunciato
dal Papa a giugno, “le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e
di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a
tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale”. Il tutto mentre
sono in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima
manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, nel
1673, che si chiuderanno il 27 giugno 2025.
Capitolo
1: il mondo può cambiare a partire dal cuore
Il
primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché serva
“ritornare a parlare al cuore” in un mondo liquido nel quale siamo tentati di
“diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”. Il
cuore è infatti il luogo "dove siamo noi stessi”, dove risiedono le
domande di senso sulla vita, le scelte, le azioni, "chi sono davanti a
Dio". Il Papa sottolinea che l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel
razionalismo greco e precristiano, nell’idealismo postcristiano e nel
materialismo”, così che nel grande pensiero filosofico si sono preferiti
concetti come quelli di “ragione, volontà o libertà”. E non trovando posto per
il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro
personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore. Invece, ricorda Francesco,
“io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella
mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone”. È il
cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico,
perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la
frammentazione dell’individualismo”. E questo ha conseguenze sociali, perché il
mondo può cambiare “a partire dal cuore”.
Capitolo
2: gesti e parole d'amore di Gesù
Il
secondo capitolo riporta i gesti e le parole d’amore di Cristo, che ci tratta
come amici e mostra che Dio “è vicinanza, compassione e tenerezza” (ad esempio
gli incontri con la samaritana, con Nicodemo, con la prostituta, con la donna
adultera e con il cieco sulla strada). Il suo sguardo, che “scruta l’intimo del
tuo essere”, scrive il Papa, mostra che Gesù “presta tutta la sua attenzione
alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze”. Egli inoltre
ammira "le cose buone che riconosce in noi” come nel centurione, anche se
gli altri le ignorano. Ma la sua parola d’amore più eloquente è l’essere
“inchiodato sulla Croce”, dopo aver pianto per l’amico Lazzaro e aver sofferto
nell’Orto degli Ulivi, consapevole della propria morte violenta “per mano di
quelli che Lui tanto amava”.
Capitolo
3: la devozione al Sacro Cuore sintesi del Vangelo
Nel
terzo capitolo, “Questo è il cuore che ha tanto amato”, il Pontefice
ricorda come la Chiesa ha sempre riflettuto “sul santo mistero del Cuore del
Signore”. Cita perciò l’Enciclica di Pio XII, Haurietis aquas del 1956,
sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Chiarisce che “la devozione al Cuore di
Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù”, perché noi
adoriamo “Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una
sua immagine dove è evidenziato il suo cuore”. L’immagine del cuore di carne,
sottolinea il Papa, ci aiuta a contemplare, nella devozione, che “l’amore del
Cuore di Gesù Cristo, non comprende soltanto la carità divina, ma si estende ai
sentimenti dell’affetto umano”. Secondo Benedetto XVI, il suo Cuore contiene
infatti un “triplice amore”: quello sensibile del suo cuore fisico “e il suo
duplice amore spirituale, l’umano e il divino”, in cui troviamo “l’infinito nel
finito”. Il Pontefice invita poi a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo
anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’
che si moltiplicano nella società”. È necessario tornare alla “sintesi
incarnata del Vangelo” davanti a “comunità e pastori concentrati solo su
attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni
ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte
presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”.
Capitolo
4: il Sacro Cuore fonte di spiritualità
Il
quarto capitolo, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e
con i primi cristiani, riconosce nel costato aperto di Cristo una sorgente per
placare la sete dell’amore di Dio e “per lavare il peccato e l’impurità”.
Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come
origine dell’acqua dello Spirito”, su tutti Sant’Agostino, che “ha aperto la
strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il
Signore”. A poco a poco questo costato ferito, ricorda il Papa, “venne
assumendo la figura del cuore”, ed elenca i santi e le sante che hanno
alimentato questa devozione, tra gli altri. San Francesco di Sales, che
raffigura la sua proposta di vita spirituale con “un cuore trafitto da due
frecce, racchiuso in una corona di spine”, la già citata Santa Margherita Maria
Alacoque, Santa Teresa di Lisieux che chiamava Gesù “Colui il cui cuore batteva
all’unisono col mio” e che nelle lettere alla sorella suor Maria invitava a non
concentrare la devozione al Sacro Cuore “su un aspetto doloristico”, ma sulla
fiducia “come la migliore offerta, gradita al Cuore di Cristo”. Non poteva
mancare da parte di papa Francesco un riferimento a Sant'Ignazio di Loyola,
fondatore dei gesuiti, che nei suoi Esercizi Spirituali propone “di entrare nel
Cuore di Cristo” in un dialogo da cuore a cuore. Infine le esperienze di Santa
Faustina Kowalska rinnovano la devozione “con un forte accento sulla vita
gloriosa del Risorto e sulla misericordia divina”. E anche san Giovanni Paolo
II “ha collegato intimamente la sua riflessione sulla misericordia con la
devozione al Cuore di Cristo”. Il Papa infine, in questo capitolo chiede “che
nessuno si faccia beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo
fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo”. Perché
poi “desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati” e “possiamo anche noi
consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione”.
Capitolo
5: dal Sacro Cuore la missione di far innamorare il mondo
Nell'ultimo
capitolo “Amore per amore” il Papa approfondisce la
dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al
Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai
fratelli”. Infatti l’amore per i fratelli è il “gesto più grande che possiamo
offrirgli per ricambiare amore per amore”. Guardando alla storia della
spiritualità, il Pontefice ricorda che l’impegno missionario di San Charles de
Foucauld lo rese “fratello universale”: “lasciandosi plasmare dal Cuore di
Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente”.
Francesco parla poi della “riparazione”, come spiegava San Giovanni Paolo II:
“Offrendoci insieme al Cuore di Cristo, sulle rovine accumulate dall’odio e
dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato,
il regno del cuore di Cristo”. E sempre papa Wojtyla accostava “la
consacrazione al Cuore di Cristo all’azione missionaria della Chiesa stessa,
perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo,
attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno». Di
conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli
uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca
anche una società di giustizia, pace e fratellanza». Per evitare il grande
rischio, sottolineato da san Paolo VI, che nella missione “si dicano e si
facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con
l’amore di Cristo”, servono “missionari innamorati, che si lascino ancora
conquistare da Cristo”.
Conclusione:
L'amore di Cristo antidoto alla febbre del denaro
Nella conclusione, papa Francesco offre la prospettiva del cammino che parte dal Sacro Cuore: "Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. Ne ha bisogno anche la Chiesa, per non sostituire l’amore di Cristo con strutture caduche, ossessioni di altri tempi, adorazione della propria mentalità, fanatismi di ogni genere che finiscono per prendere il posto dell’amore gratuito di Dio che libera, vivifica, fa gioire il cuore e nutre le comunità. Dalla ferita del costato di Cristo continua a sgorgare quel fiume che non si esaurisce mai, che non passa, che si offre sempre di nuovo a chi vuole amare. Solo il suo amore renderà possibile una nuova umanità".
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