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giovedì 3 marzo 2022

DISAGIO ADOLESCENZIALE


 Gli adolescenti 

e la domanda «nascosta» 

di significato

«Ciò che caratterizza l’essere umano è l’essere un costruttore di senso, senza il quale egli si smarrisce».

L’affermazione dello scrittore e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang Goethe aiuta a riflettere sulle cifre dei suicidi che, secondo l’Istituto nazionale di statistica (Ine), stanno raggiungendo livelli drammatici: 3.941 nel 2020, di cui 1.479 riguardanti giovani e adolescenti per i quali il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali. Non passa giorno che la cronaca non riferisca di persone che si tolgono la vita per motivi assolutamente spropositati al gesto che compiono e per giunta nei modi più assurdi. I suicidi che avvengono nelle carceri sono quelli di cui più si parla: 12 nei primi due mesi di quest’anno. Meno si sa dell’incremento di giovanissimi che si rivolgono al “Telefono amico” e all’associazione “Samaritans onlus” per raccontare difficoltà quotidiane, problemi legati alla famiglia, al bullismo, alle sfide estreme su TikTok. Fa riflettere un dato che emerge dall’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove le attività di consulenza nei riguardi degli adolescenti psichicamente disagiati sono passate dal 36% di prima della pandemia al 63% nel 2021. Al tempo del Covid il disagio adolescenziale viene generalmente attribuito all’impatto che il virus lascia sulla salute anche mentale, come riferisce una recente ricerca dell’Università Cattolica e della Fondazione

Soleterre. Ma da un rapido esame al tempo antecedente l’epidemia emerge che la familiarità con i gesti estremi dipende fondamentalmente dalla perdita del senso della vita. Non si capisce la morte se non si capisce la vita e non si ha il senso della morte, se non si ha il senso della vita. Al Forum di Incontri Interdisciplinari, organizzato dalla Fondazione Paolo VI, svolto il 9 febbraio scorso a Madrid, il presidente della Società di psichiatria di Madrid, José Luis Carrasco, ha attribuito la matrice dei tentativi di suicidio, cresciuti di dieci volte negli ultimi due anni, alla «paura che si impadronisce soprattutto dei giovanissimi in una società intrappolata dall’incertezza». L’attuale disagio esistenziale deriverebbe, secondo Carrasco, dall’intreccio tra gli effetti prodotti dalla pandemia sulla vita sociale, in particolare sulla vita relazionale, e il nichilismo presente nella cultura contemporanea, che relega al rango d’illusione la ricerca di una finalità da dare alla vita. Alla radice del suicidio non ci sarebbe solo l’epidemia o una delusione, ma la carenza di valori e l’assenza di maestri di vita autorevoli e significativi. Un segnale viene dal numero dei gesti autolesionistici compiuti da adolescenti, maggiori per chi vive in ambienti degradati rispetto ai coetanei appartenenti a solide famiglie cristiane. Chi è educato a guardare alla vita come a un dono di Dio vede le cose in altro modo, sente di essere servitore, non padrone, della propria e dell’altrui esistenza. Non casualmente Gesù, volendo riassumere la sostanza del suo insegnamento, dice: «Sono venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». In particolare, riflettendo sugli adolescenti che in un momento di disperazione, o di vuoto psicologico, si tolgono la vita, non si può escludere che nel loro gesto si nasconda una domanda di significato, una ricerca di fede nel Dio della vita, che la società non riesce a soddisfare. In tal senso l’impianto educativo va ripensato. Grande è la responsabilità degli adulti nell’abilitare gli adolescenti a diventare costruttori del loro futuro e nel trasmettere loro l’idea che il successo non dipende da traguardi prestigiosi da raggiungere, ma dall’essere se stessi con i propri talenti e i propri limiti. Ancor più delicato il compito degli educatori cristiani nell’aiutare gli adolescenti ad accogliere, dentro la loro progettualità, l’appello di Dio, nella convinzione che attraverso le vie della fede possono formulare un giudizio sulla coerenza della propria esistenza. È un punto essenziale dell’evangelizzazione, difficile da comprendere perché non si tratta della continuazione del catechismo dei bambini, ma di qualcosa da inventare e da percorrere!

 

www.avvenire.it



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