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sabato 16 ottobre 2021

AFRICA A RISCHIO


SULL’AFRICA 

UNA TEMPESTA PERFETTA

 

-          di PAOLO M. ALFIERI

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C’è una tempesta perfetta all’orizzonte di un’Africa che si interroga sul suo futuro. Tramontata, o almeno momentaneamente accantonata, la narrativa dell’«Africa rising» di qualche anno fa – quell’ottimismo diffuso di inizio millennio che poggiava su tassi di crescita del Pil a doppia cifra per molti Paesi africani e sull’emergere, finalmente, anche di una nuova classe media – il continente nero frena ora più del previsto. E non solo a causa di sue debolezze. Ogni volta che un nuovo rapporto esce, ogni volta che si snocciolano numeri, tabelle, grafici su una fame che è già lì solo a volerla osservare con sguardo attento e lucido, ci si chiede quale sia la novità rispetto al passato, cosa va meglio, cosa peggio, su quale aspetto si possa concretamente intervenire. Le Ong lanciano appelli, le agenzie Onu raccolgono fondi, le fondazioni benefiche, anche quelle nate in ambito religioso, provano a far sentire le voci «dal basso». Eppure, tutto questo sembra non bastare mai, la malnutrizione sempre dieci passi più avanti. Fame zero, è l’obiettivo che si è data l’Onu, un obiettivo che oggi scopriamo ancora più lontano, e non solo per l’Africa, con 20 milioni di persone in più rispetto al 2019 in stato di «insicurezza alimentare acuta» stando al rapporto Cesvi presentato ieri. A luglio, già lo studio annuale Sofi della Fao non aveva lasciato spazio a interpretazioni: la fame, sottolineava il documento, continua a crescere per il quinto anno consecutivo: nel mondo ne soffrono 811 milioni di persone.

L’incidenza della pandemia di Covid-19, il riscaldamento climatico di cui l’Africa soffre le maggiori conseguenze pur inquinando molto meno degli altri continenti, i conflitti che nel continente continuano a imperversare, senza contare la crescente penetrazione del terrorismo islamico, formano nubi micidiali sul futuro di intere regioni africane che già hanno a che fare con corruzione e cattivi modelli di governance. Il triangolo Mali-Niger-Burkina Faso, da questo punto di vista, è il perfetto emblema di una situazione allo sbando. La debolezza delle istituzioni, unita agli appetiti delle formazioni armate locali, ha favorito i crescenti conflitti per un bene sempre più prezioso e sempre meno coltivato, la terra.

L’insicurezza ha portato 1,5 milioni di persone a scappare dai propri villaggi, la crisi ambientale si è fatta alimentare,

poi sociale ed economica, etnico-religiosa, e infine umanitaria, compiendosi così in una grave forma di degrado umano. Un territorio in cui non vince il dialogo, ma vede regnare i potentati e i giochi di parte, è destinato a veder fallita in partenza la sfida contro la fame, pure complicata dalla volatilità dei prezzi delle materie prime, dall’energia ai beni agricoli. Il Sud Sudan, ultimo nato tra gli Stati africani, non ha fatto in tempo a esultare nel 2011 per la sua indipendenza che già all’orizzonte risuonavano tamburi di guerra.

Risultato: 7 milioni di persone, il 60% della popolazione, lottano ancora ogni giorno per riuscire a mangiare. È giusto, è necessario affrontare il nodo della mancanza di vaccini anti-Covid in Africa. Ma di pari passo va vinta la sfida della fame, quella del clima, quella dei conflitti, restituendo dignità umana a chi oggi fatica anche a reclamare i suoi più elementari diritti.

 

www.avvenire.it

 

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