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mercoledì 28 febbraio 2024

EUROPA SENZ'ANIMA


 Senza il cristianesimo

 l'Europa è senz'anima

 Dario Antiseri e Marcello Pera

 dialogano in un saggio 

che va alla ricerca di una vera unione.

 

-        -  di Michele Brambilla

 Un libro piccolo di pagine ma grande di contenuti ci pone di fronte a un tema di cui forse, anzi certamente, non si parla al bar, e ancor meno sui social, ma che è di vitale importanza per tutti noi: che cos'è l'Europa, se ha o meno un'anima, se è ancora cristiana oppure no. È di vitale importanza perché ha a che fare con la nostra identità e con la possibilità, per l'Europa, di fermare un declino cominciato da molto tempo. Il libro s'intitola Europa senz'anima? Politica, cristianesimo, scienza, è edito da Scholé (pagg. 146, euro 15) ed è un colloquio fra due filosofi: Dario Antiseri e Marcello Pera. O meglio, è il secondo che risponde all'interrogativo del primo: «Un'Europa scristianizzata è ancora Europa?». Se ne parla da anni, da quando si decise di non inserire, nel preambolo della Costituzione Europea, il richiamo alle radici cristiane.

Pera è consapevole del fatto che la società europea è oggi del tutto secolarizzata, e dice che al posto del cristianesimo c'è il nulla. «La religione laica un modo di dire che oggi nasconde il deserto dello spirito europeo sta sconfiggendo, mettendo da parte, privatizzando e secolarizzando il cristianesimo». E questa religione laica, aggiunge Pera, è tutt'altro che liberale: «Il laicismo imperante non è forse un rettile insidioso? Non ti dice che Dio non esiste: ti dice che, se proprio ne hai bisogno per consolarti, puoi appellarti a lui. () Sembra tollerante, questo modo di pensare, ed invece è una dittatura. Perché, alla fine, la ragion pubblica laica impone i suoi contenuti su vita, morte, matrimonio, sessualità, procreazione, democrazia, libertà, diritti, e tu puoi solo ubbidire».

 L'ex presidente del Senato, che si dice laico cristiano («e tu, Dario, ti consideri credente») si rifà a sant'Agostino, per il quale «la costruzione di una società in pace, che è lo scopo dello Stato, ha bisogno di un fondamento religioso () La ragione, il calcolo degli interessi e dell'equilibrio delle forze, non è autosufficiente neppure per la costruzione dello Stato».

 Ancora Pera: «L'Unione europea vorrebbe oggi fare eccezione: vorrebbe professare la religione laica e diventare sempre più unita. Ma conferma la regola: più si pensa a-cristiana o anticristiana, meno si realizza. Se non c'è concordia di valori morali, e se non ci sono valori morali comuni tenuti insieme per fede, gli interessi, anche meglio calcolati, ponderati, combinati, sono sempre discordi e discorde resterà lo Stato. Anche ove mai ce ne fosse uno lo Stato dell'Europa».

 Citando Locke, Pera dice che la morale cristiana è la migliore per mantenere la concordia fra gli uomini e per costruire e conservare uno Stato liberale. «Dal cristianesimo discende che tutti hanno la stessa dignità», bianchi e neri, uomini e donne: «Non si può essere cristiani e pensare che la differenza fra governanti e governati riguardi il valore intrinseco della persona. O che i sottoposti siano servi o strumenti. O che il governante non risponda ad alcuna legge».

 E d'accordo, ma l'uomo d'oggi non può sottrarsi a una domanda: il cristianesimo sarà anche la religione migliore, l'unica liberale: ma è anche vera? Questa è la domanda. Marcello Pera dice di non sapere se ha fede. «Io distinguo fra credente della fede cristiana e credente della cultura cristiana».

 Ma può bastare una religione civile? A Pera lo chiede anche Antiseri: «È sufficiente la cultura cristiana, quella di cui parla, per esempio, Benedetto Croce?». Leggendo Pera pare di sì, è sufficiente. Ma il cristianesimo non è, e non può essere un insieme di valori buoni per far funzionare lo Stato. Il cristianesimo non è una morale: è un fatto. Il cristiano crede che esista un Dio, che si sia fatto uomo, che sia morto e risorto e che ci attenda per il giudizio finale, perché c'è una vita eterna. Se non si crede che tutto questo sia vero, perché seguire la morale cristiana? L'uomo di oggi la pensa come Ivan Karamazov: «Se Dio non esiste, tutto è permesso».

 Da tempo, l'uomo occidentale ha riposto nella scienza la propria aspettativa di felicità. Siamo, innanzitutto, un popolo di consumatori, non più di cittadini. Consumatori controllati, indirizzati e diretti da una tecnologia che ci illudiamo sia apportatrice di libertà. Quali sono, oggi, i valori dell'uomo occidentale, se non il vivere bene, il far carriera, il guadagnare e il divertirsi? L'Unione Europea che non ha voluto nella sua Costituzione il riferimento alle radici cristiane non è madre della secolarizzazione, ne è figlia.

 Che cosa ci aspetta, in uno scenario che Pera, rileggendo Agostino, paragona alla caduta dell'Impero romano? Il futuro è imprevedibile, ma l'uomo è una tale creatura che, per quanto distratta, si troverà prima o poi a fare i conti con quello che Wittgenstein considerava Dio stesso: il senso della vita. «È una domanda ineludibile, una richiesta inestirpabile», scrive Antiseri, che cita Norberto Bobbio: «La scienza dà risposte parziali e la filosofia pone solo domande senza dare le risposte».

 Il Giornale

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