Se vogliamo prevenire le patologie dei figli curiamo prima i genitori
Stiamo assistendo ad un
fallimento del ruolo genitoriale di massa che indirettamente grava sulla salute
mentale dei figli. Se mancano i punti di riferimento i figli cresceranno senza
una direzione e ci sarà chi compenserà e chi devierà.
di Maura Manca, Psicoterapeuta
Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza
I disturbi psicopatologici di
bambini e adolescenti si stanno aggravando in termini di intensità e di
frequenza e non possiamo stare inermi a guardare questa lenta ed inesorabile
distruzione di massa. Se vogliamo fare prevenzione dobbiamo accettare questa condizione
e cambiare ciò che non funziona. Se prima di fare i cambiamenti non aggiustiamo
ciò che non funziona, prima o poi i cerotti si staccano.
La prima infanzia è una fase
estremamente delicata in cui si pongono le basi solide su cui si costruirà un’identità
stabile, una personalità forte, un’adattabilità del bambino, poi adolescente e
infine adulto. E’ un periodo di plasticità neuronale e muscolare in cui il
bambino è fortemente condizionabile in termini positivi e negativi, anche e
soprattutto dall’apprendimento indiretto, ossia dall’esempio delle figure che
lo accudiscono e dalle esperienze di vita che caratterizzeranno la sua vita.
I bambini hanno bisogno
del legame, del confronto con il genitore, delle relazioni sociali,
dell’attività fisica, di esprimersi da un punto di vista psicologico e fisico
sentendosi contenuti da un adulto in grado di fargli da guida, di dargli la
mano quando serve e di dirgli “vai ce la puoi fare da solo” quando necessario.
Hanno bisogno di chi non fa
da paracadute solo per un egoismo personale, perché si fa prima, perché è meno
faticoso, perché non si ha voglia di discutere con il figlio senza capire che
se lo si cresce con la consapevolezza che avrà sempre e comunque un paracadute
non spiegherà mai le sue ali. Deve crescere con la consapevolezza di un legame
stabile, di essere riconosciuto e accettato, di avere un porto sicuro che gli
permetterà di partire, di osare, di sperimentarsi perché sa che avrà dei
pilastri su cui contare.
Ciò che invece tristemente
vedo è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede
più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha
bisogno, si dà uno smartphone, un tablet, una sorta di ciuccio digitale che serve
da calmante e da ansiolitico. E’ più facile, è più rapido, i bambini vengono
anestetizzati davanti agli schermi e il genitore può fare i benemeriti affari
suoi in santa pace.
Posso comprendere i casi
straordinari di necessità, ma ciò che distrugge un figlio è la continuità, la
sistematicità, non l’occasionalità. Oggi siamo arrivati anche a non far
camminare più i figli, a non insegnargli neanche dove mettere i piedi. Sono
dotati di scarpe con le rotelle, di hoverboard (gli skate elettrici) per cui si
vedono bambini sfrecciare da soli e genitori che non si rendono conto dell’importanza
di prendere la mano di un figlio e di camminare al suo fianco.
Il problema non è solo
psichico, emotivo e di acquisizione di competenze psichiche, è anche fisico, mi
trovo sempre più bambini che non sanno correre, saltare, andare in bicicletta, fare
una capriola, che sono completamente scoordinati e non hanno il senso
dell’equilibrio. I bambini hanno bisogno di sporcarsi le mani e di sbucciarsi
le ginocchia, di confrontarsi con gli altri coetanei, non solo con la
tecnologia e con gli adulti, non devono solo competere a chi è più bravo, più
bello, a chi fa più cose, a chi è più talentuoso, a chi si mette meglio in
posa, a chi fa i video e i selfie più belli e prende già tanti like sui social.
Hanno bisogno di litigare e di fare pace, di capire i propri limiti, il senso
dell’amicizia che non è essere amici suoi social o mandarsi i cuoricini su
WhatsApp, le distanze, l’empatia e il rispetto.
Devono crescere
sviluppando le capacità di problem solving e le capacità intellettive
attraverso la sperimentazione e le prove ed errori. Se si vuole insegnare ad un
figlio ad essere responsabile bisogna prima essere responsabili e comportarsi
da genitore responsabile.
Inoltre ci si deve ricordare
che “in motu vita est”, la vita è movimento. La staticità spegne,
blocca e porta ad una morte psichica. Affrontare la vita di petto e in maniera
dinamica è il segreto per non ammalarsi e per non farsi schiacciare dagli
eventi, anche se troppo spesso questi bambini non sanno neanche cosa sia la
motivazione, la grinta, il credere in se stessi ed in qualcosa o qualcuno e il
senso della fatica.
Rischiano di aver perso una partita in partenza
perché nessuno ha “perso tempo” ad insegnargli a giocare la loro partita.
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