Nello specchio rotto di Narciso assassino
la fine del patriarcato
L'assassino di Giulia
Cecchettin dichiara di fronte agli inquirenti che la ragione più profonda che
lo ha spinto a uccidere crudelmente la sua compagna a coltellate è stata la
consapevolezza della fine irreversibile della loro relazione.
- -di Massimo Recalcati
«Voleva vivere senza di me», dice laconicamente evocando così quel desiderio di libertà - dichiarato da Giulia - che non avrebbe mai potuto accettare. Sì, perché molto frequentemente nei legami caratterizzati da una profonda dipendenza la vita dell'altro non viene percepita come vita libera, vita autonoma, ma solo come il prolungamento della propria personalità. La psicoanalisi ha utilizzato il mito classico di Narciso, raccontato da Ovidio, per spiegare questa strana e paradossale dipendenza che lega il principe dell'amore per sé stessi - Narciso - all'altro in un legame che non tollera la minima separazione. Ma da quale altro Narciso si trova a dipendere? Nel mito si tratta della propria immagine riflessa dalle acque.
Per un verso Narciso appare fissato nella contemplazione di sé stesso e, di conseguenza, libero da ogni legame nei confronti dell'altro. Ma, per un altro verso, come l'esperienza clinica dimostra, egli si trova a dipendere profondamente dall'altro nella misura in cui è solo attraverso l'altro che egli può coltivare il carattere idealizzato della propria immagine. Questo significa che Giulia molto probabilmente rifletteva l'Io ideale del suo assassino e che quando ella ha dichiarato la fine del suo amore e rivendicato la propria libertà ha irreversibilmente infranto lo specchio che teneva in vita il narcisismo del suo carnefice. Nel mito Narciso perisce perché vorrebbe coincidere con l'immagine ideale che il riflesso delle acque gli restituisce. Ma questa coincidenza è impossibile: lo specchio si rivela sempre una trappola ingannevole.
Nel caso dell'assassino di Giulia è Giulia stessa, la sua vitalità e la sua intraprendenza, a costituire la superficie dello specchio dove egli riflette il proprio Io ideale. Dunque, colpendola egli colpisce l'ideale irraggiungibile di sé stesso. Se, infatti, Giulia può vivere senza di me, io sono perduto perché insieme a lei perdo tutto me stesso, perdo la mia stessa immagine, perdo ogni valore, sono ridotto a non essere più niente. È questo il punto nevralgico che unisce strutturalmente narcisismo e depressione: se quella che io ritenevo essere parte di me, la mia propria immagine ideale esteriorizzata, dichiara di voler vivere senza di me, lo specchio si rompe e io cado nel vuoto restando senza più nulla. La libertà dell'altro coincide con la mia rovina Non sentirsi più niente è, infatti, l'altra faccia del volersi sentire tutto.
Il mito di Ovidio si conclude con il suicidio di Narciso che nel tentativo impossibile di raggiungere la sua immagine idealizzata muore affogato nelle acque. Nel caso dell'assassino di Giulia questa dinamica narcisistico-depressiva si staglia sullo sfondo non tanto dell'ideologia del patriarcato, ma del suo irreversibile sbriciolamento. Mentre infatti quell'ideologia si sosteneva sulla sudditanza e sulla minorità (cognitiva e ontologica) della donna rispetto al potere assoluto del maschio, in questo caso è la libertà della donna - la libertà di Giulia - a fare scricchiolare l'illusione del maschio-padrone.
Rivendicando con determinazione il suo diritto a scegliere chi amare e come vivere, Giulia mostra quanto quell'ideologia stia esalando i suoi ultimi respiri. La risposta feroce e disperata del suo assassino non è rivelatrice di un potere che non vuole tramontare quanto piuttosto del suo tramonto già in corso.
L'ideologia del patriarcato non è più
il cemento ideologico delle società occidentali. Piuttosto essa governa i
regimi totalitari, soprattutto quelli di origine religiosa. In quei casi non si
manifesta solo come una disperata spinta alla sopravvivenza, ma come bussola
valoriale che orienta dall'alto il destino di quei regimi e che dovrebbero
suscitare agli occhi dell'Occidente, così tanto bistrattato da quegli
occidentali che sputano nel piatto dove mangiano, una condanna senza appello.
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