- Mt 5,38-48
Dal
Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".
Commento di Paolo Curtaz
Tutto
è nostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il
futuro.
Questo
possiamo fare per tornare ad essere credenti credibili.
Discepoli.
Cioè seguire gli insegnamenti del Maestro. Senza infingimenti, senza glosse,
senza “ma”, senza annacquare, senza ridurre l’incontro a dottrina, a etica, a
ragionamento, a politica.
E
Cristo, a conclusione dell’immenso discorso delle Beatitudini, dopo avere
chiesto a chi cerca la felicità di fidarsi, di crederci, alza il tiro.
Ha
ragione, il Signore: se facciamo quello che fanno tutti, se amiamo chi ci ama,
se perdoniamo chi poi ci perdona, se prestiamo a chi sappiamo di restituirà,
che facciamo di straordinario?
Se
il cristianesimo diventa una scipita ricetta per fare i bravi ragazzi, chi mai
ne sarà sedotto?
Il
mondo è pieno di buon senso. Più o meno. Il cristiano, quindi, sarebbe solo un
brav’uomo più ragionevole degli altri? In cosa consiste, se esiste, la
differenza cristiana? Non basta il buon senso. Non mi basta il buon senso.
Il
mondo ha bisogno (urgente) di santità.
Della
santità di Dio che si rifletta nel nostro sguardo, nelle nostre parole, nei
nostri gesti. Di diventare santi perché il Signore nostro Dio è il Santo (Lv
19,1).
Il
taglione
Diversamente
da come appare, la cosiddetta legge del taglione era una forma di giustizia
primitiva ma efficace. Contenuta anche nel Codice di Hammurabi, è una limite
alla barbarie, alla vendetta privata. La troviamo nella Torà (Es 21): Ma se
segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente
per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita
per ferita, livido per livido.
L’idea
era quella della proporzione e al tempo di Gesù era previsto un risarcimento (come
scrive il rabbino medievale Rashi di Troyes: Non si intende che si deve
privarlo a sua volta dell’organo menomato).
Alla
vecchia legge del taglione Gesù ne contrappone una inversa: invece della
vendetta suggerisce di accettare un altro torto maggiore di quello ricevuto.
Di
porre la guancia destra, quindi ad un manrovescio, più brutale del solo
schiaffo, a chi ti schiaffeggia.
Alla
Torà (Es 22,25-26) che afferma che alla sera occorre restituire il mantello, la
sopravveste, Gesù dice di lasciargli anche quello, restando in mutande.
Paradosso
In
questo brano Gesù raggiunge certamente il vertice del linguaggio paradossale.
Ma, come fanno notare gli esegeti, non dobbiamo prendere alla lettera le parole
del Signore, quanto capirne l’intenzione profonda.
Non
occorre presentare materialmente l’altra guancia ai persecutori ma dare
possibilità al malvagio di riflettere sui suoi errori. Non si tratta di subire
passivamente i soprusi, di rimanere inerti davanti alle ingiustizie ma di
rinunciare ad ogni rivincita, anche a qualche diritto pur di cercare di salvare
chi ci perseguita. Gesù propone un’ascesi paradossale, che disarma
l’avversario.
“Gesù
non offriva l’altra guancia quando lo schiaffeggiavano, però morì in croce per
i malvagi, un sacrificio immensamente superiore. I santi del cristianesimo,
salvo casi aneddotici, non si sono esercitati in ingenuità nel regalare il
proprio vestito ad un mendicante o nel raddoppiare il tempo del servizio
militare, ma in ben più ardue rinunce a favore dei perseguitati e dei nemici”
(I.Goma).
La
logica del paradosso è sempre presente nell’annuncio evangelico, anche nel
nostro, non è certo tenendo le porte della canonica aperte ai poveri che
risolveremo la questione dell’immigrazione ma i segni che proponiamo sono
credibili e profetici. Questa carica di sovversione evangelica ha
caratterizzato la storia della Chiesa anche se, a dire il vero, a volte la
Chiesa si è piegata alla logica comune, tradendo il Vangelo.
Non
violenza
Rispetto
alla non-violenza il cristiano proclama la possibilità del dialogo, lo esercita
fino in fondo ma, alla fine, pone il bene della vita altrui prima di ogni altra
cosa, ammettendo la difesa personale e di chi sia ha intorno.
Da
qui è nata la querelle dell’intervento umanitario, anche violento. Da qui la
guerra giusta di agostiniana memoria, che tentava di porre un freno alla
violenza (De Civitate Dei, IV, 6).
Per
quel che mi riguarda voglio affrontare l’origine della rabbia e della volenza
che trovo in me, che pongo nei miei piccoli gesti quotidiani, che avvelenano le
relazioni.
Per
amare il prossimo, come chiede il Levitico, devo anzitutto imparare ad amare me
stesso.
Costruire
attorno a me un metro quadrato di sguardo e di parole pacificate, in questa
settimana, qui e ora. Non ci sono soluzioni semplici, non scherziamo, ma solo
la potente soluzione della conversione, del cambiamento radicale, dell’osare
crederci.
Anche
per questo la Chiesa si sta interrogando nel Sinodo, per capire quanto il camminare
insieme possa portare ad un cambiamento nel modo di esercitare l’autorevolezza
che, in questo momento, si è incartata in una autorità poco credibile.
Alla
fine, capitolo delle Beatitudini, Gesù pone un’autentica rivoluzione: invita ad
amare i nemici (agàpe) con l’amore che ci proviene da Dio, non per simpatia,
non per folle idealità.
Ed
esemplifica il modo di amare: pregare per quelli che ci perseguitano (Matteo
sta scrivendo ad una comunità di perseguitati!).
Emotiva:
questo è possibile perché imitiamo l’atteggiamento di Dio che fa piovere sui
giusti e i malvagi. E invita noi discepoli a riflettere: in cosa i nostri
atteggiamenti non diversi rispetto a chi non crede?
L’amore
resta un vertice ma corriamo il rischio di interpretarla come se fosse il
risultato di uno sforzo. È possibile sforzarsi di amare? Non è solo un
sentimento? No, certo, l’amore ha anche una componente di volontà soprattutto
nei confronti dei nemici, di chi ci ha fatto del male.
Non
un amore di affetto, o mieloso, ma una scelta consapevole, dettata dalla nostra
vicinanza a Cristo. Questo amore nasce come imitativo (fare come il Padre che
fa sorgere il sole e fa piovere) ma, in Giovanni, diventa contagioso: sono
capace di amare con l’amore con cui il Padre mi ama!
Scoprendomi
amato lascio che il mio cuore si riempia di amore e tracimi. Così facendo sono
in grado di amare (desiderare il bene) per coloro che mi hanno fatto del male.
E iniziare una storia nuova. Mamma mia se mi piace questa cosa!
Nessun commento:
Posta un commento