Non solo banchi,
mascherine
e distanziamento
A pochi giorni dalla ripresa, resta irrisolta la grande questione
dell’innovazione della didattica e di una nuova alleanza con le famiglie
A cura di AGeSC
Da sempre esiste un periodo preciso che segue i momenti più gravi di
una crisi. È il momento in cui non tutti i problemi sono risolti, ma essendo il
peggio alle spalle sono in atto quelle iniziative che sono il germe della
ripresa. Questo è il momento di attuare le decisioni prese quando le attività
erano concentrate al superamento della crisi. Quel momento per la crisi da
Covid-19 in Italia è adesso. Quello per la scuola italiana è oggi. In alcuni
casi si tratta di rimettere le cose a posto come erano prima della crisi. In
altri casi invece non solo non sarebbe giusto rimettere al loro posto le cose
prima, ma sarebbe anzi un grave errore le cui conseguenze sarebbero pagate
dalle generazioni future. Il mondo della scuola appartiene a questo secondo
caso e ne è forse l’espressione più evidente. Come Agesc affermiamo che non è
più tempo di riportare la scuola al ruolo della “Cenerentola” della politica
italiana soffocata in uno statalismo di stampo ideologico tipico delle
contrapposizioni del secolo scorso. Ma nemmeno tornare ad essere il luogo dove
privilegiare le questioni occupazionali come merce di scambio elettorale,
quantunque in regime post-ideologico.
Correva l’anno scolastico 2017/2018 quando l’allora ministro della
Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, lanciava la sperimentazione del percorso
di scuola secondaria di secondo grado su 4 anni anziché di 5. L’obiettivo era
quello di equiparare il percorso formativo dei nostri studenti su 12 anni di
scuola anziché 13, così da renderlo uniforme a quanto avviene in molti Paesi
europei e anche negli Stati Uniti. Cosa ne è stato di questo importante
progetto di sperimentazione di cui non si sente più parlare? Stiamo parlando
dell’anno scolastico 2017/18 quindi di un periodo ancora molto vicino a noi. Ma
anche molto lontano purtroppo visto che nel breve periodo di 3 anni scolastici
si sono avvicendati ben 4 ministri della Pubblica Istruzione ( Valeria Fedeli,
Marco Bussetti, Lorenzo Fioramonti ed ora Lucia Azzolina).
È più che evidente che con un turnover di questo tipo, per cui ogni
ministro resta in carica una media di 10 mesi, è impossibile ipotizzare o
programmare qualunque progetto innovativo. Anzi crediamo che sia fin troppo
difficile fare fronte anche agli impegni correnti della ordinaria
amministrazione.
Oggi si sente solo parlare di banchi nuovi sempre più piccoli con o
senza rotelle. Piccoli banchi dove uno studente ha spazio solo per mettere un
foglio di carta e una matita. Nessuno parla per esempio di flipped classroom
(insegnamento capovolto) solo per fare un esempio di carattere innovativo di
cui crediamo ci sia urgente bisogno.
Tutto è stato relegato ad una questione di distanza tra una bocca e
l’altra. Il sistema scuola in Italia fatto di scuola statale e di scuola
paritaria è quindi carente nella sua componente fondamentale quella di gran
lunga maggioritaria, di un respiro adeguato ai bisogni che un paese come il
nostro sarà chiamato ad affrontare da qui al 2050. Globalizzazione dei mercati,
digitalizzazione, economia circolare e cambiamenti climatici, solo per citare
quelli più urgenti.
Come Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche ) crediamo che
assolutizzare la vita della scuola ad una questione di arredi e di norme
sanitarie, quantunque importanti, sia un approccio non propriamente adeguato. Si
possono pensare e attuare molteplici scelte in contemporanea. Soprattutto non
deve essere mortificata la relazione scuola-famiglia che in questi mesi di
pandemia ha sofferto di una subalternità rispetto ad altre pur importanti
questioni.
Occorre davvero intraprendere una strada che tutti vorrebbero meno
ripida e meno rischiosa.
Su quale rischio siamo disposti a puntare? Aspettare
che la pandemia si sia completamente risolta prima di ripartire con la scuola
del futuro è fin troppo rischioso, per le più che evidenti conseguenze.
Questo
è un rischio che non ci possiamo permettere né oggi né mai in futuro al di la
di un’altra eventuale crisi che ci potrebbe colpire, sia essa sanitaria sia
essa di altro tipo.
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