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sabato 6 aprile 2024

L'ARTE DEL COOPERARE

 


IL PARADIGMA

 COOPERATIVO

 



-         di LEONARDO BECCHETTI*

 

In un articolo di qualche giorno fa, su queste colonne, Mauro Magatti ha efficacemente sintetizzato l’impazzimento della comunità globale: il mondo ha abbandonato la logica della cooperazione multilaterale e si è avvitato in una spirale di conflitti sempre più violenti che rischiano di portarci alla catastrofe.

 Il vizio dell’ignoranza di legami e interdipendenze è iscritto nella logica del vecchio mainstream economico, paradigma in cui si è a lungo cullata l’illusione che fosse possibile un equilibrio dove ciascuno persegue il proprio interesse, indipendentemente dai vincoli del contesto. In questa visione la concorrenza, gli incentivi e le regole sono decisivi per conciliare desideri individuali e benessere sociale, mentre le virtù, pur apprezzate, sembrano quasi ridondanti. I mali della società contemporanea sembrano indurre a un ripensamento. Il Nobel Angus Deaton ha scritto recentemente, riferendosi agli economisti, di come abbiano «smesso di parlare di etica, diventando tecnocrati focalizzati sull’efficienza».

A aggiunge Deaton, da economista: «Spesso facciamo corrispondere il benessere con il denaro e il consumo, perdendo ciò che conta veramente» . Nel pensiero economico corrente, sostiene ancora il premio Nobel, «gli individui contano di più delle relazioni tra le persone, nelle famiglie o nelle comunità».

 Tale sguardo avvilente trascura sia gli aspetti positivi sia quelli negativi delle interdipendenze. L’homo economicus, privo di intelligenza relazionale ed emotiva, non è così in grado di risolvere dilemmi sociali con la “quinta operazione” della cooperazione, quella in grado di generare plusvalore per sé e per la società. L’impresa che massimizza il profitto “non-importa- come” ignora infatti le interdipendenze e il rischio di produrre danni in materia di sostenibilità sociale ed ambientale.

 Qualche mese fa abbiamo provato a lanciare tra gli economisti italiani un manifesto per il rinascimento dell’economia, con l’obiettivo si superare simili problemi. Elaborando una visione che riconosce come la generatività sia la componente principale di soddisfazione e ricchezza di senso di vita, con indicatori di benessere multidimensionale in grado di misurare il valore delle relazioni e della generatività. Una visione, già incarnata e vissuta dalle migliori pratiche associative e imprenditoriali del nostro Paese, che tiene dunque conto di relazioni, legami, interdipendenze e impatto (sociale e ambientale) valorizzandone le potenzialità e contrastandone gli aspetti negativi. Il manifesto è stato firmato da più di 300 colleghi e verrà discusso ed approfondito a Perugia in un evento programmato per il prossimo giugno.

 Per capire che non si tratta solo di “massimi sistemi”, proviamo a rendere concrete e operative le sue conseguenze, accennando a tre direzioni promettenti. La prima è quella di una visione dell’economia che passa dall’essere “una guerra per una torta data” a “cooperazione per innovare e creare torte più grandi”. Come accaduto ad esempio con la nascita della CECA, la Comunità del carbone e dell’acciaio, che ha iniziato il percorso dell’Unione Europea trasformando risorse contese ed oggetto di guerre in ricchezza comune su cui costruzione una cooperazione innovativa e competitiva tra Stati. Nella vecchia logica della contesa per la torta data, un israeliano e un palestinese sono due belligeranti che si contendono la proprietà di un pezzo di terra come condizione imprescindibile di benessere. Nella logica della torta da creare insieme innovando, invece, gli stessi due individui sono colleghi di lavoro in un’impresa high-tech dove la loro diversità e la complementarietà diventa un fattore competitivo che stimola l’innovazione. Per questi motivi pensare che la guerra aiuti l’economia è una grandissima sciocchezza, vittima di una visione assolutamente primitiva e superata.

 Altre due regole fondamentali che possono aiutarci a regolare ed orientare il mondo del futuro in ottica di gestione di legami ed interdipendenze sono la Global minimum tax e il (carbon) Border adjustment mechanism. La competizione e il commercio globali non possono infatti essere campionati senza regole, dove inevitabilmente vince la squadra più fallosa, ma devono essere competizioni leali dove non è più consentita la corsa al ribasso per risparmiare sulla dignità del lavoro, la tutela dell’ambiente e la giustizia fiscale. Per ottenere questo risultato, sono necessari meccanismi in grado di bloccare tale “incentivo perverso”. E favorire contemporaneamente situazioni di mutuo vantaggio negli scambi internazionali in grado di creare le premesse per la pace e il bene comune.

 * Professore ordinario di Economia politica presso l'Università di Roma Tor Vergata.

 www.avvenire.it

 

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