UN 'CONFLITTO' FECONDO
di Giuseppe Savagnone *
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La Chiesa in prima pagina
Chi lo dice che la Chiesa ormai non interessa più a
nessuno? Proprio in questi giorni, le prime pagine dei quotidiani sono state
dominate da titoli che proprio di essa parlavano. Naturalmente con stili
diversi, che riflettono la diversa serietà delle rispettive testate. Si va,
così dallo scandalismo di giornali come «Il Tempo», (13 gennaio), che parla di
due papi che “se le danno” o come «La Verità» (15 gennaio), che grida al
tentativo di “imbavagliare” il papa emerito, alla più sobria enunciazione del
problema offerta da «La Stampa» (14 gennaio), per arrivare, infine, a quello
che campeggia su «La Repubblica» (16 gennaio), in cui addirittura si dà la
parola al papa, intervistato da Eugenio Scalfari, dove il sommario rende l’idea
di un problema ormai risolto.
“Destra” e “sinistra” in campo
Al di là della questione del buon gusto e della
correttezza nel dare un’informazione, è evidente che l’intento dei quotidiani che
vengono solitamente definiti “di destra” è stato di enfatizzare il conflitto
tra il papa in carica e quello emerito, con una forte tendenza a presentare il
secondo nei panni di una vittima del primo, mentre, all’estremo opposto, un
giornale solitamente considerato “di sinistra”, come «Repubblica», lo ha
ridimensionato.
È il paradosso che sta caratterizzando questo
pontificato. Il mondo cattolico vede una sua importante componente, legata alla
destra politica, in aperta rottura con papa Francesco, mentre fuori di esso,
tra quanti non si riconoscono nella Chiesa istituzionale, e che sono spesso
legati alla sinistra, egli suscita simpatia e solidarietà.
Il piano religioso e quello politico si trovano, su
entrambi i fronti, intimamente legati e a volte addirittura confusi. Anche per
la chiara difesa, da parte di Bergoglio, dei diritti dei migranti in quanto
esseri umani, bisognosi di aiuto e di accoglienza. Una difesa fatta in nome dei
princìpi evangelici, ma considerata da molti suoi critici una indebita intromissione
nella sfera politica.
A questo ha corrisposto la forte accentuazione religiosa
data al suo impegno politico dalla Lega, fin dal suo nascere, accentuazione
oggi ribadita e rafforzata dal suo attuale leader, che non ha nascosto
l’intenzione di interpretare i sentimenti dei credenti meglio della gerarchia
ecclesiastica (i “vescovoni”) e soprattutto di papa Francesco, il cui nome è
stato apertamente fischiato (come mai era avvenuto nei confronti di un
pontefice), in piazza del Duomo, a Milano, dalle folle leghiste.
Il papa
emerito e il suo ruolo
In questo quadro, il ruolo del papa emerito è apparso fin
dall’inizio delicatissimo. A lui si sono rivolti con grande insistenza gli
oppositori – religiosi e politici – di Bergoglio, negando il valore
giuridico delle sue dimissioni e conseguentemente della elezione di papa Francesco.
In realtà Ratzinger ha mantenuto in questi anni una costante distanza da questi
inviti a “prendere posizione”. L’unico caso in cui ha parlato è stato
nell’aprile scorso, pubblicando un articolo in cui esponeva la sua spiegazione
del fenomeno degli abusi sessuali dentro la Chiesa. La diversità del suo punto
di vista da quello del successore, in materia di teologia morale, era
abbastanza evidente, tra le righe, ma non prendeva mai la forma di una critica.
I fatti
È in questo quadro che si situa la vicenda di questi
giorni. Può essere utile ricordare lo svolgimento dei fatti. Il 13 gennaio
scorso si diffonde la notizia che sta pere uscire in Francia un libro del card.
Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto, noto per le sue posizioni
“conservatrici” (il termine è inadeguato, quando si parla di problemi
teologici, ma non ne trovo altri), scritto insieme al papa emerito Benedetto
XVI e firmato da entrambi. Nel libro Benedetto avrebbe espresso la sua netta
opposizione ad ogni riforma che metta in dubbio il celibato dei preti,
anticipando così – e ovviamente condizionando – la pronunzia che su questo tema
dovrebbe venire a breve da papa Francesco in risposta alle esplicite richieste
fatte nel Sinodo per l’Amazzonia.
In serata si diffondono voci, filtrate dalla residenza di
Benedetto, che escludono che questi abbia mai scritto un libro a quattro mani
col card. Sarah, il quale però, a sua volta, rende note delle lettere in cui
Ratzinger dava il proprio benestare alla pubblicazione di alcune sue pagine nel
libro.
Arriva poi la dichiarazione ufficiale di monsignor Georg
Gänswein, prefetto della
Casa Pontificia e segretario particolare del papa emerito, che definisce la
vicenda frutto di «un malinteso» e chiede, a nome di Benedetto, il ritiro della
firma dalla copertina del libro e dalle sue conclusioni: «Posso confermare che
questa mattina su indicazione del Papa emerito
ho chiesto al cardinale Robert Sarah di contattare gli editori del libro
pregandoli di togliere il nome di Benedetto XVI come coautore del libro stesso
e di togliere anche la sua firma dall’introduzione e dalle conclusioni».
Una spiegazione plausibile del “pasticcio”
La spiegazione più plausibile di questo “pasticcio” è che
Ratzinger abbia veramente dato un suo testo al card. Sarah perché lo
pubblicasse sul suo libro, ma non pensasse che questo contributo di poche
pagine potesse dar luogo a una co-intestazione dell’opera, conferendogli il
rilievo di una presa di posizione pubblica. Quando, dalle reazioni che stava
suscitando la pubblicazione del libro, se ne è reso conto, ha capito che si
stava configurando un contrasto con il papa in carica, a cui Benedetto ha
sempre manifestato la propria assoluta fedeltà, e che una sua iniziativa,
sicuramente incauta ma priva di secondi fini, rischiava di essere
strumentalizzata da coloro che ormai da molto tempo cercano di cucirgli addosso
l’abito del “vero papa” contro quello “falso”, che sarebbe Bergoglio. Da qui la
precipitosa “marcia indietro” o, nel migliore delle ipotesi, la “precisazione”
da parte di Ratzinger.
Una giravolta certamente discutibile, dal punto di vista
dell’eleganza, e che lascia diversi punti interrogativi in sospeso su aspetti
particolari, ma che ha sicuramente il valore di una netta smentita nei
confronti di tutti i tentativi di arruolare il papa emerito nel ruolo di
anti-Francesco.
Un film che può servire a capire
Nessun “bavaglio”, dunque, ma una scelta responsabile del
papa emerito. Una interpretazione corretta di essa potrebbe venire, a mio
avviso, utilizzando come chiave di lettura un bel film del regista brasiliano
Fernando Meirelles, «I due papi» (2019), dove due grandi attori come Antony
Hopkins e Jonathan Price (rispettivamente papa Ratzinger e il cardinale
Bergoglio) vengono messi a confronto, in un incontro nella realtà mai avvenuto,
ma del tutto plausibile spiritualmente e artisticamente, nell’ultima fase del
pontificato di Benedetto XVI.
Il film non minimizza il profondo conflitto tra i
caratteri, e soprattutto tra i punti di vista di queste due personalità. Ma
fornisce un magnifico esempio di come il conflitto non implichi una guerra
senza quartiere, volta a distruggere l’altro, bensì possa costituire
un’occasione preziosa per conoscersi meglio e capirsi, pur nelle diversità.
Nessuno va demonizzato
Così, contrariamente a quello che oggi molti sostenitori
dell’uno o dell’altro papa pensano e dicono, emerge da questo difficile
tentativo di scambio di venute un quadro senza “cattivi” e senza “buoni”, in
cui le ragioni dell’uno e quelle dell’altro appaiono tutt’altro che cecità (in
Benedetto) o avventurismo (in Bergoglio) e mostrano i loro aspetti di validità.
Il che non significa che non si debbano fare delle
scelte, come, nel film, fa Benedetto XVI affidando moralmente la guida della
Chiesa, dopo di lui, a un uomo come Bergoglio, del tutto diverso da lui. Ma non
è una resa. È un atto di fiducia nello Spirito, che chiede di leggere
senza chiusure i segni dei empi e di sperare nel futuro, invece di arroccarsi
nel passato. Perciò i due personaggi, nel film possono rispettarsi a vicenda,
anzi perfino guardarsi con simpatia. Come è avvenuto nella realtà in questi
anni, in cui i “due papi”, sicuramente in conflitto, hanno sempre manifestato
cordialmente la loro profonda stima reciproca.
Se proviamo ad applicare a ciò che è accaduto questa
lezione – il film di Meirelles ha una saggezza che trascende i confini
dell’invenzione artistica –comprendiamo che non ha senso né misconoscere il
disaccordo del papa emerito rispetto alla linea del suo successore, né farne
l’oppositore pronto a guidare la rivolta contro di lui. La Chiesa ha bisogno di
entrambi, ma ognuno nel suo ruolo. In un frammento dell’antico filosofo Eraclito
si legge che «l’armonia nascosta è migliore di quella che appare». La diversità
non va demonizzata nemmeno dentro la Chiesa. Se viene vissuta con rispetto
reciproco e umiltà, essa è la forza che le permette di crescere nel tempo.
Direttore
Ufficio Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo.
Scrittore ed
Editorialista
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