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venerdì 4 agosto 2023

AL DIO BELLISSIMO E GRANDISSIMO

Trasfigurazione del Signore


Dn 7,9-10 / 2Pt 1,16-19 / Mc 9,2-10  -  

Commento di Paolo Curtaz al Vangelo di Domenica 6 Agosto 

Il cuore dell’estate, le città arroventate, l’estate che raggiunge lo zenit. Oggi celebriamo la Trasfigurazione del Signore, brano che leggiamo ogni anno in Quaresima e, più in sordina, all’inizio di Agosto. Quest’anno (ci voleva, con tutto l’immenso dolore che scuote il mondo) sostituisce la domenica e interrompe la serie delle parabole.

 Ironia della sorte: un sei agosto esplose la bomba atomica su Hiroshima, un sei agosto il Signore chiamò a sé l’animo inquieto di san Paolo VI, papa, fragile e possente cercatore di Dio.

 Ci voleva questa domenica in cui si parla di bellezza. Della bellezza di Dio.

 Un Dio felice che mi vuole felice.

 Perché viviamo mondi orribili. E vite vuote e arroventate, rabbiose e scoraggiate. Viviamo in un occidente che sta perdendo il senso della misura, che perde la memoria del suo divenire, che si lascia invadere da qualunque moda, che vive un’idea di bellezza che decidono altri imponendo una griffe, uno stile, un trend.

E tutti a correre, a elemosinare attenzione, un complimento, un giudizio che certifichi la nostra esistenza nello spazio ingombro di un pianeta che esplode, uno di ottomiliardierotti. Disposti a farci tagliare a pezzi e ricucire pur di piacere, a imporci sforzi sovrumani in palestra, diete draconiane per avere un like sui nostri profili social.

 Abbiamo confuso il lusso con la bellezza. Il plauso con la grazia. L’eccesso con l’armonia. Aneliamo a ciò che è bello e grande e buono. Ci accontentiamo di ciò che piace, che pensano tutti, che serve a me.

 Urge bellezza.

 Colline. Salgono sul monte, su un alto monte. In realtà è una collina ma l’amore rende tutto immenso. E lì, annota Matteo, Gesù viene trasfigurato. Svela la sua profonda natura, la sua vera identità. Non si toglie il vestito dozzinale sotto cui si nasconde Superman, no.

 È lo sguardo dei discepoli che cambia. Perché la bellezza, come l’innamoramento, come la fede, sta nel nostro modo di vedere.

 Quando sono innamorato trovo il mio amato il più bello fra tutti. Quando amo una disciplina sportiva sono disposto a sudare e a faticare per praticarla. Quando riesco a orientare la mia mente verso le mie emozioni, colgo la bellezza abbagliante di un paesaggio.

 Molte cose concorrono nella bellezza. Una fra queste, certamente, è lo sguardo interiore capace di cogliere la verità, l’armonia, la pienezza in un oggetto, in un paesaggio, in una persona.

 Possiamo stare con Gesù tutta la vita, e frequentarlo, e credere, e seguirlo. Ma fino a quando il nostro sguardo interiore non si arrende alla sua bellezza, non ne saremo mai definitivamente segnati.

 Accade come sul Sinai, quando Dio si manifesta a Mosè in tutta la sua gloria: le nubi, i fulmini, la voce, l’ombra, la paura. Paura che deriva dall’intensità della bellezza, dall’insopportabilità della visione interiore. Mosè e Elia conversano con Gesù: la Legge e i Profeti si inchinano al rivelatore del Padre. Pietro viene travolto: la bellezza gli ha colmato il cuore.

 Bellezza

 Abbiamo urgente, assoluto bisogno di recuperare il senso del bello nella nostra vita. La bellezza risulta essere una straordinaria forza che ci attira verso Dio, che in sé è armonia, pienezza, verità. Quante volte mi viene da dire, a chi mi chiede ragione della fede: è bello credere. È bello e svela in me e negli altri l’intima e nascosta bellezza che lega le persone, gli avvenimenti, le emozioni.

 Quanti uomini e donne, nella storia, si sono avvicinati alla fede perché attratti dalla bellezza del Cristo, dalla sua ineguagliata umanità, dalla sua profonda tenerezza, dalla sua stupefacente maturità.

 Sì: è bello essere qui, Signore, è bello essere tuoi discepoli. Così gli apostoli, scesi dal Tabor, dovranno salire su un’altra collina, il Golgota. Lì la loro fede sarà macinata, seminata, resa pura. Dopo, avere sperimentato la bellezza.

 Solo l’esperienza della gloria di Dio ci permette di affrontare il dolore. Senza coinvolgimento emotivo, senza reale bellezza, senza entusiasmo, è difficile essere credenti, è difficile restare cristiani. Il nostro mondo ha bisogno di bellezza, di armonia.  Nel caos dell’eccesso (che di bello ha l’apparenza, ma che spesso nasconde il nulla) il nostro mondo può imparare dal cristianesimo la bellezza della fede, della preghiera, del silenzio, del gesto d’amore verso il fratello.

 La strada della bellezza

 È noioso credere. È giusto – certo – ma immensamente noioso. Il Vangelo di oggi ci dice, al contrario, che credere può essere splendido. Varrebbe la pena di ricuperare il senso dello stupore e della bellezza, l’ascolto dell’interiorità che ci porta in alto, sul monte, a fissare lo sguardo su Cristo.

 E dare tempo al “dentro”, all’anima, all’ascolto, al silenzio, al fruscio del vento, al calore del sole sulla pelle, all’odore del muschio o dell’erba, ai rumori del bosco e del mare. Alla discreta e grandiosa presenza di Dio nella natura, quella in cui possiamo trovare, come un’impronta, il suo silenzioso sorriso. E la preghiera. Intensa. Vera. Umile. Prostrata. Stupita. Aperta al mistero.

 Facciamo delle nostre messe dei luoghi di bellezza: il silenzio, il canto, la fede, il luogo in cui preghiamo, può riportare un briciolo di bellezza nella nostra quotidianità. E accorgerci che credere è la cosa più bella che possiamo sperimentare nella nostra vita.

Nella seconda metà dell’Ottocento una delle chiese parrocchiali della mia diocesi, Saint Georges, venne affrescata da un modesto artista del luogo, tale Grange. Il parroco di allora, don Thèrisod, suggerì al decoratore cosa scrivere, inserendo delle frasi in ebraico e in greco (!) qua e là nel coro e nella navata. Sopra le canne dell’altare, in un luogo che solo dall’altare maggiore si riesce a vedere, il parroco fece scrivere, in greco, la dedica del lavoro (e della sua vita):

 Tzeu kallisto kai meggisto, Al Dio grandissimo e bellissimo.

 

Paolo Curtaz

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