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sabato 16 marzo 2024

VALUTAZIONE e COMPETITIVITA'


 «La competizione causa l’infelicità»

 «Nella Scuola del gratuito si utilizza la “valutazione dialogica». E le famiglie sono contente»

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-Intervista di Paolo Ferrario

«Valutare significa “dare valore” e non “misurare”. Per questo ritengo un errore ritornare ai giudizi sintetici alla scuola primaria». Da più di vent’anni, Ferdinando Ciani, insegnante pesarese di scuola media, ha abolito i voti nelle proprie classi, preferendo quella che chiama “valutazione dialogica”, fondata sul dialogo e la collaborazione tra docente e alunno e tra scuola e famiglia. Coordinatore del progetto Scuola del gratuito, esperienza nata in seno all’associazione Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, il professor Ciani ha portato l’idea in giro per l’Italia in convegni e incontri con le scuole. Da qui è nato anche il Coordinamento delle scuole senza voto, cui oggi aderiscono decine di istituti, dalla primaria al liceo. Anzi, sottolinea Ciani, sono proprio i dirigenti delle scuole superiori a dimostrarsi tra i più interessati ad adottare questo nuovo sistema di valutazione degli studenti.

 Perché è preoccupato da una riforma che ha l’obiettivo di rendere più comprensibili i giudizi degli insegnanti?

 Ma non è così. Questa riforma è frutto di un’ideologia pedagogica che potremmo dire fondata sul bastone e la carota. Non è assolutamente giustificabile un passo indietro così repentino, dopo aver fatto un piccolo ma importante passo in avanti in questi ultimi anni. Alla primaria non c’è ancora la valutazione dialogica, ma comunque si sta portando avanti un’idea di valutazione migliore. Ora tutto ritorna in gioco. Tra l’altro, falsando il giudizio dei genitori che sono i primi ad essere soddisfatti della valutazione dialogica, la dove è applicata.

 Per quale ragione?

 Perché è molto più precisa del voto “secco”. Dice dove lo studente deve migliorare, mettendo allo stesso tempo in evidenza i punti di forza ed i passi in avanti compiuti. In altri termini, aiuta l’allievo a capire il percorso che dovrà affrontare, dando indicazioni e suggerimenti sul come farlo. Con la valutazione dialogica l’insegnante “parla” all’allievo e lo aiuta a migliorarsi. Certo, al docente è richiesto un impegno maggiore. Mettere un “5” è più semplice, richiede certamente meno tempo e uno sforzo minore, ma non aiuta l’alunno.

 Però, magari, dice alla famiglia a che punto è arrivato il proprio figlio… Assolutamente no. Ripeto: il voto non dice nulla. Davanti a un “4” la famiglia capisce solo che il ragazzo va male a scuola. Magari lo punisce, non sapendo, però, perché ha preso quel voto. Perché nessuno lo ha spiegato ai genitori. Limitarsi a mettere un voto non aiuta nessuno. L’unica strada è il dialogo e il confronto sia con lo studente che con i suoi genitori. E questo vale soprattutto per le famiglie meno attrezzate culturalmente, che più delle altre devono essere aiutate a capire che il voto non definisce il proprio figlio. È anche per questo che ritengo sbagliato un ritorno ai giudizi sintetici. Che, inevitabilmente, portano alla competizione tra studenti. Ma l’unica competizione utile è con sé stessi, per migliorarsi.

 Come si può cambiare rotta?

 Occorre uscire dalla logica del profitto, della competizione, della lotta perenne con gli altri che condanna l’essere umano all’infelicità.

 Che cosa direbbe ai politici che stanno pensando alla riforma della valutazione?

 Dovrebbero fare un bel bagno di umiltà e ascoltare le scuole e le famiglie. Che, lo ripeto ancora, in grande maggioranza promuovono la valutazione dialogica, che sostiene soprattutto gli studenti che fanno più fatica. Il mio appello alla politica è di guardare con attenzione alle tante sperimentazioni che, spontaneamente, stanno venendo avanti. Non soltanto con i bambini della scuola primaria, ma anche alle superiori, con gli studenti più grandi. Stimolando allo stesso tempo un nuovo e più proficuo rapporto con le famiglie.

 

www.avvenire.it

 

 

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