-X
domenica del tempo ordinario-
Letture: Gen
3,9-15; Sal 129 (130); 2Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35
Commento di Walter Abbattista
Il
Vangelo di questa domenica ci presenta un problema d’identità. Al centro dei
riflettori c’è Gesù. La sua attività di predicazione e di azione sta facendo
notizia tra i villaggi della Galilea intorno al lago e questo diventa motivo di
preoccupazione, potremmo dire, ad intra e ad extra.
Da
una parte, infatti, i suoi parenti, da Nazaret, sono spiazzati da quest’uomo,
che per tutta la sua infanzia e giovinezza aveva vissuto tranquillo nel suo
villaggio e ora se ne va in giro predicando la prossimità del regno di Dio –
elemento strettamente legato all’attesa messianica del tempo – guarendo malati
e scacciando demoni.
Dall’altra
la notizia di questa sua attività arriva fino a Gerusalemme e un gruppo di
scribi – potremmo definirli i «teologi» del tempo – si reca in Galilea per
esaminare il caso.
Il
risultato è che, per i familiari di Gesù, quest’uomo è semplicemente andato
fuori di senno, è impazzito e bisogna in qualche modo portarlo via, farlo
«rientrare» nelle sue quattro mura domestiche. Per loro il Gesù che hanno di
fronte non corrisponde più al Gesù che avevano conosciuto nel loro villaggio,
figlio di Giuseppe e Maria.
Per
gli scribi, invece, l’autorità e il potere che Gesù esercita verso gli spiriti
immondi è preoccupante: da chi riceve così tanta forza e potere? Che sia egli
stesso un posseduto?
Queste
due posizioni s’intrecciano nel racconto e Gesù deve rispondere a entrambe. Ma
prima di vedere il modo con cui egli risponde, vorrei invitare a riflettere
proprio su ciò che sta a monte, ovvero il problema d’identità.
Ciò
che accomuna i due gruppi che si presentano davanti a Gesù, i parenti e gli
scribi, è la difficoltà di «identificarlo», di catalogarlo, di definire la sua
identità. E tale difficoltà nasce proprio dal fatto che Gesù esce dai loro
schemi, dalle loro visioni e proiezioni «pre-definite». Questo porta i
familiari e gli scribi non a modificare le loro «pre-comprensioni», ad aprire
le loro menti e allargare i loro orizzonti o, potremmo dire con un linguaggio
moderno, a considerare altre variabili che impongono un reset del proprio
sistema, ma a eliminare il problema, ad azzerarlo.
La
diversità di Gesù – il suo essere «di-verso», ovvero il suo porsi in un «verso»
opposto a quello «pre-dato» in ambito sia familiare che religioso – va
semplicemente eliminata, proprio perché non catalogabile e quindi non
comprensibile secondo gli schemi dati. Ciò che non si può identificare è
semplicemente una minaccia, un nemico da eliminare, e molte potrebbero essere
le piste di riflessione che si aprono a partire da questo punto, riflessioni di
cui avremmo tanto bisogno per guardare «diversamente» le complesse realtà che
in questo mondo generano conflitti.
Ma
torniamo alla risposta di Gesù. All’accusa, mossa dagli scribi, di essere un
posseduto, Gesù risponde con un’argomentazione di una logica ferrea: come può
uno che combatte gli spiriti immondi essere a sua volta posseduto da essi? Ecco
le sue parole: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se
stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se
stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella
contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno
può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo
lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa».
In
altre parole, Gesù dimostra l’assurdità della loro affermazione: proprio il
fatto che sta combattendo il demonio dimostra che egli stesso non è in suo
potere, altrimenti significherebbe che il demonio sta combattendo se stesso,
che si sta autodistruggendo.
Per
i familiari, compresa sua madre, la risposta è ancora più radicale e
«stravolgente» proprio perché «stravolge» il concetto di «legame familiare»:
«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? (…) chi fa la volontà di Dio,
costui per me è fratello, sorella e madre».
Se
la propria origine, le proprie radici sono parte costitutiva dell’identità, qui
ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione «etnico-sociale». Per
comprenderla più in profondità ci basta tenere a mente un particolare che oggi
non compare più in modo evidente, ma che è ancora alla base dei nostri sistemi
anagrafici: una volta nelle carte di identità venivano dichiarate anche la
paternità e la maternità.
Nella
risposta di Gesù si ha uno scardinamento «radicale» (ovvero delle «radici»,
dell’origine) di questo parametro identitario. Si tratta di una vera e propria
rivoluzione, forse ancora oggi non del tutto compresa: l’identità di una
persona fondata non su un contesto bio-sociale, ma su una libera scelta
progettuale e valoriale, che a sua volta fonda una radicale (sempre in senso di
«radici», di origine) struttura identitaria: «Chi fa la volontà di Dio, costui
per me è fratello, sorella e madre».
La
portata rivoluzionaria di tale affermazione – non unica, ma sicuramente tra le
più importanti – è proprio lo scardinamento di ogni altra componente
identitaria che si fondi su un legame genetico, geografico, etnico e, se si
allarga lo sguardo, oserei dire anche (con una dovuta precisazione del termine)
«religioso».
Il Regno
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