"La mitezza consiste "nel rispettare l’altro così com’è".
È il contrario della
protervia e della prepotenza.
Il mite non entra nel
rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, di confliggere, e alla
fine di vincere.
Ma la mitezza non è
remissività: mentre il remissivo rinuncia alla lotta per debolezza, per paura,
per rassegnazione, il mite invece rifiuta la distruttiva gara della vita per un
profondo distacco dai beni che accendono la cupidigia dei più, per mancanza di
quella vanagloria che spinge gli uomini nella guerra di tutti contro tutti.
Il mite non serba
rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia.
Attraversa il fuoco senza
bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria
misura, la propria compostezza, la propria disponibilità.
Ecco quel "potere su
di sé" di cui abbiamo già sentito. Il mite può essere configurato come
l'anticipatore di un mondo migliore.
Egli non pretende alcuna
reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno
di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata.
Amo le persone miti,
perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi
pensare che la città ideale non sia quella fantastica e descritta sin nei più
minuti particolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa
da diventare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia
diventata una pratica universale."
da Elogio della Mitezza
Norberto Bobbio
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