L'educazione come asse attorno al quale costruire il futuro pastorale
della Chiesa.
L'invito di mons. Pennisi:
"Non sia accantonata"
di mons. Michele Pennisi *
Il primo soggetto educativo è la famiglia,
che resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori,
l’educazione è un dovere essenziale, che non può essere delegato né surrogato.
Educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Molti genitori soffrono,
infatti, un senso di solitudine, d’inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza. Si
tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché la società avvantaggia gli
individui e non considera la famiglia come sua cellula fondamentale. Padri e
madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e,
soprattutto, a dire dei “no” con l’autorevolezza necessaria. Il legame con i
figli rischia di oscillare tra la scarsa cura che delega l’educazione dei figli
alla scuola, alla parrocchia o ai nuovi educatori elettronici e atteggiamenti
possessivi che tendono a soffocarne la creatività e a perpetuarne la
dipendenza. La famiglia non può rispondere da sola al compito
dell'educazione. Ha bisogno di essere aiutata da una comunità più grande.
C’è bisogno di una “città educativa”. I
genitori hanno bisogno di qualcuno che li confermi come educatori adeguati al
loro compito; devono poter guardare ai loro figli nella certezza che possono
essere in grado di aiutarli ad affrontare la realtà. Il documento dei vescovi
italiani afferma che: "La complessità dell’azione educativa sollecita
i cristiani ad adoperarsi in ogni modo affinché si realizzi 'un’alleanza
educativa tra tutti quelli che hanno responsabilità in questo delicato ambito
della vita sociale ed ecclesiale'". Famiglia e scuola, ormai
disorientate dalle tante sollecitazioni e pseudo forme educative di una società
sempre più complessa ed egoista, nella quale hanno sempre più peso il
divertimento, il potere, il denaro, il futile sono in crisi; l'unità
familiare, la moralità, l'impegno, lo sforzo, il sacrificio, la responsabilità
e la dedizione hanno un ruolo marginale. Più volte, in tempi diversi e con
modi differenti, sono stati osservati ed analizzati gli aspetti più
significativi e problematici di bambini, fanciulli e adolescenti. Il
progressivo aumento di situazioni di disagio profondo, di solitudine, di
mancanza di ascolto, di aggressività verso cose e persone, di una sempre più
crescente volontà a non rispettare le regole, fa emergere la necessità di una
rinnovata attenzione per l’educazione in genere e per l'educazione morale in
particolare.
V'è, in pratica, un diffuso
analfabetismo etico, sia nel senso di assenza di precipui valori di
riferimento, sia per distorte forme di percezione delle argomentazioni di
carattere etico. Ogni processo educativo, oltre a svolgere una
fondamentale funzione di servizio a riscoprire il senso della vita, deve favorire
le relazioni sane, il libero scambio delle opinioni, l'assunzione di
atteggiamenti e comportamenti prudenti, giusti e amorevoli. La prudenza aiuta
ad affrontare serenamente i problemi connessi alla responsabilità educativa. La
giustizia favorisce il pieno esercizio delle libertà, rende più disponibili
alla relazione costruttiva in ambito relazionale. L'amorevolezza, raccomandata
da san Giovanni Bosco, rende più buoni, più aperti al dialogo e alimenta lo
sforzo quotidiano di progredire insieme con l'altro verso la realizzazione
piena della propria umanità.
La Chiesa deve riscoprire la sua
missione di “madre e maestra” non solo attraverso la pubblicazione di
documenti, che spesso sono ignorati, ma attraverso un impegno costante e
quotidiano in campo educativo. La Chiesa intesa come comunità di fedeli in
tutte le sue articolazioni deve impegnarsi a sostenere i genitori nel loro
ruolo di educatori, promuovendone la competenza mediante corsi di formazione,
incontri, gruppi di confronto e di mutuo sostegno, scuole per genitori.
*Arcivescovo di Monreale
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