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sabato 6 luglio 2024

LA PROFEZIA, DONO DELLO SPIRITO


 Ma Gesù disse loro:

 «Un profeta non è disprezzato 

se non nella sua patria,

tra i suoi parenti e in casa sua». 

E lì non poteva 

compiere nessun prodigio, 

ma solo impose le mani

 a pochi malati e li guarì.


 Vangelo: Marco 6,4-5

 Commento di Laura Padalino

 La chiamata a essere profeti è assegnata fin dal principio, nella Bibbia, a ogni credente, uomo o donna, in quanto immagine e manifestazione di Dio nel mondo: se la regalità è esercitata solo dagli uomini della famiglia di Davide e il sacerdozio è assunto solo dagli uomini della famiglia di Levi, la profezia è invece caratteristica di donne e uomini discendenti dalle diverse tribù. L’antica regalità di Giuda e l’originario sacerdozio israelitico hanno conosciuto un inizio e una fine nell’esercizio di compiti e funzioni; la profezia, invece, ha attraversato i tempi e l’intera Scrittura, è attribuita a tutti i credenti, ad Abramo, a Sara, ai patriarchi e alle matriarche, a Mosè, a Davide, ed è assegnata a figure imponenti, maschili e femminili, nella Torah e nei “libri storici”: Miriam, Debora, Elia, Eliseo, Natan, Hulda. Personaggi capitali, senza cui diversa sarebbe stata la storia del popolo di Dio.

 Nella Scrittura la profezia non si estingue, ma cammina con il popolo per aiutarlo a riconoscere i momenti in cui è visitato dal suo Signore: è l’anziana profetessa Anna, insieme al vecchio Simeone, ad accogliere nel Tempio il Cristo Messia, insieme a Maria e a Giuseppe, il giorno della presentazione (cfr. Luca 2,22-38); sono i veri profeti, in ogni tempo, a rendere manifesta la volontà di Dio, «ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto» (Romani 12,2). Per loro, come per Gesù, è in agguato il rifiuto di quanti non vogliono accogliere la vita che Egli è e dà, la via che Egli addita, la verità che Egli rivela: può accadere anche «in patria», nei luoghi in cui si condivide il pane, l’ideale, la fede. È «lo scherno dei gaudenti, il disprezzo dei superbi» (Salmo 122, Responsorio) che si fa forza della presunta conoscenza di una persona per rifiutarne lo specifico dono di grazia: tutti corriamo il rischio di giudicare senza ascoltare, pensando che da quanti conosciamo non possa venire nulla di buono e finendo per vivere il carisma degli altri come «motivo di scandalo» (Vangelo, Marco 6).

 Il rifiuto ha effetti devastanti, perché impedisce l’azione della grazia: per la mormorazione dei molti, Gesù «non poté compiere nessun prodigio». «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»: è l’esperienza di Ezechiele, (I Lettura) inviato «ai figli di Israele, una razza di ribelli che si sono rivoltati contro il Signore» perché essi «ascoltino o non ascoltino, sappiano che un profeta è in mezzo a loro»; è quella di Pietro e dei successori, che adempiono nelle traversie della storia al mandato di Cristo, a guida della Chiesa; è l’esperienza di Paolo e di quanti, come lui, sono inviati alle “genti” perché tutti possano giungere nella casa del Padre; è l’esperienza di ogni apostolo in ogni tempo. Portare Colui che è Parola viva «non è un vanto, ma un dovere» (1Corinzi 9,17): di fronte alle persecuzioni «si manifesta pienamente, nella debolezza, la forza» del Signore, perché sempre «basta la sua grazia» (II lettura, 2Corinzi 12,7-10). Offriamo dunque con coraggio la testimonianza di essere, per il Battesimo, sacerdoti, re e profeti in Gesù!

Famiglia Cristiana

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