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sabato 3 ottobre 2020

EROTIZZAZIONE DEI BAMBINI: UNA GENERAZIONE VIOLATA?

 Gli effetti sempre più preoccupanti 

del consumo di pornografia 

da parte dei minori

Tra gli 8 e i 13 anni sono in aumento gli episodi di esibizione frutto di uno stato di ipereccitazione incontrollato. 

Il ruolo degli adulti per una corretta educazione.

La psicologia parla di un’età speciale e preziosa che oggi sembra scomparsa: l’età della latenza. Il bambino ha bisogno che il mondo adulto lo accompagni a sospendere le sue ricerche sul sesso per concentrare la mente su altre curiosità.  Lasciamo troppo spesso i piccoli soli e privi di strumenti davanti a realtà che non sono in grado di gestire

 

MARIOLINA CERIOTTI MIGLIARESE


Si stanno moltiplicando in modo allarmante episodi difficili da definire, che segnalano una situazione di crescente e diffusa erotizzazione dei nostri bambini. Masturbazione davanti ai/alle compagne, richiesta di sesso orale, esibizione dei genitali: episodi che spesso vengono raccontati dalle “vittime” anche dopo molto tempo, e che quasi sempre si sarebbero svolti nella scuola. Episodi che riguardano fasce di età insospettabili, tra gli 8 e i 12/13 anni, e che spesso non riguardano bambini disadattati o provenienti da famiglie difficili, ma bambini del tutto normali, inseriti in famiglie normali, con genitori che li amano e che sono ben lontani dall’immaginare che il proprio figlio possa essere coinvolto in situazioni del genere.

Quando qualcuno di questi episodi viene alla luce, immediata è la ricerca del colpevole: la famiglia, che non ha educato; la scuola, che non ha vigilato; il minore, che ha probabilmente dei problemi. Ma cercare il colpevole del singolo episodio è in fondo solo una modalità difensiva, certamente comprensibile, ma poco utile a leggere ciò che sta davvero accadendo. Gli episodi di cui parlo infatti non sono il frutto della premeditazione di piccole menti perverse, ma sono invece quasi sempre la risposta impulsiva e fuori controllo ad uno stato di ipereccitazione provocato da stimoli inappropriati. Quasi sempre, se si ottiene la loro confidenza, si scopre che questi bambini hanno visto immagini pornografiche in rete; qualche volta è successo per caso, e sono stati cercati e raggiunti da qualcosa che non hanno cercato; altre volte hanno cercato spontaneamente qualcosa sulla rete, spinti da una curiosità sul sesso che è tipica dell’età; altre volte ancora sono stati coinvolti nella visione da compagni già “edotti”. In tutti i casi, lo stimolo è stato per loro intenso, eccitante, carico di un’emozione profonda mista di attrazione e repulsione, paura e fascinazione. Qualcosa che, in assenza della confidenza con un adulto e del suo aiuto, li ha spinti a cercare di nuovo quelle immagini, questa volta in modo più attivo, innescando un circuito potente di eccitazione che chiede sollievo.

La pornografia funziona proprio così: è pensata per provocare eccitazione, e dunque per indurre alla masturbazione o ad atti sessuali che diano sollievo alla tensione provocata. Per questo motivo, il fatto che questi episodi avvengano quasi sempre a scuola non è principalmente segno di una mancata vigilanza da parte degli insegnanti, ma piuttosto del fatto che non c’è premeditazione: basta un piccolo spazio propizio, al di fuori dello sguardo dell’insegnante più attento; se lo stato di eccitazione è troppo alto, il bambino cercherà di agire impulsivamente per alleviarlo: magari facendo qualcosa che ha visto fare in rete, senza nemmeno comprenderne la gravità. Questi bambini di età prepubere, protagonisti attivi di episodi che turbano la serenità degli altri bambini, sono dunque a loro volta delle piccole vittime, punta dell’iceberg di una situazione preoccupante, che dovrebbe interrogare seriamente tutti noi; rischiamo infatti di crescere una generazione di bambini

violati, privati di ciò che l’infanzia dovrebbe garantire loro: lo spazio per crescere in modo sereno e protetto. Lo spazio per essere bambini, dedicandosi a sviluppare la capacità di giocare: modalità pienamente umana di accesso al reale, che è anche il modo migliore per apprendere e per sviluppare intelligenza e creatività.

Oggi invece è comune osservare che la maggior parte dei bambini non è più capace di giocare: messi davanti alla possibilità di un uso creativo del tempo o del materiale di gioco, preferiscono quasi tutti ripiegare su youtube e videogiochi. Allo stesso modo, la tensione creativa appare smorzata anche nelle nuove generazioni di adolescenti, che sembrano poco capaci e poco interessati alla bellissima sfida di “giocare con le idee”. Può essere interessante ricordare qui cosa diceva già molti anni fa a proposito del gioco un esperto come Donald Winnicott: «L’elemento piacevole nel gioco porta con sé l’implicazione che l’eccitamento istintuale non sia eccessivo; l’eccitamento istintuale al di là di un certo punto deve portare all’orgasmo». Winnicott sottolineava in questo modo qualcosa che è anche frutto di esperienza comune: l’eccesso di eccitazione impedisce il gioco, perché innesca una tensione troppo alta che chiede solo di essere “sfogata”. Per questo motivo l’eccesso di eccitazione si trasforma facilmente anche in aggressività, irrequietezza, difficoltà di attenzione che sono oggi in grande aumento nell’età scolare; se poi lo stato di eccitazione è provocato dalla visione di video porno, e lì si trovano anche i modelli di comportamento utili allo sfogo della tensione. Oggi i bambini, i ragazzi ma anche gli adulti sono soggetti loro malgrado ad un massiccio furto dello spazio immaginativo personale, sempre più riempito da immagini invadenti e precostituite; immagini troppo spesso cariche di contenuti iper–eccitatori e in quanto tali poco adatte ad essere maneggiate creativamente. Ma c’è un’altra, urgente domanda: come incide l’eccesso di stimoli erotizzati nelle diverse età del bambino? Nell’età infantile il pensiero è concreto ed egocentrico, e proprio per questo l’esperienza sessuale dell’adulto è priva per il bambino di un significato pienamente comprensibile. Il bambino conosce le cose associandole alla sua esperienza e cerca di assimilare il nuovo e lo sconosciuto confrontandolo con quello che già conosce; il sesso (di cui non ha esperienza) si associa perciò per lui con quello che riguarda i bisogni corporei che sperimenta e conosce: la sessualità si confonde allora con l’esperienza dell’escrezione e della defecazione, in un contesto emotivo di profonda ambiguità; per questo l’esposizione ad immagini pornografiche è fonte di un’eccitazione insieme molto intensa e molto confusa, impossibile da maneggiare con gli strumenti alla portata della sua mente. D alla pubertà in poi, improvvisamente il ragazzo fa l’esperienza che “il sesso mi riguarda”. Da questo momento le informazioni anche disordinate e confuse raccolte nell’età precedente prendono un posto specifico nella sua mente e assumono un’importanza del tutto personale. Questo comporta una forte attrazione e una grande permeabilità per ogni stimolo erotico e per ogni argomento a sfondo sessuale, proprio perché la curiosità sul sesso diventa una “curiosità su di me” ed è accompagnata dalla ricerca di modelli di comportamento che facciano sentire all’altezza delle proprie e altrui aspettative. In questa fase della vita il ragazzo avrebbe bisogno dello spazio mentale per immaginare l’altro diverso da sé, per sognarlo, per desiderarlo, per prepararsi ad incontrarlo nella concretezza di un corpo differente. La prima adolescenza potrebbe e dovrebbe esprimere la nascita del desiderio; l’incontro con la pornografia sposta invece bruscamente il sesso sul circuito bisogno– soddisfazione, uccidendo sul nascere la possibilità di coniugare attraverso sogni ad occhi aperti e fantasie personali l’impulso e il sentimento, la tenerezza e la passione. Al loro posto entrano nella mente così permeabile dei ragazzi immagini e situazioni artificiose e iper–eccitanti, che spingono al consumo, e che rendono impossibile investire l’attesa e sviluppare uno spazio immaginativo arricchente e personale.

Forse non è inutile a questo punto ricordare quello che gli studi psicologici di tanti anni ci hanno insegnato riguardo allo sviluppo sano dei nostri bambini. La psicologia parla di un’età speciale e preziosa che oggi sembra scomparsa: l’età della latenza. E’ l’età che coincide con la scuola primaria: dopo l’intensa e fisiologica curiosità sessuale del periodo fra i tre e i cinque anni, con l’ingresso a scuola il bambino ha bisogno che il mondo adulto lo accompagni a sospendere le sue ricerche sul sesso per concentrare la mente su altre curiosità; la questione del sesso può venire lasciata in sospeso e rinviata, e il bambino va incoraggiato ad investire le sue energie su un piacere nuovo: quello di entrare in un mondo interessante, fatto di codici prima riservati solo agli adulti. La lettura, la scrittura, il calcolo, sono codici capaci di dare una soddisfazione profonda a chi impara a padroneggiarli: permettono infatti di accedere al vasto mondo della conoscenza, attraverso un’esperienza che non è solo di fatica, ma anche e soprattutto una possibile esperienza di piacere, che si lega alla capacità di usare la propria mente per pensare. Ma per poter fare questo il bambino ha bisogno di un mondo adulto capace da un lato di tutelarlo e dall’altro di trasmettergli passione e interesse per il pensiero e la conoscenza. Purtroppo, oggi il mondo adulto sembra aver smarrito entrambe le competenze: abbiamo noi per primi poca passione per il pensiero, ed è venuto a mancare quell’istinto sano che guida a fissare, anche attraverso salutari divieti, le barriere di protezione necessarie al benessere dei nostri figli. Ignari del pericolo, li lasciamo troppo spesso soli e privi di strumenti davanti a realtà complesse che non sono in grado di gestire e che rischiano di travolgerli.

 

www.avvenire.it

 

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