Peréz Esquivel: facciamo
emergere i fiumi sotterranei della solidarietà
In una intervista de
L'Osservatore Romano, il Nobel della pace argentino, da sempre difensore delle
minoranze latinoamericane, parla del suo continente nei confronti della crisi
scatenata dal Covid-19: "Siamo alla fine di
un’epoca dell’umanità. Bisogna perciò riconsiderare le strade da percorrere
tenendo conto di quello che la pandemia si lascerà dietro"
di Piero Di Domenicantonio
Anche dalla sua casa a
Buenos Aires, dove la pandemia l'ha costretto a restare confinato, Adolfo Peréz
Esquivel – ottantotto anni, premio Nobel per la pace nel 1980 – non si è
fermato un momento, continuando a spendersi per quella che è la causa della sua
vita: stare dalla parte di chi non ha voce per reclamare pane, pace e
giustizia. «Anche in questi giorni stiamo lavorando molto – racconta –.
Cerchiamo di dare aiuto a quelle persone che Papa Francesco chiama gli
“scartati”. A Tartagal, nella provincia di Salta, a più di 200 chilometri da
Buenos Aires, stiamo sostenendo le comunità indigene dei Wichís. Hanno bisogno
di acqua potabile e pensavamo di aiutarli a costruire un pozzo, ma non sapevamo
da che parte cominciare. Poi, proprio quando non sapevamo più che fare, è
arrivata la telefonata di Alfredo, un mio ex studente che non sentivo da anni.
“Io so come si fanno pozzi per l'acqua”, mi ha detto, “se vuoi glielo insegno
io”».
Un bel colpo di fortuna?
No, non credo nella
casualità.
Di crisi Adolfo Peréz
Esquivel ne ha conosciute molte durante la sua vita. E le ha sempre affrontate
“sporcandosi le mani” e pagando di persona quando in gioco sono la vita e la
dignità dei più deboli. Anche per lui, però, la pandemia da Covid-19
rappresenta un evento inedito che cerca di leggere alla luce del suo
appassionato impegno civile e della sua fede “francescana”. Come si sta affrontando
la pandemia in America Latina?
Il Covid-19 si è diffuso in
tutti i Paesi dell'America Latina con gravi conseguenze. Gli ambienti sociali
più colpiti sono quelli più poveri dove manca l'acqua, c'è carenza d’igiene e
di cibo. Penso alle villas miserias, alle favelas, alle callampas,
ai tugurios: la povertà cambia nome in ogni Paese, ma ovunque ha lo
stesso volto. Il governo argentino cerca di portare aiuti e ha adottato
particolari misure sanitarie nei quartieri più poveri. Ma, nonostante la grande
solidarietà sociale, gli sforzi non bastano mai. Il presidente ha detto:
“un’economia si può recuperare, una vita no. La vita del popolo ha la
priorità”. Si è così riusciti a contenere e a rallentare la diffusione del
virus con le misure igieniche, il controllo sanitario e l'isolamento. Ma questi
stessi provvedimenti hanno avuto gravi ripercussioni sulle attività
commerciali, culturali, educative e religiose, dove l'alta concentrazione di
persone genera la paura del contagio.
La “Comisión Provincial por
la Memoria”, che presiedo, tiene sotto osservazione la situazione nelle carceri
e nei commissariati attraverso il “Comité contra la tortura”. Le carceri
sovraffollate sono come dei depositi umani e in simili condizioni nessuno ne
può uscire bene. Il fatto che stiano scontando una pena e siano privati della
libertà non deve comportare per i detenuti la perdita dei loro diritti come
cittadini. In diversi istituti di pena ci sono state delle rivolte proprio per
mancanza di assistenza sanitaria e per la repressione attuata dalle guardie
carcerarie di fronte a queste richieste.
Ma oltre all'emergenza
sanitaria c'è anche quella sociale...
In tutto il continente
latinoamericano, come nel resto del mondo, le conseguenze sul piano sanitario
della pandemia rappresentano un forte condizionamento per lo sviluppo economico
e sociale: milioni di morti e un alto indice di disoccupazione e di povertà. La
situazione è aggravata dalla forte pressione esercitata sui popoli dal capitale
finanziario attraverso lo strumento del “debito estero”. È una situazione che
può portare il mondo verso una “pandemia della fame”. Occorre affrontare questo
pericolo e prepararsi per tempo. Siamo alla fine di un’epoca dell’umanità.
Bisogna perciò riconsiderare le strade da percorrere tenendo conto di quello
che la pandemia si lascerà dietro. Bisogna sapere cosa fare il “giorno dopo”
e iniziare a costruire nuovi paradigmi di sviluppo umano. Cosa sta accadendo ai
popoli indigeni dell'Amazzonia?
Le comunità indigene
dell’Amazzonia hanno lanciato un urgente appello di fronte alle violenze che
subiscono e alla distruzione dell'ambiente che viene attuata incendiando la
foresta e devastando la fauna e la biodiversità. Hanno denunciato la persecuzione
che subiscono da parte dei proprietari terrieri, molti dei quali assoldano
bande armate per impossessarsi del territorio e cacciare i popoli indigeni,
condannandoli alla fame e all’estinzione.
Papa Francesco ha detto più
volte che nessuno si salva da solo...
Papa Francesco fa appello
alla coscienza e al cuore dei potenti e dice che “nessuno si salva da solo”.
Per costruire una società dove il diritto e l’uguaglianza siano validi per
tutti è necessario diffondere la cultura della solidarietà.
“Dinanzi a megalopoli con
altissima densità di popolazione e problemi strutturali tra le fasce dei ricchi
e quelle degli esclusi, i poveri, è necessario promuovere la cultura della
solidarietà e della ripartizione dei beni con i più bisognosi. Non bisogna
dimenticare che il problema del prossimo è un problema di tutti.”
Solidarietà tra gli uomini ma anche con la natura. E'
questo il senso dell'iniziativa della Costituente per la Terra di cui si è
fatto promotore?
La Costituente per la Terra,
nata per iniziativa di Raniero La Valle, risponde al bisogno dell’umanità di
generare nuovi cammini attraverso i quali rifondare il “contratto sociale”
basandolo su un nuovo costituzionalismo mondiale che garantisca a tutti il rispetto
dei diritti fondamentali, come ad esempio quello alla salute, all'istruzione,
alla pace e che salvaguardi l'ambiente. Lo spiega bene Papa Francesco
nell’Enciclica Laudato si’ quando richiama la responsabilità di ciascuno
come custode della casa comune, sottolineando l’urgenza di ristabilire
l’equilibrio tra la Madre Terra e i beni destinati allo sviluppo dell’essere
umano. Dobbiamo tener presente che l'uomo non è il padrone della natura: siamo
parte di essa e dobbiamo rispettarla, prendercene cura per il bene dell’intera
umanità.
La comunità internazionale,
al termine della seconda guerra mondiale, ha fissato attraverso l'Onu codici di
condotta, come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, patti e
protocolli al fine di fissare norme di convivenza tra le persone e i popoli.
Purtroppo ci sono Paesi che non li rispettano. Basti pensare alla grave
situazione che vivono i popoli sottoposti alla violenza, i rifugiati che
fuggono dal proprio Paese, vittime di conflitti armati, della fame e del cambiamento
climatico. Molti uomini, donne e bambini perdono la vita in mare, che è
diventato la fossa comune di migliaia di rifugiati che lasciano la propria
terra alla ricerca di nuovi orizzonti di vita e di speranza. Con lo
Statuto di Roma, nel 1998, è stato istituita la Corte penale internazionale
alla quale è affidata la competenza di giudicare chi si macchia di crimini
contro l’umanità. È il tempo di riformare questa istituzione affinché possa
perseguire anche i crimini compiuti contro la natura, visto che al momento non
c’è un quadro giuridico che regoli i delitti ambientali. È urgente proteggere
beni come l’acqua, i fiumi e i mari, le foreste, la fauna e la biodiversità che
sono la grande ricchezza che la Madre Terra ci offre e che oggi più che mai
sono in pericolo.
Per tutelare la nostra salute, tutti in questi mesi
abbiamo provato che cosa significhi essere privati di alcune libertà. Che cosa
può insegnarci questa esperienza?
La pandemia da Covid-19 ci
ha presentato situazioni inedite a livello planetario. Al momento non ci sono
vaccini o antidoti per sconfiggere il Covid-19. Anche i Paesi con grandi
risorse economiche e scientifiche sono vittime della pandemia. Le uniche
modalità individuate fino ad ora per contenere la diffusione della pandemia sono
state il distanziamento e l'adozione di misure igieniche in casa e negli altri
luoghi che frequentiamo. Tutto questo non va visto come una perdita di libertà,
ma come qualcosa di necessario per proteggere noi stessi e gli altri.
Il Covid-19 ha messo allo scoperto limiti e fragilità
dei nostri modelli di sviluppo. Come potremo evitare di fare gli stessi errori?
Di fronte a società segnate
dall’individualismo e dal consumismo, dinanzi a megalopoli con altissima
densità di popolazione e problemi strutturali tra le fasce dei ricchi e quelle
degli esclusi, i poveri, è necessario promuovere la cultura della solidarietà e
della ripartizione dei beni con i più bisognosi. Non bisogna dimenticare che il
problema del prossimo è un problema di tutti. Le misure sanitarie imposte
dai governi attraverso la quarantena hanno generato difficoltà che hanno avuto
un forte impatto sulla società, sulle attività lavorative e sullo sviluppo
economico, sulle scuole e sui centri educativi che sono stati costretti a
chiudere. Hanno inoltre provocato un aumento della disoccupazione con la
chiusura di imprese, fabbriche e negozi. Tutto questo ha suscitato grande
preoccupazione e angoscia nelle famiglie senza lavoro e ha portato a un aumento
della fame e dell’emarginazione. Per dare risposta alla situazione che
stanno vivendo migliaia di disoccupati nel mondo sono necessarie nuove
politiche sociali ed economiche.
Pensando al dopo pandemia, sappiamo che dovremo essere
più prudenti nel rapporto con gli altri. C'è il rischio di accentuare sentimenti
di diffidenza e di chiusura?
Bisogna approfittare delle
misure di confinamento per disporre meglio del tempo, per meditare, pregare,
riflettere e prendersi cura della propria salute fisica e mentale. Per
analizzare in quale direzione sta andando l’umanità di fronte alla situazione
che sta vivendo, per pensare al “giorno dopo”. Molti atteggiamenti e
comportamenti sociali, politici ed economici che finora sembravano luoghi
comuni, stanno subendo profondi cambiamenti che stanno trasformando
l’educazione, i servizi sociali, le relazioni umane tra le persone e i popoli e
con la Madre Terra. Il confinamento non voluto ha posto un freno alla voragine
dell’accelerazione del tempo e ha mostrato il bisogno di recuperare
l’equilibrio con il tempo naturale, di avviare un dialogo in famiglia; di
superare l’individualismo e riuscire a stabilire nuovi rapporti sociali,
culturali, politici e spirituali che aiutino a sviluppare la solidarietà e la
speranza.
I popoli, per poter
illuminare il presente, devono fare memoria del loro cammino e della storia
vissuta tra angosce e speranze, devono vedere i bisogni degli indigenti, come
pure la situazione dei rifugiati. È necessario che i governi e la comunità
internazionale adottino politiche per accoglierli fraternamente e non innalzino
muri che discriminano, escludono e provocano violenza per l’intolleranza e
l’odio.
Qual è la sua preghiera in questo tempo tormentato?
Abbiamo bisogno della
preghiera per camminare nella vita. Per questo invoco il "Padre
nostro" perché mi conceda la forza dello spirito. Le altre preghiere che
mi accompagnano sono quella di san Francesco, “Signore fai di me uno strumento
di pace”, e quella dei fratelli della fraternità di Charles de Foucault: “Padre
Mio, mi pongo nelle tue mani”.
C'è speranza per il futuro?
Una poesia di Antonio
Machado dice: “viandante, non c’è cammino, il cammino si fa andando”. La mia
speranza è nei giovani che devono scoprirsi e scoprire i cammini della vita, la
spiritualità, i valori. Devono sapere che tra le luci e le ombre dell’esistenza
c’è sempre la speranza di costruire un altro mondo più giusto e fraterno tra
eguali.
Occorre far emergere i fiumi
sotterranei, quelli che non scorrono in superficie ma che esistono e che in
alcuni momenti della storia dei popoli acquistano forza e affiorano,
trascinando nel loro flusso tutto ciò che incontrano. Così i giovani, gli
uomini e le donne, devono smettere di essere spettatori. Devono diventare
protagonisti della loro vita e costruttori della propria storia. Papa Francesco
li ha sfidati dicendo loro: “hagan lío”, “fatevi sentire”. I giovani devono
essere come i fiumi sotterranei che affiorano con la forza della vita e della
speranza.