del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
al Parlamento nel giorno del giuramento
Signori Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,
Signori
parlamentari e delegati regionali,
il
Parlamento e i rappresentanti delle Regioni hanno preso la loro decisione.
È per me una
nuova chiamata – inattesa - alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso
e non ho inteso sottrarmi.
Ritorno
dunque di fronte a questa Assemblea, nel luogo più alto della rappresentanza
democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione.
Vi ringrazio
per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a
rappresentare l’unità della Repubblica.
Adempirò al
mio dovere secondo i principi e le norme della Costituzione, cui ho appena
rinnovato il giuramento di fedeltà, e a cui ho cercato di attenermi in ogni
momento nei sette anni trascorsi.
La lettera e
lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento
della mia azione.
Il mio
pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte le italiane e a tutti gli
italiani: di ogni età, di ogni Regione, di ogni condizione sociale, di ogni
orientamento politico. E, in particolare, a quelli più in sofferenza, che si
attendono dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti,
rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio.
Queste
attese sarebbero state fortemente compromesse dal prolungarsi di uno stato di
profonda incertezza politica e di tensioni, le cui conseguenze avrebbero potuto
mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese
impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà.
Leggo questa
consapevolezza nel voto del Parlamento che ha concluso i giorni travagliati
della scorsa settimana. Travagliati per tutti, anche per me.
È questa
stessa consapevolezza la ragione del mio sì e sarà al centro del mio impegno di
Presidente della nostra Repubblica nell’assolvimento di questo nuovo mandato.
Nel momento
in cui i Presidenti di Camera e Senato mi hanno comunicato l’esito della
votazione, ho parlato delle urgenze - sanitaria, economica, sociale - che ci
interpellano. Non possiamo permetterci ritardi, né incertezze.
La lotta
contro il virus non è conclusa, la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i
rischi, ma non ci sono consentite disattenzioni.
È di piena
evidenza come la ripresa di ogni attività sia legata alla diffusione dei
vaccini che proteggono noi stessi e gli altri.
Questo
impegno si unisce a quello per la ripresa, per la costruzione del nostro
futuro.
L’Italia è
un grande Paese.
Lo spirito
di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo
straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci
hanno permesso di ripartire. Hanno permesso all’economia di raggiungere
risultati che adesso ci collocano nel gruppo di testa dell’Unione. Ma questa
ripresa, per consolidarsi e non risultare effimera, ha bisogno di
progettualità, di innovazione, di investimenti nel capitale sociale, di un vero
e proprio salto di efficienza del sistema-Paese.
Nuove
difficoltà si presentano. Le famiglie e le imprese dovranno fare i conti con
gli aumenti del prezzo dell’energia. Preoccupa la scarsità e l’aumento del
prezzo di alcuni beni di importanza fondamentale per i settori produttivi.
Viviamo una
fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia
condivisa in sede europea.
L’Italia è
al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa. Siamo i maggiori beneficiari del
programma Next Generation e dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della
sostenibilità e dell’innovazione, nell’ambito della transizione ecologica e
digitale.
La stabilità
di cui si avverte l’esigenza è, quindi, fatta di dinamismo, di lavoro, di
sforzo comune.
I tempi duri
che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo
dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per
gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini.
L’impresa
alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno.
Forze
politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati,
amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone
interne, comunità insulari e montane. Vi siamo tutti chiamati.
L’esempio ci
è stato offerto da medici, operatori sanitari, volontari, da chi ha garantito i
servizi essenziali nei momenti più critici, dai sindaci, dalle Forze Armate e
dalle Forze dell’ordine, impegnate a sostenere la campagna vaccinale: a tutti
va riaffermata la nostra riconoscenza.
Questo è
l’orizzonte che abbiamo davanti.
Dobbiamo
disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo
emergenza.
È ancora
tempo di un impegno comune per rendere più forte la nostra Patria, ben oltre le
difficoltà del momento.
Un’Italia
più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano.
Un Paese che
cresca in unità.
In cui le
disuguaglianze - territoriali e sociali - che attraversano le nostre comunità
vengano meno.
Un’Italia
che offra ai suoi giovani percorsi di vita nello studio e nel lavoro per
garantire la coesione del nostro popolo.
Un’Italia
che sappia superare il declino demografico a cui l’Europa sembra condannata.
Un’Italia
che tragga vantaggio dalla valorizzazione delle sue bellezze, offrendo il
proprio modello di vita a quanti, nel mondo, guardano ad essa con ammirazione.
Un’Italia
impegnata nella difesa dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi,
consapevole delle responsabilità nei confronti delle future generazioni.
Una
Repubblica capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le
loro istituzioni libere e democratiche.
Rafforzare
l’Italia significa, anche, metterla in grado di orientare il processo per
rilanciare l’Europa, affinché questa divenga più efficiente e giusta; rendendo
stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi
della pandemia.
L’apporto
dell’Italia non può mancare: servono idee, proposte, coerenza negli impegni
assunti.
La
Conferenza sul futuro dell’Europa non può risolversi in un grigio passaggio
privo di visione storica ma deve essere l’occasione per definire, con coraggio,
una Unione protagonista nella comunità internazionale.
In aderenza
alle scelte della nostra Costituzione, la Repubblica ha sempre perseguito una
politica di pace. In essa, con ferma adesione ai principi che ispirano
l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Trattato del Nord Atlantico, l’Unione
Europea, abbiamo costantemente promosso il dialogo reciprocamente rispettoso
fra le diverse parti affinché prevalessero i principi della cooperazione e
della giustizia.
Da molti
decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace, concretizzato
dall’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda.
Non possiamo
accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi
politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in
un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra
mondiale.
Dobbiamo
fare appello alle nostre risorse e a quelle dei Paesi alleati e amici affinché
le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché
nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini.
I popoli
dell’Unione Europea devono anche essere consapevoli che ad essi tocca un ruolo
di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama
mediterraneo e medio-orientale. Non si può sfuggire alle sfide della storia e
alle relative responsabilità.
Su tutti
questi temi – all’interno e nella dimensione internazionale - è intensamente
impegnato il Governo guidato dal Presidente Draghi; nato, con ampio sostegno
parlamentare, nel pieno dell’emergenza e ora proiettato a superarla, ponendo le
basi di una stagione nuova di crescita sostenibile del nostro Paese e
dell’Europa. Al Governo esprimo un convinto ringraziamento e gli auguri di buon
lavoro.
I grandi
cambiamenti che stiamo vivendo a livello mondiale impongono soluzioni rapide,
innovative, lungimiranti, che guardino alla complessità dei problemi e non
soltanto agli interessi particolari.
Una
riflessione si propone anche sul funzionamento della nostra democrazia, a tutti
i livelli.
Proprio la
velocità dei cambiamenti richiama, ancora una volta, al bisogno di costante
inveramento della democrazia.
Un’autentica
democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle
decisioni, discussione, partecipazione. L’esigenza di governare i cambiamenti
sempre più rapidi richiede risposte tempestive. Tempestività che va comunque
sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente
puntualità di scelte.
Occorre
evitare che i problemi trovino soluzione senza l’intervento delle istituzioni a
tutela dell’interesse generale: questa eventualità si traduce sempre a vantaggio
di chi è in condizioni di maggiore forza.
Poteri
economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo
democratico.
Su un altro
piano, i regimi autoritari o autocratici tentano ingannevolmente di apparire, a
occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni,
basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, più
solide ed efficaci.
La sfida –
che si presenta a livello mondiale – per la salvaguardia della democrazia
riguarda tutti e anzitutto le istituzioni.
Dipenderà,
in primo luogo, dalla forza del Parlamento, dalla elevata qualità della
attività che vi si svolge, dai necessari adeguamenti procedurali.
Vanno tenute
unite due esigenze irrinunziabili: rispetto dei percorsi di garanzia
democratica e, insieme, tempestività delle decisioni.
Per questo è
cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione. Il luogo
dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo
dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di
vivo emerge dalla società civile.
Così come è
decisivo il ruolo e lo spazio delle autonomie. Il pluralismo delle istituzioni,
vissuto con spirito di collaborazione – come abbiamo visto nel corso
dell’emergenza pandemica – rafforza la democrazia e la società.
Non compete
a me indicare percorsi riformatori da seguire. Ma dobbiamo sapere che dalle
risposte che saranno date a questi temi dipenderà la qualità della nostra
democrazia.
Quel che
appare comunque necessario – nell’indispensabile dialogo collaborativo tra
Governo e Parlamento è che - particolarmente sugli atti fondamentali di governo
del Paese – il Parlamento sia posto in condizione sempre di poterli esaminare e
valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari
rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni
dei tempi.
Appare anche
necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative, rispettoso dei
limiti posti dalla Costituzione.
La qualità
stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale,
dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della
vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al
confronto.
I partiti
sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai
cittadini e dalle forze sociali.
Senza
partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si
scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come
modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria
appartenenza alla Repubblica.
Il
Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso
nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione.
Anche sul
piano etico e culturale è necessario – proprio nel momento della difficoltà –
sollecitare questa passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità.
Tutti i giovani in primo luogo, tutti, particolarmente loro, sentono sulle
proprie spalle la responsabilità di prendere il futuro del Paese, portando
nella politica e nelle istituzioni novità ed entusiasmo.
Rivolgo un
saluto rispettoso alla Corte Costituzionale, presidio di garanzia dei principi
della nostra Carta.
Nell’inviare
un saluto alle nostre Magistrature – elemento fondamentale del sistema
costituzionale e della vita della società –mi preme sottolineare che un
profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della
giustizia.
Per troppo
tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista
gli interessi della collettività.
Nella
salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della
Magistratura – uno dei cardini della nostra Costituzione - l’ordinamento
giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono
corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come
richiesto a buon titolo dai cittadini.
È
indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento
affinché il Consiglio Superiore della Magistratura possa svolgere appieno la
funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su
cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per
dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario.
Occorre per
questo che venga recuperato un profondo rigore.
In sede di
Consiglio Superiore ho da tempo sottolineato che indipendenza e autonomia sono
principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede
nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va
ritrovato con urgenza.
I cittadini
devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia
e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di
decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del
diritto, incidono sulla vita delle persone.
Va sempre
avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la
Repubblica affida ai magistrati.
La
Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo
riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità
alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei.
Alle Forze
Armate, sempre più strumento di pace, elemento significativo nella politica
internazionale della Repubblica, alle Forze dell’ordine, garanzia di
libertà nella sicurezza, esprimo il mio apprezzamento, unitamente al rinnovo
del cordoglio per quanti hanno perduto la vita nell’ assolvimento del loro
dovere.
Nel salutare
il Corpo Diplomatico accreditato, ringrazio per l’amicizia e la
collaborazione espressa nei confronti del nostro Paese.
Ai numerosi
nostri connazionali presenti nelle più diverse parti del globo va il mio saluto
affettuoso, insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla
comprensione dell’identità italiana nel mondo.
A Papa
Francesco, al cui magistero l’Italia guarda con grande rispetto, esprimo i
sentimenti di riconoscenza del popolo italiano.
Un messaggio
di amicizia invio alle numerose comunità straniere presenti in Italia: la loro
affezione nei confronti del nostro Paese in cui hanno scelto di vivere e il
loro apporto alla vita della nostra società sono preziosi.
L’Italia è,
per antonomasia, il Paese della bellezza, delle arti, della cultura. Così nel
resto del mondo guardano, fondatamente, verso di noi.
La cultura
non è il superfluo: è un elemento costitutivo dell’identità italiana.
Facciamo in
modo che questo patrimonio di ingegno e di realizzazioni – da preservare e
sostenere – divenga ancor più una risorsa capace di generare conoscenza,
accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico. Risorsa importante
particolarmente per quei giovani che vedono nelle università, nell’editoria,
nelle arti, nel teatro, nella musica, nel cinema un approdo professionale in
linea con le proprie aspirazioni.
Consentitemi
di ricordare, per renderle omaggio, una grande protagonista del nostro cinema e
del nostro Paese: Monica Vitti.
Sosteniamo
una scuola che sappia accogliere e trasmettere preparazione e cultura, come
complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare
insieme; scuola volta ad assicurare parità di condizioni e di opportunità.
Costruire
un’Italia più moderna è il nostro compito.
Ma affinché
la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto,
animato da libertà, diritti e solidarietà, è necessario assumere la lotta alle
diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche.
Nell’ultimo
periodo gli indici di occupazione sono saliti - ed è un dato importante - ma
ancora tante donne sono escluse dal lavoro, e la marginalità femminile
costituisce uno dei fattori di rallentamento del nostro sviluppo, oltre che un
segno di ritardo civile, culturale, umano.
Tanti,
troppi giovani sono sovente costretti in lavori precari e malpagati, quando non
confinati in periferie esistenziali.
È doveroso
ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutte le difficoltà del loro
domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e
contraddizioni.
La pari
dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo.
Le
diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il
freno per ogni prospettiva reale di crescita.
Nostro
compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli.
Accanto alla
dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che
riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera
società.
La dignità.
Dignità è
azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno
di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore
che attribuiamo alla vita.
Mai più
tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un
progetto scuola-lavoro.
Quasi ogni
giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere del nostro
Paese.
Dignità è
opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non
soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla
coscienza di ognuno di noi.
Dignità è
impedire la violenza sulle donne, piaga profonda e inaccettabile che deve
essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura,
dell’educazione, dell’esempio.
La nostra
dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di
difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli
altri.
È anzitutto
la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la
schiavitù degli esseri umani.
Dignità è
diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario
tecnologico e digitale.
Dignità è
rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, e
neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga.
Dignità è
contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo
mortifica le speranze di tante persone.
Dignità è
non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità.
Dignità è un
Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento
sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.
Dignità è un
Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con
disabilità devono affrontare. Confidiamo in un Paese capace di rimuovere
gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita.
Dignità è un
Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, libero anche dalla
complicità di chi fa finta di non vedere.
Dignità
è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’informazione libera
e indipendente.
La dignità,
dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile.
A questo
riguardo – concludendo - desidero ricordare in quest’aula il Presidente di
un’altra Assemblea parlamentare, quella europea, David Sassoli.
La sua
testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di
rappresentare le democratiche istituzioni ai livelli più alti, è entrata
nell’animo dei nostri concittadini.
“Auguri alla
nostra speranza” sono state le sue ultime parole in pubblico.
Dopo avere
appena detto: “La speranza siamo noi”.
Ecco, noi,
insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica.
Viva la
Repubblica, viva l’Italia!
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